mercoledì 29 aprile 2015

TITA 2009 - Nebbiolo d'Alba D.O.C. - Cascina Carrà

Il Tita va raccontato sottovoce, perché ci sentiamo un po’ gelosi di questo piccolo gioiello, da custodire gelosamente nell’angolo più buio della cantina. Il mondo del vino ha bisogno di realtà come Cascina Carrà.


Stappo, verso, annuso e butto giù... “sui giovani d’oggi ci scatarro su…”. Il primo pensiero (soprattutto quando si è al ristorante e il sommelier attende impaziente il responso...) dovrebbe essere legato direttamente al vino... esclamare "è buono!" per autoconvincersi e autoconvincere gli amici della tavolata, di aver fatto la scelta giusta... In verità quando sei tranquillo a casa e non devi pescare da una carta dei vini ma dalla tua cantina, al primo sorso, ma forse anche prima, quando stai scegliendo la bottiglia che andrai a stappare, nel cervello scatta un’ associazione di idee, legata spesso al ricordo che ho di quel vino, del momento in cui l'ho acquistato e assaggiato, alle facce e alle parole dei vignaioli che me lo hanno raccontato e venduto. E così per questo nebbiolo, la prima cosa che mi è venuta in mente è la canzone Sui giovani d'oggi ci scatarro su degli Afterhours. 
 
Accostamento istintivo e un po’ malsano volendo, che si rifà al momento in cui ho acquistato il Tita 2009, ovvero all’edizione 2103 de “LaTerra Trema”. Sarà il riferimento leoncavallino di Manuel Agnelli, o più probabilmente l’incontro al banco assaggi con Italo Anselma e la moglie Marisa, che come l’altra “mitica” coppia di vignerons , ovvero gli Aldrighetti from Valpolicella, si distinguono quali autentici “signori” del vino, produttori eccelsi e tradizionali, fieri portavoce di un territorio a prezzi sorgente più che democratici… Tutto questo inserito nel contesto milanese composto da molti vignaioli giovani e freakettoni (potrebbero essere i loro figli…) che affollano i critical wine con vini alternativi, a volte eccelsi e originali, altre approssimativi per non dire imbevibili, venduti a prezzi sorgente difficilmente giustificabili. Ecco, vorrei dirvi “l’alternativo è tuo papà” come gridano dagli Afterhours… l'alternativo è Italo Anselma.. Chi conosce il pezzo sa cosa voglio dire.

Quando mi avvicino al banco assaggi di Cascina Carrà non c’è nessuno, zero coda, quindi io ci vadi diretto... Assaggio i vini della linea “argento”, tutti eccelsi, e quando la signora Marisa mi dice i prezzi, penso che sia una lezione di grande onestà nei confronti di chi beve i loro vini. Impossibile non volergli un po’ bene.

Cascina Carrà si trova a Monforte d'Alba, Loc. San Sebastiano, in quella parte del comune dove il nebbiolo non può fregiarsi del blasone del Barolo, proprietà di famiglia di 6 ettari che con l'arrivo di Italo e Marisa, si è ampliata grazie  all'impianto di altri 7 ettari di vigneti suddivisi in vari appezzamenti. Una viticoltura attenta e rispettosa, anche attraverso l’utilizzo di alcune pratiche vicine all’agricoltura biodinamica. Produzione vinicola suddivisa in due linee, la “classica” e la “argento”, composte dai tipici vini di langa come il nebbiolo, la barbera, il dolcetto, più chardonnay per l’unico bianco.

Il Tita, che rappresenta il “cru” aziendale,  mi viene illustrato come un Barolo mancato per una questione di mappature, che impedisce di esibire in etichetta tale titolo, declinando nel più semplice Nebbiolo d’Alba  e conseguentemente venduto ad un prezzo sorgente di soli 15 euro. Quindi nebbiolo in purezza proveniente dal vigneto Tita, esposto a sud e situato tra i 350-400 metri, un vigneto in “sofferenza”, su un terreno ricco di calcaree, con meno assorbimento di acqua, meno grappoli per pianta, ma qualità più alta. Sostanzialmente si segue la disciplinare del Barolo, con vinificazione in vasche di acciaio, col sistema a cappello emerso e macerazione delle vinacce per circa 20 giorni. Controllo della temperatura e malolattica che avviene durante l’affinamento in legno. L’invecchiamento dura 36 mesi dei quali 30 in piccole botti da 10 hl di  rovere di Slavonia, 1 mese in vasca di acciaio e 5 mesi in bottiglia. Annata 2009 e gradazione alcolica importante (14.5%vol.)

Rosso rubino con spennellate granata, veste elegante, movimento agile, magro, ma con la luminosità e le trasparenze brillanti di chi, in un perfetto stato di forma, dimostra di avere forza e vigoria, attraverso un naso caldo, coinvolgente per intensità e profumi. Vinoso e pungente inizialmente, vira sulle più dolci nuance fruttate, che ci rimandano ad un frutto rosso appena colto maturo e succoso, passando per le spezie dolci e piccanti, le note di liquirizia e cacao, l’immancabile sfumatura “viola” floreale, le sensazioni balsamiche ed eteree. Beva importante e a tratti assassina per bontà… a gusto personale con qualche eccesso di “dolcezza” al retrogusto, (quando si parla di Nebbiolo ti aspetteresti sempre un finale un po’ amarognolo), che lo rendono un po’ ruffiano in virtù anche di una considerevole concentrazione. Gusti personali a parte che mi fanno prediligere i nebbioli da botte grande e i vini più scarichi e meno concentrati, il Tita dimostra una personalità marcata, una struttura e una trama tannica importante, che risulta già ben levigata, abbinata ad una freschezza che lo rendono piacevole anche in gioventù, per un vino a cui non manca persistenza e allungo, eleganza e pulizia. Vino di grande longevità e capacità evolutiva. Con il senno di poi avrei dovuto saperlo aspettare ulteriormente.

Decisamente un vino interessante dal rapporto qualità prezzo che invita all’acquisto. Il Tita va raccontato sottovoce, perché ci sentiamo un po’ gelosi di questo piccolo gioiello, da custodire gelosamente nell’angolo più buio della cantina. Il mondo del vino ha bisogno di realtà come Cascina Carrà.

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