mercoledì 29 aprile 2015

TITA 2009 - Nebbiolo d'Alba D.O.C. - Cascina Carrà

Il Tita va raccontato sottovoce, perché ci sentiamo un po’ gelosi di questo piccolo gioiello, da custodire gelosamente nell’angolo più buio della cantina. Il mondo del vino ha bisogno di realtà come Cascina Carrà.


Stappo, verso, annuso e butto giù... “sui giovani d’oggi ci scatarro su…”. Il primo pensiero (soprattutto quando si è al ristorante e il sommelier attende impaziente il responso...) dovrebbe essere legato direttamente al vino... esclamare "è buono!" per autoconvincersi e autoconvincere gli amici della tavolata, di aver fatto la scelta giusta... In verità quando sei tranquillo a casa e non devi pescare da una carta dei vini ma dalla tua cantina, al primo sorso, ma forse anche prima, quando stai scegliendo la bottiglia che andrai a stappare, nel cervello scatta un’ associazione di idee, legata spesso al ricordo che ho di quel vino, del momento in cui l'ho acquistato e assaggiato, alle facce e alle parole dei vignaioli che me lo hanno raccontato e venduto. E così per questo nebbiolo, la prima cosa che mi è venuta in mente è la canzone Sui giovani d'oggi ci scatarro su degli Afterhours. 
 
Accostamento istintivo e un po’ malsano volendo, che si rifà al momento in cui ho acquistato il Tita 2009, ovvero all’edizione 2103 de “LaTerra Trema”. Sarà il riferimento leoncavallino di Manuel Agnelli, o più probabilmente l’incontro al banco assaggi con Italo Anselma e la moglie Marisa, che come l’altra “mitica” coppia di vignerons , ovvero gli Aldrighetti from Valpolicella, si distinguono quali autentici “signori” del vino, produttori eccelsi e tradizionali, fieri portavoce di un territorio a prezzi sorgente più che democratici… Tutto questo inserito nel contesto milanese composto da molti vignaioli giovani e freakettoni (potrebbero essere i loro figli…) che affollano i critical wine con vini alternativi, a volte eccelsi e originali, altre approssimativi per non dire imbevibili, venduti a prezzi sorgente difficilmente giustificabili. Ecco, vorrei dirvi “l’alternativo è tuo papà” come gridano dagli Afterhours… l'alternativo è Italo Anselma.. Chi conosce il pezzo sa cosa voglio dire.

Quando mi avvicino al banco assaggi di Cascina Carrà non c’è nessuno, zero coda, quindi io ci vadi diretto... Assaggio i vini della linea “argento”, tutti eccelsi, e quando la signora Marisa mi dice i prezzi, penso che sia una lezione di grande onestà nei confronti di chi beve i loro vini. Impossibile non volergli un po’ bene.

Cascina Carrà si trova a Monforte d'Alba, Loc. San Sebastiano, in quella parte del comune dove il nebbiolo non può fregiarsi del blasone del Barolo, proprietà di famiglia di 6 ettari che con l'arrivo di Italo e Marisa, si è ampliata grazie  all'impianto di altri 7 ettari di vigneti suddivisi in vari appezzamenti. Una viticoltura attenta e rispettosa, anche attraverso l’utilizzo di alcune pratiche vicine all’agricoltura biodinamica. Produzione vinicola suddivisa in due linee, la “classica” e la “argento”, composte dai tipici vini di langa come il nebbiolo, la barbera, il dolcetto, più chardonnay per l’unico bianco.

Il Tita, che rappresenta il “cru” aziendale,  mi viene illustrato come un Barolo mancato per una questione di mappature, che impedisce di esibire in etichetta tale titolo, declinando nel più semplice Nebbiolo d’Alba  e conseguentemente venduto ad un prezzo sorgente di soli 15 euro. Quindi nebbiolo in purezza proveniente dal vigneto Tita, esposto a sud e situato tra i 350-400 metri, un vigneto in “sofferenza”, su un terreno ricco di calcaree, con meno assorbimento di acqua, meno grappoli per pianta, ma qualità più alta. Sostanzialmente si segue la disciplinare del Barolo, con vinificazione in vasche di acciaio, col sistema a cappello emerso e macerazione delle vinacce per circa 20 giorni. Controllo della temperatura e malolattica che avviene durante l’affinamento in legno. L’invecchiamento dura 36 mesi dei quali 30 in piccole botti da 10 hl di  rovere di Slavonia, 1 mese in vasca di acciaio e 5 mesi in bottiglia. Annata 2009 e gradazione alcolica importante (14.5%vol.)

Rosso rubino con spennellate granata, veste elegante, movimento agile, magro, ma con la luminosità e le trasparenze brillanti di chi, in un perfetto stato di forma, dimostra di avere forza e vigoria, attraverso un naso caldo, coinvolgente per intensità e profumi. Vinoso e pungente inizialmente, vira sulle più dolci nuance fruttate, che ci rimandano ad un frutto rosso appena colto maturo e succoso, passando per le spezie dolci e piccanti, le note di liquirizia e cacao, l’immancabile sfumatura “viola” floreale, le sensazioni balsamiche ed eteree. Beva importante e a tratti assassina per bontà… a gusto personale con qualche eccesso di “dolcezza” al retrogusto, (quando si parla di Nebbiolo ti aspetteresti sempre un finale un po’ amarognolo), che lo rendono un po’ ruffiano in virtù anche di una considerevole concentrazione. Gusti personali a parte che mi fanno prediligere i nebbioli da botte grande e i vini più scarichi e meno concentrati, il Tita dimostra una personalità marcata, una struttura e una trama tannica importante, che risulta già ben levigata, abbinata ad una freschezza che lo rendono piacevole anche in gioventù, per un vino a cui non manca persistenza e allungo, eleganza e pulizia. Vino di grande longevità e capacità evolutiva. Con il senno di poi avrei dovuto saperlo aspettare ulteriormente.

Decisamente un vino interessante dal rapporto qualità prezzo che invita all’acquisto. Il Tita va raccontato sottovoce, perché ci sentiamo un po’ gelosi di questo piccolo gioiello, da custodire gelosamente nell’angolo più buio della cantina. Il mondo del vino ha bisogno di realtà come Cascina Carrà.

martedì 21 aprile 2015

MONTEVERTINE 2008 - Toscana I.G.T. - Montevertine



I grandi dischi li metti su e ti emozioni dal primo all’ultimo pezzo…  Il Montevertine è perfetto così, dal primo all’ultimo sorso, inconfondibile nello stile che punta l’ago della bussola dritto su Radda. 


Mi sono preso una piccola pausa di inizio primavera, avevo bisogno di staccare dal grigiore invernale per lasciarmi accecare dal blu del cielo e del mare, annegando nei sorsi minerali di Forlini Capellini, perché non si può godere fino in fondo dell’incanto “ligure” di Manarola senza il suo bianco delle Cinque Terre… Riparto con qualche tacca in più nell’indicatore della batteria, dopo le energie consumate nel mega-post dedicato ai cinque rossi del Castello Conti, e lo faccio alla grande, ripartendo dal cuore del Chianti Classico, comune di Radda in Chianti, per raccontarvi l’ennesima eno-esperienza, questa volta al cospetto di uno dei migliori Chianti Classico “fuori categoria” in circolazione. Post assai inutile per i molti appassionati devoti ai vini della famiglia Manetti e di quel “Le Pergole Torte”, vino simbolo della produzione vitivinicola di Montevertine. Per tutti i neofiti, prego segnarsi in agenda questo nome, nella lista dei produttori imperdibili, quelli per cui almeno una volta nella vita val la pena fare un sacrificio...


Altro spunto di interesse del post odierno, è che non sono qui a decantare il vino “simbolo” dall’etichetta artistica a firma Alberto Manfredi, ma del suo “fratello minore” vino che porta il nome della cantina e che a mio modesto parere, più di ogni altro si eleva a simbolo di questo territorio, anche se non ne porta il nome e il Gallo Nero, preferendo andare per la sua strada e uscire come semplice I.G.T. 

Tralasciando qualsiasi riferimento polemico e polemizzante sulle infelici uscite di Martino Manetti, di cui molto si è scritto un anno fa e che sicuramente non gli valgono punti simpatia qui a Simo diVino, anzi, ti passa anche un po’ la voglia di stappare… scuoto il capo e mi concentro su questioni “squisitamente” enoiche, perché non si discute l’importanza e il ruolo che Montevertine ha nel panorama vitivinicolo toscano e nazionale, una cantina simbolo, che ha indubbiamente scritto alcune delle pagine più belle del territorio chiantigiano. Una cantina oggi definibile con l’abusato termine di “tradizionalista”, ma sicuramente “futurista” e “innovativo” quando un visionario Sergio Manetti, in tempi non sospetti, capì di avere tra le mani un vino a suo modo unico, un cavallo di razza superiore che meritava di essere valorizzato e distinto dalle innumerevoli fiaschette di Chianti che si servivano nelle osterie. 


E’ stampata nella storia la data del 1967, quando l’imprenditore siderurgico Sergio Manetti, acquista Montevertine come residenza estiva, e da appassionato iniziare la sua avventura nel mondo del vino impiantando due ettari di vigneto. Il 1971 è l’anno dell’esordio e le prime bottiglie riscuotono subito un grandissimo successo. Il resto è storia, con la costruzione della cantina, il restauro della casa, l’impianto dei nuovi vigneti, i successi e i riconoscimenti… Oggi a guidare la cantina è Martino Manetti, a lui il non facile compito di tenere viva la leggenda di Montevertine. 


Oggi sono 18 gli ettari vitati e circa 80/90.000  bottiglie prodotte, con il sangiovese costituisce circa il 90% del totale delle viti piantate, mentre il restante 10% è costituito da Colorino e Canaiolo. I vigneti sono costituiti da viti più vecchie allevate a Guyot e da quelle reimpiantate recentemente a cordone speronato e con densità di impianto più elevate. Dall’annata 2009 si è intrapresa una conduzione totalmente biologica dei vigneti, con inerbimento spontaneo, utilizzo di compost e unicamente rame/zolfo come forma di difesa della vite .


Il Montevertine è costituito dal più classico assemblaggio chiantigiano, con il sangiovese (90%) che domina su piccole quantità di canaiolo e colorino, le altre due tipiche varietà autoctone di queste zone. Ovviamente la qualità parte dalla selezione in vigna, con conseguenti basse rese (45hl/ha). Particolarità l’utilizzo di vasche in cemento per la fermentazione, mediante l'uso di lieviti indigeni mentre l’affinamento si svolge in botti di Slavonia per 24 mesi. Gradazione del 12.5%vol. e prezzo di acquisto pari a 28euro (ad oggi dovete aggiungerci almeno un 5euro…). 


Da più parti gli “esperti” hanno indicato nel 2008 come un Montevertine di grande prospettiva, il classico vino che bisogna saper attendere. Alla fine non sono riuscito a tenere la bottiglia in cantina più di due anni, avrebbe tranquillamente soggiornato più a lungo, ma sono io il “debole” che ha ceduto alla tentazione e tutto sommato non mi è andata male, visto che la beva si è rilevata ottimale. 


Ritrovo nel bicchiere un elegante rosso dal color rubino opaco, pulito, fine e trasparente. Glu glu… ed ecco rilevarsi il Sangiovese nella sua forma più nobile. Un sorso impeccabile per fluidità, pulizia, equilibrio, finezza, senza esagerare in scarnificazione e sottrazione, mantenendo quei profumi e quel carattere verticale che punta l’ago della bussola dritto su Radda.  

Semplicemente un grande vino, senza bisogno di esplicitarne il motivo, è tutto un insieme di sfumature e sensazioni che quadrano a meraviglia nella maniera più naturale possibile, una bellezza che genera un sorso semplicemente entusiasmante. I grandi dischi li metti su e ti emozioni dal primo all’ultimo pezzo… il disco suona così, perfetto e quando la puntina “gracchia” non è un problema, anzi rende ancora più emozionale e vivo il momento. Il Montevertine è perfetto così, dal primo all’ultimo sorso, inconfondibile nello stile, con guizzi squisitamente dolci di sottobosco, dai sentori di erba fresca e viole, sussurrata mineralità, dalla tridimensionalità del sorso che cresce in persistenza con il passare dei minuti, mai stancante e sempre vivo, appagante, convincente, a tratti succoso, con un fondo sapido e leggermente terroso che lo fanno “gracchiare” come la puntina sul vinile. Un vino che solo gli amanti dei muscoli potranno etichettare come esile e sfuggente, per tutti gli altri è l’emblema della sensualità, un vino che ha stoffa e personalità, che sa brillare di luce propria, il tutto in un’annata come la 2008, che ha dato vita a vini meno pronti e più maschi. 


Una collina baciata dagli dei, quasi un luogo sacro per il Sangiovese e giustamente meta di pellegrinaggio per tutti noi devoti ai vini di territorio. 


Non resta che augurare lunga vita alla leggenda di Montevertine, oggi che alcuni dei fondamenti sono venuti a mancare, non solo il genio di Sergio Manetti che manca oramai dal 2000, ma anche la competenza tecnica di un degustatore di eccezione e maestro del sangiovese come Giulio “bicchierino” Gambelli e Bruno Bini, cantiniere storico della famiglia Manetti. 

Tra gli appassionati più “facinorosi” c’è chi rimpiange il fondatore Sergio, chi sostiene che il figlio Martino non sia all’altezza del suo predecessore, che abbia poco del vignaiolo e più dell’imprenditore, che non abbia lo “stile” del padre, e questo si fa sentire anche nei vini.


Non posso essere io a dirvelo, non ho avuto la fortuna di assaggiare le vecchie annate prodotte da Sergio Manetti, di sicuro ancora oggi Montevertine rimane una cantina che non si discute, per cui si nutre una forma di amore-rispetto-soggezione che si prova solo al cospetto dei grandi, di coloro che in qualche modo hanno scritto un piccolo pezzo di storia. Quando infili il cavatappi nel sughero avverti quella piccola scossa che ti scuote ogni qual volta vai a stappare un Biondi Santi, un Bartolo Mascarello o un Quintarelli, ogni qual volta appoggi la puntina su un vecchio capolavoro di Dylan, degli Stones o dei Velvet Underground. 


Montevertine è un vino irrinunciabile, ma consiglio vivamente di “declinare” anche sul Pian del Ciampolo che rappresenta il vino “base” della cantina… costa la metà… e saprà “dissetarvi” con tanta gioia…

lunedì 13 aprile 2015

CAREMA RISERVA 2009 - D.O.C. - Cantina Produttori Nebbiolo di Carema

"il vino di Carema, col suo gusto inimitabile di sole e di pietra, che si infila nella dolcezza amarognola del Nebbiolo"... da Vino al Vino (Mario Soldati)


"Dove andiamo male è nella distruzione del paesaggio vegetale e architettonico. Perché, i caremesi, sembra che non abbiano capito il segreto del loro vino". Così scriveva Soldati nel '68, durante il suo primo viaggio alla ricerca dei vini genuini. Vero, ma fortunatamente c'è chi si è preso cura dei pochi ettari rimasti, ha evitato la scomparsa di questa D.O.C. storica e ha preservato un paesaggio unico accudito con tanta fatica, caratterizzato da terrazzamento a secco con le vigne "arrampicate" su pergolati sostenuti da pilastri in pietra.

Questo il lavoro di una delle più belle cantine sociali, ovvero la Cantina Produttori Nebbiolo di Carema, fondata nel 1960 da un gruppo di dieci agricoltori di Carema, e che oggi conta un'ottantina di soci, coltivatori part-time di piccoli appezzamenti, molti dei quali con un'età vicina ai sessant'anni, più che mai in questo caso, possiamo parlare di "viticoltura eroica". Questo rende ancora più affascinante il vino di Carema e la sua piccola D.O.C., ne innalza ulteriormente il suo valore storico, ne valorizza un patrimonio unico, anche se inevitabilmente, la mancanza di un ricambio generazionale può rilevarsi un serio problema in futuro. Servono sicuramente nuove forze e forse qualche viticoltore che abbia a cuore il nebbiolo di Carema e decida di investire in questo territorio, senza ovviamente stravolgerlo, permettendo a noi appassionati di continuare ad apprezzare questo "piccolo" grande vino.

Al momento godiamoci, questa sottovalutata eccellenza dell'alto Piemonte, al confine con la Valle d'Aosta, figlia di una storia millenaria contraddistinta dall'autenticità del luogo, del nebbiolo e dei suoi coltivatori. E tornando al Soldati, di Vino al Vino e alle sue giustificate critiche mosse alle cooperative e cantine sociale visitate, autentiche industrie del vino, solo alla Sociale di Carema riserva parole di elogio..." La Sociale è stata fatta; ma con tanta serietà, con tanta cura e scienza, che il vino di Carema, oggi supera quello di una volta: caso più unico che raro.".

Il vino che vado letteralmente a scolarmi, é la riserva etichetta bianca del 2009, a cui assegno il premio, per la più bella etichetta mai vista su una bottiglia prodotta da una cantina sociale. Il Carema Riserva, come riportato nella retro-etichetta, necessita di almeno tre anni di affinamento in botte grande e un anno in bottiglia. Quindi un caratteristico nebbiolo di montagna nel segno della tradizione, tanta fatica, tanto lavoro manuale, un lungo invecchiamento per un vino che mi é costato l'incredibile cifra di 13euro.... forse anziché Cantina Produttori, dovrebbero farsi chiamare Cantina Volontari del Nebbiolo di Carema... Indubbiamente il miglior vino in rapporto qualità/prezzo entrato nella ma cantina...

Permettetemi di scomodare (ultima volta per oggi, lo giuro), Mario Soldati... "il vino di Carema, col suo gusto inimitabile di sole e di pietra, che si infila nella dolcezza amarognola del Nebbiolo". Semplicità poetica che racchiude l'essenza di questo vino. Rubino brillante che sfuma nel granato, meno scarico di quanto mi aspettassi, ma snello, leggero e trasparente come mi aspettavo. Naso tenue, per nulla invasivo e privo di sovrastrutture, il carattere "scarnificato" del nebbiolo di montagna, la tensione minerale della roccia e della pietra, i richiami floreali, le spezie pungenti, gli accenni balsamici, il frutto appena accennato, vivo e croccante, che non muore mai nell'appiccicosa sensazione della maturazione spinta. Beva struggente e nostalgica, mai piegata alle mode nella sua dinamica spigolosità, nel nerbo acido, nella trama tannica adolescenziale, nella freschezza del sorso. Rigoroso ma equilibrato, quasi saggio, a ricordare i gentiluomini piemontesi di una volta. Semplicemente una bontà.


Un vino che non riuscirei mai a bere in qualche wine-bar milanese, ma che vorrei sempre sorseggiare mentre ascolto Johnny Cash  che coverizza chitarra e voce Hurt dei Nine Inch Nails.

Merita acquisti scellerati per conservarne quante più bottiglie possibili in cantina, e coglierle nel corso degli anni. Con il senno di poi ho stappato un po' prematuramente, ma é un vino di alta godibilità, bevuto anche giovane e fresco. Vero, sinceo e territoriale... un augurio di lunga vita al nebbiolo di Carema, purchè riesca a mantenere quel suo "gusto inimitabile di sole e di pietra".

PIACIUTO L'ULTIMO POST?? ALLORA LEGGITI ANCHE QUESTI >>

Clicca sulla foto per accedere al post....

3 PACCHE SULLA SPALLA!! STAPPATI 2015.... ECCO LA PLAYLIST!!

3 PACCHE SULLA SPALLA!! STAPPATI 2015.... ECCO LA PLAYLIST!!
Il solito grande classico di fine anno... puntuale come il mercante in fiera, eccovi la playlist di questo 2015...

GATTINARA RISERVA 2006 - D.O.C.G. - Paride Iaretti

GATTINARA RISERVA 2006 - D.O.C.G. - Paride Iaretti
...ritroverete in questo sorso di Gattinara un vino autentico… Il collegamento imprescindibile di vigna, uomo e terra.

VIS 2011 - Barbera d'Asti Superiore D.O.C.G. - Crealto

VIS 2011 - Barbera d'Asti Superiore D.O.C.G. - Crealto
Ancora Crealto, ancora un grande vino... prendetemi alla lettera, la loro Barbera affinata in terracotta è una chicca che sorprende e affascina...

LA TERRA TREMA 2015 - 9°edizione

LA TERRA TREMA 2015 - 9°edizione
"Per noi acquistare una bottiglia di vino, significa acquistare consapevolezza e sapere, oltre che la gioia di godere di un vino come poesia"

PINOT NERO 2010 - Toscana I.G.T. - Voltumna

PINOT NERO 2010 - Toscana I.G.T. - Voltumna
Se avete passato uggiosi pomeriggi a consumare i vinili di Joy division, The Cure, Siouxsie and the Banshees, Bauhaus... non potete rimanere indifferenti al pinot nero di Voltumna.

VB1 VERMENTINO 2010 - Riviera Ligure di Ponente D.O.C. - Tenuta Selvadolce

VB1 VERMENTINO 2010 - Riviera Ligure di Ponente D.O.C. - Tenuta Selvadolce
Uno dei migliori assaggi della Riviera Ligure di Ponente... uno di quei casi in cui è il vino nel bicchiere che parla (...anche al posto del vignaiolo...)

ALTEA ROSSO 2012 - Sibiola I.G.T. - Altea Illotto

ALTEA ROSSO 2012 - Sibiola I.G.T. - Altea Illotto
Serdiana prov. di Cagliari, a pochi metri da dove nasce il vino status symbol dell'enologia sarda, troviamo una bella realtà di bio-resistenza contadina...

RIBOLLA GIALLA 2013 - I.G.P. delle Venezie - I Clivi

RIBOLLA GIALLA 2013 - I.G.P. delle Venezie - I Clivi
Una ribolla che è un soffio di vento... lontani anni luci dai bianchi "tamarrosi" a pasta gialla, tropicalisti, dolciastri, bananosi e polposi.

BARBARESCO CURRA' 2010 - D.O.C.G. - Cantina del Glicine

BARBARESCO CURRA' 2010 - D.O.C.G. - Cantina del Glicine
...piccola, artigianale, familiare, storica… un passo indietro nel tempo... la bottiglia giusta per l'autunno che verrà...

FIANO DI AVELLINO 2012 - D.O.P. - Ciro Picariello

FIANO DI AVELLINO 2012 - D.O.P. - Ciro Picariello
Niente enologo, niente concimi, approccio artigianale e tanta semplicità affinché il vino possa esprimere al meglio il territorio. Se dici Fiano, Ciro Picariello è un punto di riferimento assoluto.

DOS TIERRAS 2011 - Sicilia I.G.T. - Badalucco de la Iglesia Garcia

DOS TIERRAS 2011 - Sicilia I.G.T. - Badalucco de la Iglesia Garcia
...una fusione eno-culturale vincente, un vino che intriga, incuriosisce e si lascia amare, un vino del sole e della gioia, della bellezza territoriale e popolare che accomuna Spagna e Sicilia.

RENOSU BIANCO - Romangia I.G.T. - Tenute Dettori

RENOSU BIANCO - Romangia I.G.T. - Tenute Dettori
...quello che entusiasma del Renosu Bianco è tutto il suo insieme, dalla sua naturalità alla sua originalità, mantenendo una piacevole semplicità nel sorso...

CINQUE VINI, TRE SORELLE, UN TERRITORIO > TUTTI I ROSSI DEL CASTELLO CONTI... IL POST DEFINITIVO

CINQUE VINI, TRE SORELLE, UN TERRITORIO > TUTTI I ROSSI DEL CASTELLO CONTI... IL POST DEFINITIVO
Conosco e bevo "Castello Conti" da alcuni anni, e provo una profonda ammirazione per i loro vini e per il lavoro "senza trucchi" di Elena e Paola. Da una recente visita con degustazione presso la loro cantina di Maggiora, é nata una sorta di collaborazione appassionata, che mi ha permesso di gustare l'intera produzione di rossi del Castello, che oggi in questo mega-post ho il piacere di raccontarvi alla mia maniera...

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!
da "Le vie del vino" di Jonathan Nossiter... < - In cantina questo Volnay, che qui é a 68 euro, ne costa più o meno 25. Quindi non sono i De Montille ad arricchirsi. Ma quando arriva a Parigi o a New York, il vino costa almeno il doppio che dal produttore. - Quindi per noi che abitiamo in Francia val la pena di andare a comprare direttamente da lui. - Si in un certo senso, il ruolo dell'enoteca in città è quello di aprirti le porte per farti scoprire il tuo gusto personale, e di esserti utile quando hai bisogno di qualcosa rapidamente. Poi spetta a te stabilire una relazione diretta con il produttore >

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!
...Anche se sono un po’ più giovane e indosso il parka con le pins non significa che entro per mettermi sotto il giubbotto le bottiglie di Petrus fiore all’occhiello della vostra enoteca, quindi evitate di allungare il collo o sguinzagliarmi alle spalle un commesso ogni volta che giro dietro allo scaffale.