mercoledì 26 marzo 2014

CHORA 2011 - I.G.T. Calabria Bianco - L'Acino

Non pensare all’Acino che vola.
Ci vuole molta immaginazione, la stessa che serve a noi, tre amici, tre fratelli, per fare vino in una terra dura, aspra e difficile, ma anche ricca e generosa, come la nostra Calabria.


Anche quest’anno il giro domenicale a "La Terra Trema" di Milano si è concluso con la rituale tavolata presso la cucina Pop del Leo.  Mentre qualcuno prende posto, gli ultimi “assetati” che ancora girano tra i banchi d’assaggio in fase di “ritirata”, hanno il compito di recuperare qualche bottiglia per la cena. Rientrando ovviamente nella categoria degli “ultimi assetati”, ho concluso il giro dai ragazzi de L’Acino... due parole con “la banda” e acquisto di una bottiglia di Toccomagliocco per la cena, con omaggio di Chora bianco del buon Dino che ringrazio, e che vado ad onorare in abbinata ad un risotto alla crema di gorgonzola e mascarpone con mele caramellate e cannella (brava Betta ottima ricetta). Non mi dilungo troppo perché ho già dato ampio spazio alla realtà de “L’Acino” in occasione del posto dedicato al Mantonicoz… il loro bianco di punta che mi aveva assai convinto.  

Piccola ed artigianale realtà agricola in quel di San Marco Argentano, coltiva in tutto 8.5 ettari di vigneti, con una produzione che supera di poco le 20.000 bottiglie, per questi tre amici innamorati della loro terra, che dal 2006 hanno deciso di investire nella valorizzare di vecchi ed autoctoni vitigni calabresi, come il Mantonico e il Magliocco. Un percorso coraggioso su cui pochi avrebbero scommesso, sviluppatosi attraverso un approccio "natur" sia in vigna che in cantina. 

Voglio fare una precisazione, perché mai come in questo caso, non posso limitarmi a parlare semplicemente del bevuto, ma é doveroso sottolineare, come il vino e soprattutto il progetto de "L'Acino", sia espressione pulsante di uno spiccato senso di appartenenza alla propria terra, alle sue radici e ai suoi valori. Vino artigianale ed etico, dissidente e sovversivo, figlio di una filosofia produttiva "orgogliosamente" lontana dal sistema commerciale della grande distribuzione.  

Il Chora é un po' il "vino della casa" e viene proposto sia nella versione bianca che rossa. Il bianco é composto da un mix di uve tipiche come Mantonico, Guarnaccia bianca, Greco bianco e Pecorello. Solo acciaio sia in fermentazione che in affinamento (6 mesi circa). Gradazione alcolica del 13%vol. e prezzo in enoteca sulle 10 euro.

Rispetto al Mantonicoz, il Chora è vino meno ricco, complesso e  materico, molto più snello, disinvolto e beverino.  Ad accomunare i due bianchi della casa, c’è sicuramente una fuorviante impressione visiva… un giallo decisamente carico in tinta oro, luminoso e brillante, discretamente consistente, che lascia presagire un vino piuttosto “carico”… ma è solo un’impressione… Naso decisamente sussurrato, fine e a tratti quasi impercettibile, non fosse per un soffio teso e affilato che ci stuzzica con rimandi a tinte verdi, su note erbacee e aromi mediterranei, fiori di campo e aggiunta di sottofondo salmastro. Anche in bocca scivola via senza incidere troppo… è vino di pronta beva, che ha nella scorrevolezza, la freschezza e la fragranza le sue principali caratteristiche. Scarso di polpa, se ne apprezza l’acidità, la tensione e un retrogusto sapido-amarognolo che richiama le note erbacee e minerali già avvertite all’olfatto. 

Non è un vino cervellotico e complesso, ma un bianco da piazzare su un tavolo di legno all’ombra di un pergolato durante una calda giornata estiva… servitelo fresco e bevetelo senza ritegno… vi “sgrassa” il pranzo e vi accompagna alla “siesta” pomeridiana.

Adesso, non pensare all’Acino che vola.
Anche quando lo vedrai nei riflessi di Mantonicoz, di Toccomagliocco o di Chora.
Anche quando, bicchiere dopo bicchiere, lo sentirai bisbigliare, non pensare all’Acino che vola.

Perché l'acino che vola non esiste.
Sei tu.


martedì 18 marzo 2014

SASSELLA ROCCE ROSSE RISERVA 2001 - Valtellina Superiore D.O.C.G. - Ar.Pe.Pe

...quasi un perfetto pezzo "folk" di razza pura e cristallina... così amabile, così abbinabile, così "facile" da apprezzare, grazie ad un caleidoscopico ventaglio di sfumature aromatiche e suggestioni che ne fanno un vino di grande espressività territoriale e grande eleganza, dalla beva "tridimensionale".


Pochi di voi lo sanno, perché è la classica pagina di presentazione che nessuno legge, ma se cliccate su “SIMOdiVINO PERCHE'...”  giù in basso chiudo con questa frase “Mentre il mondo corre spedito verso il consumismo con i paraocchi, il vino ci ricorda che per essere buono ha bisogno di prendersi il suo tempo.”.

Il vino (ma soprattutto i grandi vini) come molti di voi sanno, ha bisogno del suo tempo per raggiungere la piena maturazione ed insegna a noi “bevitore”, che nella vita é necessario rallentare il ritmo. Al di la di tutte le cose che si possono dire e scrivere sul vino, questo è uno dei suoi aspetti (quasi terapeutico) che più mi coinvolge. Il piacere della lentezza, la necessità di staccare la spina e prendersi il proprio tempo. E' un rito lento e che richiede attenzione... stappare, aspettare che il vino si ossigeni e poi goderselo piano piano, bicchiere dopo bicchiere, mentre il tempo si dilata, ci si rilassa e a volte ci si emoziona... cervello libero e il mondo fuori che corre, sclera e scazza. 

Il bello di essere appassionati di vino significa (almeno per me) riuscire anche a godere di questi momenti, quasi intimi. Nel corso della sua vita dalla vendemmia alla bottiglia svuotata, ci sono vini e cantine che fanno dell’elogio all’invecchiamento una vera e propria filosofia. Tutto deve essere fatto con calma e senza fretta, nei giusti tempi e con le giuste attese… l’affinamento nelle grandi botti, il riposo in bottiglia, la permanenza in cantina, la bevuta… tutto scorre e si evolve con lentezza…  ci vuole pazienza... anche perché più cresce l'attesa, più crescono le emozioni... 

Lo stappato di oggi il Sassella Riserva Rocce Rosse è sicuramente uno di quei “grandi” vini, che ottimamente interpreta quanto scritto sopra e i suoi mentori, al nome di Ar.Pe.Pe. sono indiscutibilmente una di quelle cantine che hanno trovato “nell’elogio all’invecchiamento” (ma non solo) la giusta strada  per portare al consumatore vini di indiscussa qualità e personalità.  
Avevo già scritto ed elogiato Ar.Pe.Pe. in occasione del post dedicato all’altro Sassella della casa, ovvero quel Stella Retica (e a questo punto mi mancano ancora il Vigna Regina e l'Ultimi Raggi per chiudere il cerchio ) che già mi aveva entusiasmato per il suo giovanil furore, ma il Sassella Rocce Rosse é indubbiamente un ulteriore passo in avanti verso la perfezione, tanto da convincere quel "mostro" di Luca Gardini ad inserirlo nella sua personale top 100 mondiale. 

Nel precedente post paragonai "musicalmente parlando" Ar.Pe.Pe. ai Nirvana, proprio per l'affinità con la storia di quella band, ovvero essere apprezzati dai più, essere diventata una cantina di successo senza snaturarsi o svendersi, senza la necessità di declinare nel "pop", rimantenendo sempre fedeli alla "linea Retica" e alla sua uva regina, il Nebbiolo (Chiavennasca), che qui si é voluto valorizzare mantenendo fede alla tradizione vitivinicola della valle. Non é un caso se la produzione di Ar.Pe.Pe. non comprende lo Sforzato (detto anche l'Amarone di Valtellina, giusto per rendere l'idea...) ma ben 4 versioni di Sassella... Insomma solo vini di grande personalità ed espressione territoriale... nel segno della tradizione... 

Il vino é il frutto della vigna e del suo vignaiolo, essenza che ho ritrovato racchiusa in questo incredibile Rocce Rosse, un vino che deve essere bevuto perché nessuna parola può rendergli giustizia. Mi sono innamorato di questa bottiglia e mi rammarica non averne una giusta scorta in cantina. 

Quindi Sassella Riserva annata 2001, uva Chiavennasca in purezza da viti con oltre 50 anni di età su suoli poveri di roccia granitica. L'uva viene vendemmiata verso fine ottobre con rese piuttosto basse di 40 hl/ha, ma solo nelle grandi annate, quando il frutto raggiunge livelli qualitativi eccelsi, l'uva viene destinata alla produzione del Rocce Rosse, mentre nelle altre annate viene utilizzata per produrre il Stella Retica. La macerazione in vasche di cemento ha una durata di almeno 30 giorni sulle bucce e un affinamento di ben quattro anni in botti grandi di castagno a cui seguono ulteriori tre anni di bottiglia. Come leggo sulla retro etichetta, il vino é in commercio da gennaio 2012... un vero e proprio investimento sul futuro per Ar.Pe.Pe, un affinamento lunghissimo che consente al vino di trovare (con la dovuta calma), il suo perfetto punto di equilibrio.

Nebbioleggia nel bicchiere vestito di un rosso granato con sfumature rubino, piuttosto luminoso, pulito, fluido, esile, elegante. Olfatto in progressione di ottima persistenza e stabilità, profumi eterei ricchi di suggestioni che ci portano con la mente ai luoghi in cui sono allevati i vigneti, ma con un tocco aggiuntivo di eleganza e perfezione stilistica. Qui trovi il carattere della Chiavennasca, ma anche la freschezza delle Alpi, i profumi dei campi, la sapidità della roccia e la proverbiale sapienza di chi da generazioni abita la montagna. Scordatevi l'alcolicità di alcuni Sfurzat o le asperità di altri rossi di Valtellina che ho avuto modo di assaggiare in passato. Il Rocce Rosse é perfettamente in equilibrio tra austerità, mineralità, acidità, morbidezza e dolcezza, senza mai perdere tensione gustativa e slancio. Gli aromi come dicevo sono complessi, evocativi, terziari e se vogliamo soggettivi. In ordine sparso ho ritrovato (soprattutto nel retrogusto) la dolcezza accattivante delle fragoline di bosco, le punte speziate dei chiodi di garofano, le viole appassite e il geranio, un ricordo di incenso e di terra. Bocca elegante e leggera, asciutto e vellutato, tannino fine, trama sottile e ottima persistenza gustativa con un tocco fumè bilanciato da una piacevolissima freschezza, che rendono il vino incredibilmente scorrevole. Raramente, senza varcare il traforo del Monte Bianco, si riescono a trovare vini complessi e longevi quanto snelli e bevibili, tanto da rendere insufficiente una sola bottiglia.

Posso affermare che con questo Sassella, Ar.Pe.Pe. ha trovato la quadra perfetta, la qualità delle uve, un terroir importante, un affinamento nel castagno che mantiene il vino incredibilmente fresco ed equilibrato... direi quasi un perfetto pezzo "folk" di razza pura e cristallina... così amabile, così abbinabile, così "facile" da apprezzare, grazie ad un caleidoscopico ventaglio di sfumature aromatiche e suggestioni che ne fanno un vino di grande espressività territoriale e grande eleganza, dalla beva "tridimensionale". Siamo solo all'inizio, ma si prenota già un posto nella top ten di fine anno. Vino per palati fini, che richiede attenzione e che deve essere capito... per tutti gli altri, amanti dei vini stramaturi e iperconcentrati potrebbe dire poco... ma se devo dirvela proprio fuori dai denti... se non capite la grandezza di questo Rocce Rosse forse non siete in sintonia con questo blog e vi meritate un "vino frutto" consigliato da Luca Maroni!!

Siccome spesso lo chiedete... ve lo dico... Rocce Rosse 2001, pagato 25 euro alla fiera mercato di Agazzano (vecchia sede di Sorgente del Vino live) ma in enoteca vi serviranno tra le 5 e le 10 euro in più. Non un vino da tutti i giorni, ma direi che é una cifra più che adeguata per il valore della bottiglia... anzi pensando ai costi di certi "compagni" in terra di Langa.. devo dire che il rapporto qualità/prezzo del Rocce Rosse é ottimo.

lunedì 10 marzo 2014

CÔTE DE NUITS VILLAGES 2009 - Appellation Côte de Nuits-Villages Contrôlée - Louis Latour

Approccio alla Côte de Nuits con un classico della storica maison Louis Latour... per neofiti...


Bevuta interessante e per certi versi difficoltosa, in quanto vittima di un'influenza stagionale che ha pregiudicato le mie già discutibili capacità olfattive. Poco importa, cose che capitano, ma non sarà certo qualche linea di febbre e il naso intasato, ad impedirmi di stappare una bottiglia di vino!!  Lasciamo perdere le disgrazie e andiamo ad approffondire quanto di interessante mi ha trasmesso questa bottiglia, perché non mi capita spessissimo di postare bevute d'oltralpe, essendo ancora piuttosto concentrato nello scandagliare il suolo italico, così ricco di vitigni e produttori interessanti. 

Per onestà intellettuale devo ammettere di essere ancora all'ABC del vino francese, ma il mito della Borgogna é tale da non poter lasciare indifferente alcun appassionato, me compreso, corro quindi il rischio di scrivere qualche sciocchezza, ma voglio condividere questa eno-esperienza in maniera costruttiva, affinché possa essere di aiuto a me e a chi avrà il piacere di leggere questo post. Parliamo di una regione che rappresenta il fulcro dell'enologia mondiale, perché quando si parla di storia, tradizione, cultura e soprattutto terroir, la Borgogna ne rappresenta l'apice assoluto. I più grandi vigneons sono qui, le bottiglie più blasonate e mitizzate si producono qui. Anche chi si interessa con "disinteresse" al vino francese, almeno una volta nella vita avrà letto o sentito parlare di Côte d'Or, Côte de Nuits e Côte de Beaune, di paesi (e vini) che si chiamano Marsannay, Vougeot, Vosne-Romanée, Volnay, Chambolle-Musigny, Montrachet ecc.... probabilmente anche ad un astemio nomi come Romanée-Conti, Leroy, Rousseau non suonano del tutto sconosciuti. 

La Borgogna quindi é terra eccezionale, perché Pinot Noir e Chardonnay come si producono qui, non si fanno in nessun'altra parte del mondo. E questa se vogliamo é l'unica cosa semplice da capire, ovvero l'uvaggio utilizzato... uno per i rossi e uno per i bianchi, ai quali per correttezza dobbiamo aggiungere l'Aligotè, anche se presente in percentuali minori. Il resto é piuttosto difficile e complesso... non é semplice districarsi tra una lista infinita di nomi e di bottiglie, figlie di parcelle anche piccolissime, i "climats", le "maison", i "negociants", i "domaines", le "appellations". Insomma c'è da lavorare, studiare e da spendere (visti i prezzi delle bottiglie) per entrare e fare chiarezza tra i vini e le terre di Borgogna... soprattutto ci sarebbe l'esigenza di farci un giro, passarci un po' di giorni, per lasciarci il cuore tra quei vigneti, quei muretti a secco, quelle nebbie e quelle atmosfere francesi, dove tutto profuma di vino, giusto per non rischiare di perdere le suggestioni e l'emotività al cospetto delle sue ferree regole.

Come avrete capito da questa mia introduzione dedicata alla Borgogna lo stappato di oggi é un vino che proviene da li, anche se l'ho acquistato un anno e mezzo fa in quel di Parigi, mentre mi annoiavo in aereoporto durante uno scalo di ritorno da Città del Messico. Tra le poche bottiglie di Borgogna presenti questa era quella che sembrava più interessante, se non altro perché si tratta di un "appellation villages", il che é già una garanzia in più... l'ho pagata infatti 21 euro, la più cara tra le presenti e considerando i costi dei vini di questa regione, capite bene la pochezza della scelta. Mi é sembrata comunque una dignitosa bottiglia per iniziare a bere qualcosa della Côte de Nuits. 

Iniziamo a fare chiarezza dicendo che le denominazioni sono fondamentalmente quattro. Si parte dalla denominazione regionale, i vini base per intenderci, poi si sale alla denominazione del villaggio, come nel caso della mia bottiglia, dove é indicato Côte de Nuits Village, quindi uve provenienti da quel comune specifico. Dopo si sale vertiginosamente (anche nei prezzi) con le denominazioni riservate ai singoli vigneti, i Premiers Crus che sono comunque legati al nome del village e i Grands Crus, la classificazione più alta e che recano in etichetta il proprio nome.

La maison produttrice di questo Pinot Noir é Louis Latour e se sono riuscito a trovarla nell'enoteca dell'aereoporto, é proprio perché Latour é uno dei più grandi produttori della Borgogna con quasi 50 ettari vitati e appezzamenti dislocati in tutta la regione, tra cui anche diversi Grands Cru. Vi rimando a Wikipedia per maggiori informazioni in merito a questo famoso produttore di Beaune.  

Passando al bevuto... bicchiere color rubino scarico che tende al granato, fluido e pulito, con buona trasparenza ed eleganza. Naso piuttosto tenue, arriva lento e fine con note sottili e leggermente pungenti. Direi molto french, niente grassezze e saturazioni olfattive, ma tocco magro e dinamico che gioca su un frutto non troppo maturo, che lascia una piacevole sensazione di fragranza... diciamo pure che il ventaglio espressivo non é poi così "espressivo". Accenno di lamponi, ma soprattutto una speziatura che conferisce al bouquet sensazioni pungenti, aroma floreale di rosa e rimandi di incenso. Meglio alla beva, snello, di grande pulizia e precisione stilistica, si "scola" letteralmente con grande piacere, grazie ad vena acida sottile che mantiene una buona tensione gustativa, anche se il finale non é lunghissimo. 

Direi una buona base di partenza, anche se indubbiamente viene meno in questa versione, l'eleganza "fragile" che ho ritrovato nelle poche bottiglie "importanti" che ho avuto il piacere di assaggiare, trovandomi un vino fine ma con un tocco leggermente "dark" che gli toglie un po' di vivacità e succosità... insomma liscio e godibile, invitante, ma meno rinfrescante di quanto mi aspettassi. Comunque una piacevole eno-esperienza.. consigliabile a chi piace lo stile "Borgogna".

p.s. Pensando al vino "monumentale" del prossimo post... decisamente una spanna (ma anche due o tre) sopra questo Côte de Nuits e mi é costato solo 4 euro in più... direi Italia-Francia 1-0 e palla al centro... almeno in attesa che la "grande" Borgogna trovi spazio in questo blog...

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...ritroverete in questo sorso di Gattinara un vino autentico… Il collegamento imprescindibile di vigna, uomo e terra.

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Uno dei migliori assaggi della Riviera Ligure di Ponente... uno di quei casi in cui è il vino nel bicchiere che parla (...anche al posto del vignaiolo...)

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Serdiana prov. di Cagliari, a pochi metri da dove nasce il vino status symbol dell'enologia sarda, troviamo una bella realtà di bio-resistenza contadina...

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Una ribolla che è un soffio di vento... lontani anni luci dai bianchi "tamarrosi" a pasta gialla, tropicalisti, dolciastri, bananosi e polposi.

BARBARESCO CURRA' 2010 - D.O.C.G. - Cantina del Glicine

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...piccola, artigianale, familiare, storica… un passo indietro nel tempo... la bottiglia giusta per l'autunno che verrà...

FIANO DI AVELLINO 2012 - D.O.P. - Ciro Picariello

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Niente enologo, niente concimi, approccio artigianale e tanta semplicità affinché il vino possa esprimere al meglio il territorio. Se dici Fiano, Ciro Picariello è un punto di riferimento assoluto.

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...una fusione eno-culturale vincente, un vino che intriga, incuriosisce e si lascia amare, un vino del sole e della gioia, della bellezza territoriale e popolare che accomuna Spagna e Sicilia.

RENOSU BIANCO - Romangia I.G.T. - Tenute Dettori

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...quello che entusiasma del Renosu Bianco è tutto il suo insieme, dalla sua naturalità alla sua originalità, mantenendo una piacevole semplicità nel sorso...

CINQUE VINI, TRE SORELLE, UN TERRITORIO > TUTTI I ROSSI DEL CASTELLO CONTI... IL POST DEFINITIVO

CINQUE VINI, TRE SORELLE, UN TERRITORIO > TUTTI I ROSSI DEL CASTELLO CONTI... IL POST DEFINITIVO
Conosco e bevo "Castello Conti" da alcuni anni, e provo una profonda ammirazione per i loro vini e per il lavoro "senza trucchi" di Elena e Paola. Da una recente visita con degustazione presso la loro cantina di Maggiora, é nata una sorta di collaborazione appassionata, che mi ha permesso di gustare l'intera produzione di rossi del Castello, che oggi in questo mega-post ho il piacere di raccontarvi alla mia maniera...

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!
da "Le vie del vino" di Jonathan Nossiter... < - In cantina questo Volnay, che qui é a 68 euro, ne costa più o meno 25. Quindi non sono i De Montille ad arricchirsi. Ma quando arriva a Parigi o a New York, il vino costa almeno il doppio che dal produttore. - Quindi per noi che abitiamo in Francia val la pena di andare a comprare direttamente da lui. - Si in un certo senso, il ruolo dell'enoteca in città è quello di aprirti le porte per farti scoprire il tuo gusto personale, e di esserti utile quando hai bisogno di qualcosa rapidamente. Poi spetta a te stabilire una relazione diretta con il produttore >

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!
...Anche se sono un po’ più giovane e indosso il parka con le pins non significa che entro per mettermi sotto il giubbotto le bottiglie di Petrus fiore all’occhiello della vostra enoteca, quindi evitate di allungare il collo o sguinzagliarmi alle spalle un commesso ogni volta che giro dietro allo scaffale.