mercoledì 28 maggio 2014

FALCO PEREGRINO 2012 - Terre Siciliane I.G.T. - Bosco Falconeria

...un indissolubile legame con la terra, la volontà di essere contadini senza scendere a patti con un sistema commerciale e di marketing, che anche in Sicilia vede molte aziende vitivinicole, produrre vini figli dell'omologazione e delle esigenze di mercato.


Bosco Falconeria é un'altra di quelle belle realtà contadine del sud, che noi qui al nord, abbiamo l'opportunità di conoscere ed apprezzare i loro prodotti, grazie ad iniziative come La Terra Trema, che nel corso degli anni ha portato nel cuore di Milano "la qualità" di tanti vignaioli sovversivi.

Nata negli anni 30 e situata nell'omonima contrada tra Alcamo e Partinico, sulle colline sovrastanti il Golfo di Castellammare, Bosco Falconeria é un'azienda agricola di circa 17 ettari, gestita da Antonio Simeti e la moglie Mary Taylor, oltre che dalla figlia Natalia Simeti e il marito finlandese Rami Salo. Azienda di famiglia, abbandonata per un breve periodo sul finire degli anni 60 e poi recuperata con forza di volontà e passione, diventando sul finire degli anni 80 una delle prime aziende agricole ad intraprendere la strada del biologico e successivamente della biodinamica. La coltivazione della vite ha sempre avuto un ruolo centrale, con circa 6 ettari di vigneti autoctoni siciliani, Catarratto in primis, ma anche un po' di Nero d'Avola. Il resto dei terreni sono un esempio lampante di biodiversità, oltre alle uve troviamo infatti ulivi, numerosi alberi da frutto, ortaggi e seminativi. Conduzione natur, biodiversità, sostenibilità energitica attraverso un impianto fotovoltaico, vendita diretta, co-produzioni, corsi di Tai Chi Chuan e soprattutto prodotti a marchio "Pizzo Free", essendo associati al comitato Addio Pizzo. 

E' sempre un piacere scrivere di produttori che fanno dell'etica un loro punto di forza ed invitano noi acquirenti ad un consumo critico, soprattutto in tempi in cui anche le grandi industrie del vino sventolano il marchio bio e ci bombardano con ingannevoli immagini di artigianato rurale, credo sia doveroso mettere i puntini sulle "i" e sostenere chi il "vino critico" lo produce veramente, attraverso un indissolubile legame con la terra, la volontà di essere contadini senza scendere a patti con un sistema commerciale e di marketing, che anche in Sicilia vede molte aziende vitivinicole, produrre vini figli dell'omologazione e delle esigenze di mercato.

I vitigni di Bosco Falconeria sorgono in zona collinare a circa 250 metri di altitudine, allevati a spalliera su terreni calcarei a medio impasto. Conduzione naturale dei vigneti, non vengono utilizzati prodotti di sintesi e  anche i trattamenti con rame e zolfo sono ridotti al minimo indispensabile. 3 i vini prodotti, per una produzione totale inferiore alle 10.000 unità, principalmente Catarratto, ma anche 2000 bottiglie di Nero d'Avola e un migliaio di Falco Peregrino, lo stappato di oggi.

Trattasi di vino bianco da uve Catarratto extralucido in purezza, provenienti da vigneti con quasi 15 anni di età e una resa di circa 75ql. La raccolta manuale delle uve avviene a settembre, quando si raggiunge una completa maturazione. Macerazione sulle bucce, solo acciaio e soprattutto nessuna aggiunta di solfiti, nè in fase di lavorazione, né in fase di imbottigliamento. Gradazione alcolica di 11 gradi e prezzo in enoteca sotto le 10 euro (pagato 7 direttamente dal produttore).

Appena versato nel bicchiere l’impatto visivo svela fin da subito il carattere di questo vino. Il caratteristico colore a “buccia di cipolla” inserisce di diritto il Falco Peregrino nella categoria degli “orange wine”, ma possiamo anche osservare un vino piuttosto dinamico e pulito, quasi a volerci dire “ok mi hanno macerato ma non in maniera così estrema”… qualche particella in sospensione si nota, più che altro dovuta ad un po’ di sedimento naturale, ma siamo ben lontani da alcuni macerati “estremi” affrontati in passato, densi e torbidi. Naso e palato vanno a braccetto, a conferma di quanto osservato nel bicchiere, bianco macerato ma senza eccessi. All’olfatto non è per nulla invadente, piuttosto timido ma persistente. Se ne esce con note di agrumi, mandorle amare, frutta secca, salvia, idrocarburi e lieve trama salmastra. La beva è piuttosto snella e scattante... attacca dolce e chiude amarognola, lasciando al palato una piacevole sensazione liquorosa. Meno complesso e articolato, ha il merito di mantenere una piacevole acidità e una bella mineralità, come se ci trovassimo al cospetto di un bianco giovane e beverino ma in versione macerata. Rispetto ad altri macerati estremi, tanto particolari e originali al gusto, (ma che spesso risultano impegnativi dopo due o tre bicchieri), questo Catarratto, sa essere originale, per qualcuno insolito, ma anche assai godibile e digeribile. 

Non un grande bianco nel senso più comune del termine (come ad esempio può essere definito il Trebbiano di Valentini) ma un ottimo vino di territorio dal rapporto qualità-prezzo invidiabile. Come in occasione del Grillo di Barraco, anche con il Falco Peregrino troviamo nel bicchiere un sorso di Sicilia, un sorso artigianale e contadino che esalta il carattere di una regione enologicamente ancora ricca di contraddizioni
 

martedì 20 maggio 2014

LE STINCHE VIGNA CASTELLO DI LAMOLE 2008 - Chianti Classico Riserva D.O.C.G. - Fattoria di Lamole


Sangiovese purosangue e di razza pregiata... da qualche anno si tessono le lodi del lavoro e dei vini di Paolo Socci e io non posso far altro che unirmi al coro, un vino che guarda al passato ma di cui sentiremo sempre più parlare in futuro.


Servirebbe una disamina approfondita quando si parla di Chianti, probabilmente il marchio italiano legato al vino più famoso nel mondo, ma che pochi conoscono realmente. Cose che capitano, quando un brand “funziona” e il mercato viene invaso da milioni di bottiglie, con marcate differenze, qualitative ed economiche. Di certo le eccellenze non mancano, ma bisogna saperle cercare e spesso volerci spendere qualche euro in più… L’area vitivinicola del Chianti è piuttosto vasta, con differenze territoriali importanti e anche restringendo il campo alla zona storica del Gallo Nero (Chianti Classico d.o.c.g.) si possono notare varianti stilistiche importanti. Per questo motivo, ad esempio, un Chianti Classico di Castellina ha sfumature diverse rispetto ad uno di Radda o di Greve. 

A sua volta lo stesso comune di Greve annovera diverse sottozone, tra cui spicca quella di Lamole, la più alta dal punto di vista altimetrico (si passano i 600m), caratterizzata dai terrazzamenti sulle pendici del Monte S.Michele. Qui su un terreno ricco di roccia arenaria sorgono vigneti di Sangiovese allevati ad alberello, i cui grappoli usufruiscono di un microclima unico, fatto di escursioni termiche accentuate e maturazioni tardive, favorite dal calore che le pietre accumulano durante le ore di sole e rilasciano nel corso della notte. Qui nasce un Chianti Classico balsamico e floreale, che trova nella finezza un suo tratto distintivo, tanto da indurre a definire Lamole, la Borgogna del Chianti. 

Tra le realtà più rappresentative di questo territorio, spicca indubbiamente la Fattoria di Lamole, di proprietà della famiglia Socci dal lontano 1071 e attualmente gestita con maestria da Paolo. Un legame indissolubile quindi, che affonda le radici nella storia e nel territorio di Lamole, soprattutto a partire dal 2003 con l'arrivo di Paolo Socci, un ritorno "al passato", attraverso una viticoltura rispettosa e legata alle origini, attraverso il recupero di antiche varietà di Sangioveto locale e alla ristrutturazione dei muretti a secco. Un lavoro importante, per tornare a proporre grandi vini di territorio in un luogo storicamente ad alta vocazione vinicola. Una proprietà immensa quella della fattoria di Lamole, 200 ettari di boschi, pascoli, il castello delle Stinche al suo interno e 16 ettari vitati, con molte uve conferite alla cantina sociale, mentre solo una piccola parte é destinata all'esigua produzione della fattoria, che non supera le 5000 bottiglie annue. Su tutte quella perla della Vigna Grospoli, un antico vigneto recuperato da cui si ricava una selezione che non arriva a quota 1000 bottiglie. Un'autentica chicca tra le milioni di bottiglie a marchio Chianti. 

Così come lo stappato di oggi... niente selezione per il sottoscritto, ma bensì la riserva 2008 del Chianti Classico "Le Stinche", 100% Sangioveto proveniente da La Vigna del Castello di Lamole, 1,04 ettari situati a sud, reimpiantata nel 1998 e anche in questo caso non si arriva alle 1000 bottiglie. Insomma sono micro produzioni per appassionati che difficilmente troverete nei consueti canali commerciali delle enoteche, almeno che vi rechiate da rivenditori molto appassionati e ben forniti. Nel mio caso per recuperarne un cartone da 6, mi sono rivolto direttamente alla "Vinoteca al Chianti", tra le più fornite in materia, alternativamente, come sempre, provare a contattare il produttore, cosa che anch'io ho fatto a posteriori, per chiedere delucidazioni in merito a questa riserva... ecco la risposta di Paolo.. Sangioveto 100%, fermentazione in inox a vaso aperto, 18 mesi in cemento e 12 mesi in tonneaux esausti. In bottiglia dal Maggio 2013. Il vino è un blend dei nostri vigneti migliori, assemblato dal Dott. Federico Staderini.

Scuro nel suo rubino intenso, quasi mattone all'unghia, deciso, penetrante, quasi esplosivo al naso, non lascia dubbi sull'uvaggio di partenza. E' questo il primo impatto, un acuto prima di distendersi e uscirne rilassato, avvolgente e molto piacevole, su note a tinte rosse, dal frutto di sottobosco alla trama floreale (garofani e gerani), con un tocco balsamico accompagnato da una terrosità di fondo. La beva é sanguinea e grintosa, tesa, con una trama tannica fine e fitta, sorretta da un' acidità rinfrescante e a tratti pungente, lungo e profondo con richiami balsamici e terrosi, tra suggestioni cioccolatose e spezie pungenti. Vino di grande persistenza, a tratti quasi graffiante, ma pulito e ben definito, lasciando l'impressione di un grande potenziale evolutivo. Meno elegante di quanto mi aspettassi, ma finezza, freschezza e bevibilità non tradiscono le aspettative. 

Prezzo impegnativo di questi tempi (siamo sulle 25euro), ma le vale tutte... tenete conto che parliamo di una produzione garagista... lavoro artigianale e meno di 1000 bottiglie prodotte. Per i più facoltosi (e spero in futuro di essere tra questi) consiglio di provare la selezione dell'Antico Lamole vigna Grospoli (si passano le 40 euro), per tutti gli altri cercate almeno di provare il Chianti Classico base (sulle 15 euro)... prodotto in poco più di 3000 unità é un campione di freschezza e un esempio di cosa significhi Chianti Classico di Lamole (annata 2007 menzione "grande vino" da Slow Food )

Sangiovese purosangue e di razza pregiata... da qualche anno si tessono le lodi del lavoro e dei vini di Paolo Socci e io non posso far altro che unirmi al coro, un vino che guarda al passato ma di cui sentiremo sempre più parlare in futuro.

martedì 13 maggio 2014

CAMPORENZO 2009 - Valpolicella Classico Superiore D.O.C. - Monte Dall'Ora


Quella di Monte Dall'Ora é una storia contadina e "dissidente", di quelle che fanno innamorare noi che di vino scriviamo... così come Carlo e Alessandra si sono innamorati del colle su cui ora sorge la loro splendida azienda agricola.


Non me ne vogliano i credenti, ma in occasione del venerdì santo che precede la Pasqua, mi sono ...mmm... come dire... assolutamente dimenticato del digiuno ecclessiastico e ho sfoderato un paio di bistecconi di manzo alti 4 centimetri e cucinati decisamente al sangue... sono un umile peccatore... e che Dio mi perdoni.. Una cosa però é certa... pentito non lo sono assolutamente, tanto che a bistecca ultimata mi sono ammazzato di formaggi e mi sono alzato da tavola decisamente appanzato... Il motivo di tanta ingordigia?? Semplice, mentre cucinavo i bistecconi ho stappato un Valpolicella Classico che sostava in cantina da qualche anno, un vino di quelli che ti prendono "emotivamente", costringendomi a mangiare solo per il piacere di accompagnare questo rosso buonissimo. E' come entrare in uno stato di "trance" agonistica... il piatto è vuoto, mi sono rifocillato il giusto... poi guardi la bottiglia e vedi che ne hai ancora una buona metà da bere... ma é troppo buono per tenerti un paio di bicchieri per il giorno dopo. Allora inizi a versarti un bicchiere, poi la mossa fatidica... metti sul tavolo i formaggi e in men che non si dica entri in un vortice... pane, formaggio e vino rosso... pane, formaggio e vino rosso... non ne sei mai sazio... almeno fino a quando magicamente, uno dei tre elementi si esaurisce ed interrompe l'incantesimo... per quanto mi riguarda non c'è combinazione migliore al mondo... pane, formaggio e vino rosso.

Uno di questi tre elementi (ovviamente il vino) é il Valpolicella Classico Superiore 2009 "Camporenzo" di Monte Dall'Ora, che si presenta vestito di un rosso rubino intenso che sfuma quasi nel violaceo, impenetrabile nel suo cuore scuro e concentrato. Un vino che ha il grande pregio di esprimere con grande naturalezza un intreccio gusto-olfattivo, fatto di note e sensazioni che lo rendono "passionale" e mai stancante. Qui trovate tutto quello che andate cercando in un rosso ben fatto senza mai risultare banale o scontato... il "fruttone" rosso che conferisce dolcezza al naso e al retrogusto c'è... le note speziate più pungenti che richiamano il pepe e i chiodi di garofano ci sono, il calore avvolgente dell'alcool con i suoi 13.5%vol. c'è, così come delle note di nocciole tostate e un leggero soffio animale. Ma soprattutto abbiamo a che fare con un Valpolicella vivo e vigoroso, al naso come al palato, dove si contraddistingue per un ingresso discreto, quasi fresco, prima di esplodere energico e succoso, ricco e materico, gustoso, con una trama tannica ben integrata, che scivola via grazie ad una interessante vena acido-sapida che rendono il sorso vivo e mai sulle gambe, verso un allungo finale di grande appagamento.

Insomma mi ha entusiasmato, ma il tutto acquisisce ancor più valore se consideriamo la storia e il progetto portato avanti da Carlo Venturini e sua moglie Alessandra in frazione Castelrotto, comune di San Pietro in Cariano, nel cuore della Valpolicella. Quella di Monte Dall'Ora é una di storia contadina e "dissidente", di quelle che fanno innamorare noi che di vino scriviamo.... così come Carlo e Alessandra si sono innamorati del colle su cui ora sorge la loro splendida azienda agricola. 

Oltre 15 anni fa, sono iniziati i lavori di recupero di quest'area abbandonata, con la ristrutturazione della casa, della cantina e delle "marogne", i caratteristici muretti a secco che sostengono il terreno sul quale sorgono le vigne, ricavate dai cloni di vecchie piante della zona, che circondano la casa. Un progetto coraggioso e "sovversivo", perché non dimentichiamolo, la Valpolicella é letteralmente esplosa grazie all'Amarone, vino di successo commerciale ma non di tradizione, che ha "convinto" molti produttori ha dimenticarsi della proprie radici per una rincorsa all'oro, attraverso una produzione sempre più incline al gusto dei mercati internazionali, in anni in cui era unanime l'esaltazione dei vini potenti, fruttati e iperconcentrati. In contro tendenza Monte Dall'Ora ha investito sul proprio futuro partendo dal passato e dalla valorizzazione del territorio, attraverso prodotti autentici, artigianali, sostenibili e mai figli dell'omologazione. Agricoltura biodinamica e spontaneità in cantina, il rifiuto della chimica e l'esaltazione della biodiversità, tra erbe spontanee, alberi di ciliegio, ulivi, boschi... tanto lavoro e tanta passione... queste le "armi" che in poco tempo, hanno reso Monte Dall'Ora un punto di riferimento nel panorama vitivinicolo della Valpolicella.

Su questa collina terrazzata, composta da terreno calcareo piuttosto friabile e quindi ideale per la coltivazione della vite, si trovano, con esposizione sud-est i vigneti, tutti coltivati a pergola veronese e costituiti dalle autoctone varietà veronesi, Corvina, Corvinone, Rondinella, Molinara, Dindarella, Oseleta. Da una vigna a parte denominata Camporenzo e situata sulle colline sopra San Pietro in Cairano, si ricavano le uve per la realizzazione del Valpolicella Classico Superiore, che porta il nome della vigna. In percentuale Corvina 40%, Corvinone 30%, Rondinella 20%, Oseleta e Molinara 10% per comporre il classico blend veronese, con vendemmia ad inizio ottobre e fermentazione spontanea con lieviti indigeni per 10/12 giorni in acciaio. Affinamento per 4 mesi in legno di piccola capacità di secondo/terzo passaggio.

E' un vino che da grandi soddisfazioni... non so bene come spiegare questo concetto, bisogna berlo per capirlo, ma é una cosa che mi capita solo con i vini "naturali". Pur nelle loro marcate diversità, il Camporenzo di Monte Dall'Ora mi ha coinvolto così come aveva fatto il Chianti di Pacina... pur non essendo dei "mostri" da un punto di vista organolettico, sono vini di cui ti innamori, vini di una vitalità artigianale che ti costringono a leccarti le labbra e alla fine con 15 euro, ti bevi una bottiglia che da molte più soddisfazioni di alcune blasonate etichette vendute a prezzi ben più ingombranti... vini che andranno bene per esaltare il vocabolario tecnico di un sommelier durante una degustazione, ma che non emozionano quando ti "scoli" una bottiglia intera, indiscussa protagonista sulla nostra tovaglia a quadretti bianco rossi. 

Anche per questo sono sempre più convinto che i vini "naturali" hanno letteralmente una marcia in più, per la loro indiscussa capacità di esprimere in un sorso, il territorio così come il carattere del suo vignaiolo. 

Ho assaggiato tutti i loro vini a Sorgente del Vino Live quando ancora si teneva ad Agazzano, dove tra l'altro ho acquistato questa bottiglia, vini ottimi e convincenti, sia nei tradizionali Valpolicella e Recioto, sia il Ripasso e le due versioni di Amarone, possenti, alcolici, strutturati ma estremamente eleganti e bevibili.

Come riportato sulla retro etichetta di questo Camporenzo a firma Carlo Venturini.... "Camporenzo, il rispetto per la natura, l'espresione di un territorio e la passione di un vignaiolo". In una sola frase tre punti fondamentali che riassumono l'essenza di Monte Dall'Ora.

martedì 6 maggio 2014

PETRARA 2012 - Verdicchio di Matelica D.O.C. - Borgo Paglianetto


Il lato più interessante di questo Verdicchio di Matelica è dato dalla scelta dei produttori di puntare su un bianco di territorio, leggero e verticale...


"V for Verdicchio"... rieccomi a scrivere di vino dopo la scorpacciata di assaggi a Viniveri. Fine settimana di sbattimenti "fai da te" e prime piacevoli giornate pre-estive, di quelle che ti fan venir voglia di leggerezza e spensieratezza... Niente di tutto questo per il sottoscritto... la primavera fa rima con "ristrutturazione" e almeno che qualcuno di voi voglia donarmi 3000euro per la causa, non mi resta che rimboccarmi le maniche e darci dentro. Cerco di recuperare l'allegro clima primaverile facendo una pausa con un buon bianco fresco, di quelli leggeri da godersi dopo un'assolata giornata di "fai da te"... Vado su un vino acquistato alla cieca, é la prima volta che bevo qualcosa di questa cantina, ma ho letto cose interessanti... una realtà nuova ma in crescita, che sembra voler valorizzare quelli che sono i vini del proprio territorio. 

"V for Verdicchio", ma in questo caso non si tratta del più conosciuto dei "Castelli i Jesi", ma di quello di Matelica, prodotto in zona pre appenninica tra le province di Ancona e Macerata, nell'alta Valle Esina, zona a D.O.C. dal lontano 1967, ma che annovera solo una decina di cantine. Tra queste Borgo Paglianetto, formatasi nel 2008 dall'unione di due realtà, Terra Vignata e Del Carmine, in tutto 25 ettari in conversione bio, tra Montepulciano, Verdicchio, Sangiovese, Lacrima e Merlot. E' il Verdicchio di Matelica, proposto in ben  quattro versioni (cinque considerando anche il passito) il fiore all'occhiello di questa azienda agricola, diligentemente condotta da Mario Basilissi con la consulenza di Aroldo Bellelli. Cantina giovane ma con già decenni di esperienza alle spalla nel territorio.

Lo stappato odierno si chiama Petrara, da uve Verdicchio in purezza i cui vigneti, dalla caratteristica esposizione nord-sud, sono situati in località Pagliano, e sono coltivati su terreni argillosi-calcarei tra i 350-400 metri di altezza. Circa 15 anni di età e resa che arriva a 100 ql/ha, con vendemmia a cavallo tra i mesi di settembre ed ottobre. Solo inox per il Petrara, sia durante la fermentazione a temperatura controllata, sia in affinamento per 6 mesi, a cui se ne aggiungono due post imbottigliamento. Produzione che si aggira sulle 6.000 unità, gradazione alcolica di 13° e prezzo in enoteca molto interessante... sette euro...

Nel bicchiere ritrovo un vino piuttosto snello, nel suo colore paglierino con sfumature verdognole, pulito e luminoso. Naso discreto, piuttosto tenue e timido con accenni agrumati, sentori floreali, aromi... Sicuramente più convincente alla beva, dove risulta assai piacevole e godibile, con una trama dinamica e pulita, un equilibrio quasi perfetto tra la palpabile consistenza del frutto e un’acidità rinfrescante che, abbinata alle noti minerali, conferisce  tensione al sorso, verso un finale amarognolo tra l’agrumato e il vegetale.  

Il lato più interessante di questo Verdicchio di Matelica è la scelta dei produttori di puntare su un bianco di territorio, leggero e verticale, evitando di propinarci i soliti bianchi ricchi di zuccheri e frutta polposa dai ricordi tropicaleggianti.  Il lato meno entusiasmante rimane forse legato ad un eccesso di precisione stilistica e tecnicismo, che per chi come il sottoscritto è abituato ai vini “naturali” (nella sua eccezione più ampia), significa avere a che fare con un vino ben fatto ma emotivamente un po’ freddo. Resta comunque un nome da segnarsi sul taccuino per gli amanti dei bianchi freschi e giovani "low cost".

Riassumendo niente di indimenticabile, ma vino assolutamente godereccio e glu-glu, che ben si abbina servito fresco, alla calde serate estive. Direi che a sette euro è un buon acquisto, con un interessante rapporto qualità/prezzo. Sicuramente da provare, così come le altre versioni proposte da Borgo Paglianetto, tutte acquistabili a prezzi popular. Per la serie "benvenuta primavera".
 

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Serdiana prov. di Cagliari, a pochi metri da dove nasce il vino status symbol dell'enologia sarda, troviamo una bella realtà di bio-resistenza contadina...

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Una ribolla che è un soffio di vento... lontani anni luci dai bianchi "tamarrosi" a pasta gialla, tropicalisti, dolciastri, bananosi e polposi.

BARBARESCO CURRA' 2010 - D.O.C.G. - Cantina del Glicine

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...piccola, artigianale, familiare, storica… un passo indietro nel tempo... la bottiglia giusta per l'autunno che verrà...

FIANO DI AVELLINO 2012 - D.O.P. - Ciro Picariello

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Niente enologo, niente concimi, approccio artigianale e tanta semplicità affinché il vino possa esprimere al meglio il territorio. Se dici Fiano, Ciro Picariello è un punto di riferimento assoluto.

DOS TIERRAS 2011 - Sicilia I.G.T. - Badalucco de la Iglesia Garcia

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...una fusione eno-culturale vincente, un vino che intriga, incuriosisce e si lascia amare, un vino del sole e della gioia, della bellezza territoriale e popolare che accomuna Spagna e Sicilia.

RENOSU BIANCO - Romangia I.G.T. - Tenute Dettori

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...quello che entusiasma del Renosu Bianco è tutto il suo insieme, dalla sua naturalità alla sua originalità, mantenendo una piacevole semplicità nel sorso...

CINQUE VINI, TRE SORELLE, UN TERRITORIO > TUTTI I ROSSI DEL CASTELLO CONTI... IL POST DEFINITIVO

CINQUE VINI, TRE SORELLE, UN TERRITORIO > TUTTI I ROSSI DEL CASTELLO CONTI... IL POST DEFINITIVO
Conosco e bevo "Castello Conti" da alcuni anni, e provo una profonda ammirazione per i loro vini e per il lavoro "senza trucchi" di Elena e Paola. Da una recente visita con degustazione presso la loro cantina di Maggiora, é nata una sorta di collaborazione appassionata, che mi ha permesso di gustare l'intera produzione di rossi del Castello, che oggi in questo mega-post ho il piacere di raccontarvi alla mia maniera...

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!
da "Le vie del vino" di Jonathan Nossiter... < - In cantina questo Volnay, che qui é a 68 euro, ne costa più o meno 25. Quindi non sono i De Montille ad arricchirsi. Ma quando arriva a Parigi o a New York, il vino costa almeno il doppio che dal produttore. - Quindi per noi che abitiamo in Francia val la pena di andare a comprare direttamente da lui. - Si in un certo senso, il ruolo dell'enoteca in città è quello di aprirti le porte per farti scoprire il tuo gusto personale, e di esserti utile quando hai bisogno di qualcosa rapidamente. Poi spetta a te stabilire una relazione diretta con il produttore >

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!
...Anche se sono un po’ più giovane e indosso il parka con le pins non significa che entro per mettermi sotto il giubbotto le bottiglie di Petrus fiore all’occhiello della vostra enoteca, quindi evitate di allungare il collo o sguinzagliarmi alle spalle un commesso ogni volta che giro dietro allo scaffale.