giovedì 28 novembre 2013

CAMPODARCHI 2011 - Bianchello del Metauro Superiore D.O.C. - Terracruda


Campodarchi é una particolare versione di Bianchello del Metauro di una cantina in ascesa... che mi impone alcune riflessioni...


Dopo una breve pausa torno ad assaggiare le proposte enologiche di Avionblu... ci sono un po’ di nuovi arrivi in catalogo e Andrea ha pensato bene di mandarmi un po' di "robba" da assaggiare… mai stato così bello ed interessante fare da cavia…. anche perché tra i suoi vini ci sono sempre proposte interessanti e particolari. Prendiamo il vino che ho stappato oggi... ottenuto da vitigni autoctoni che danno vita a una D.O.C. minore nei numeri, ma storicamente importante... se vi dico che si tratta di un bianco marchigiano a cosa pensate??? (ovviamente fate finta di non aver letto il titolo di questo post e guardato la foro a destra…!!) Già sento il coro.. Verdicchio... Verdicchio..., altri che incitano la Passerina... qualcuno il Pecorino, ma in quanti conoscono la Vernaccia di Serrapetrona, il Falerio o il Bianchello del Metauro?? Tolti gli appassionati e qualche marchigiano credo pochi... Io per primo con il Campodarchi di Terracruda dedico per la prima volta un post al Bianchello... 

Doveroso quindi, prima di passare all’assaggio, ricordare che questa piccola D.O.C. marchigiana risale al 1969, ed è denominata “del Metauro” in quanto le vigne di uve di Bianchello (o Biancame) sono situate lungo il corso del fiume Metauro, che da tipicità ai terreni, situati nella provincia di Pesaro-Urbino. Questa tipologia di vino può essere prodotta sia nella versione base che in quella superiore, oppure spumante e passito con utilizzo di uve Bianchello pari al 95% e Malvasia Toscana a completamento. 

Tra le cantine marchigiane attive in questa D.O.C. negli ultimi anni si é messa in luce l'azienda vitivinicola Terracruda, situata in località Fratte Rosa, praticamente al confine tra le province di Ancona e Pesaro-Urbino, a metà strada tra il mare e l'Appennino. Cantina nata recentemente (il progetto nasce nel 2000) e gestita da 3 soci che hanno creduto nella valorizzazione dei vitigni autoctoni di questa zona. Che dire... l'hanno pensata in grande, tutto nuovo e tutto bello, 20 ettari di vigneti e una produzione di circa 80.000 bottiglie, numeri importanti per un'azienda che vinifica internamente "solo" dal 2005. Insomma gli ingredienti per avere successo nel panorama odierno ci sono tutti... vini da uve autoctone, 3 soci facoltosi, cantina nuova, sala degustazioni, eno-turismo, prossimamente anche bad & breakfast e tanto marketing, tra cui (leggo sul sito) addirittura un "Wine tasting Terracruda around Europe"... 

Insomma il brand giusto c'è e come spesso capita di leggere sulle brochures di presentazione, si parla sempre di aziende proiettate nel futuro rivalutando il passato. Parole come innovazione, sperimentazione, progettazione mi lasciano sempre un po' scettico quando sono accostate a termini come "tradizione", quando si pongono obbiettivi di valorizzazione del territorio e dell'autoctono, di recupero delle tradizioni, di conversione delle vigne a regime biologico... e subito dopo leggere che i vini sono figli di un enologo di fama come Soverchia, di innovazioni tecnologiche... e di controlli continui... pressione, temperature, microssigenazione, filtazioni, studi e ricerche... Riportando quanto c'è scritto sul sito... "La Cantina Terracruda può vantare le migliori tecnologie e i prodotti di vinificazione più innovativi, pur cercando di mantenere uno stretto contatto con il territorio e la tradizione del fare." 

Ad ognuno la sua idea sul vino... ma ho sempre pensato che il vino deve essere bio in vigna così come in cantina... si sa che oggi il bio attira i consumatori... ma quante volte abbiamo parlato di vini "bio-techno"  perché figli di un approccio natur in vigna ma decisamente "forzato" in cantina?? Come puoi definirlo vino di territorio? Come ha sapientemente scritto Corrado Dottori nel suo libro "Non é il vino dell'enologo" << i vini sono come le persone... vini che hanno fatto il lifting e vini che sono come mamma li ha fatti. Difetti inclusi >>. Non é questa una critica al lavoro o al progetto di Terracruda, chi sono io per giudicare le fatiche altrui (che tra l'altro elogio per il progetto "Tu non sai chi sono io" basato sul recupero di alcuni vitigni praticamente scomparsi), ma questo é il mio blog e mi permetto di scrivere quelle che sono le mie impressioni e le mie idee generali, altrimenti ci limitiamo a bere senza porci delle domande, dire solo mi piace o non mi piace... e allora addio senso critico e spirito sovversivo...

Passando alla bottiglia... si tratta di un Bianchello Superiore in purezza, vendemmiato nel mese di ottobre da un vigneto di 2,5 ettari con oltre 40 anni di età. Fermentato e vinificato in barriques sur lies, viene imbottigliato da luglio ad agosto dell’anno successivo alla vendemmia e rimane  in affinamento almeno 12 mesi in bottiglia prima di essere immesso in commercio. Si tratta quindi di un vino che ha come peculiarità l'utilizzo di uve mature da vendemmia tardiva, con un residuo zuccherino volutamente elevato. Gradazione alcolica del 14%vol.

All'assaggio ho alcune conferme "stilistiche"...  nel bicchiere trovo un vino ineccepibile, molto bello, splendente nel suo giallo oro brillante, limpido, luminoso, cristallino. Profumi piuttosto delicati, con discreta intensità e persistenza, si fa apprezzare soprattutto per leggerezza, fragranza e pulizia, ma anche una certa rotondità. Note zuccherine di frutta matura in primis, quasi "tropical" e miele, sottofondo vegetale di sambuco e caprifoglio, con qualche accenno di nocciola. Palato quasi stucchevole per dolcezza, soprattutto in ingresso, ricco di zuccheri, tondo e polposo... decisamente “piacione”, si dimostra più materico, corposo e caldo di quanto mi aspettassi. Recupera in dinamismo grazie ad una beva piuttosto scorrevole che vira su sensazioni sapido-minerali più amarognole, prima di chiudere, lasciando sul palato un retrogusto dolciastro che richiama l'ingresso. 

Ecco... il Bianchello tradizionale é considerato un vino da pesce, da bere scaraffato senza ritegno, fresco, privo di corpo e dalla gradazione alcolica piuttosto bassa, con vena minerale pronunciata. Diciamo che il Campodarchi é un' altra cosa, un'altra versione... e se mi passate il termine decisamente più "pompata" (giusto per rendere l'idea), si é cercato di valorizzare il vitigno attraverso una interpretazione personale che puntasse verso un prodotto di maggior qualità e spessore, un vino meno "da battaglia" e più "importante". A mio avviso il compito é riuscito a metà... da una parte se si voleva ottenere un vino più particolare e ricercato, enologicamente il risultato é ben riuscito... bello da vedere e buono da bere, vino che a mio parere può piacere a molti, che gioca sul gusto moderno e le note dolci e morbide... ma per altri appassionati (e mi ci metto dentro anch'io...) viene meno quella verticalità e tensione gustativa che ti aspetti, così come viene a mancare quella mineralità, freschezza e dinamicità che caratterizzano il Bianchello. 

La sensazione che mi rimane é che si é voluto fare un grande Bianchello del Metauro, perdendone però le peculiarità che lo caratterizzano, l'identità ... andando un po' fuori pista... Sono un pò sospeso sul giudizio... se siete per vini di taglio più moderno sono 12 euro spese bene, buon rapporto qualità/prezzo, il vino é tecnicamente ben fatto e si lascia bere con piacere e aggiungeteci che secondo il produttore quella del 2011 é stata una grande annata. Se amate i vini di territorio, i vini di vignaioli... magari meno tondi e meno perfettini ma emozionali in quanto espressione diretta del vitigno e del terroir... allora forse rimarrete con qualche dubbio. I gusti son gusti... lascio ad ognuno la propria idea su come un vino deve essere.... lo trovate qui... provatelo e fatemi sapere il vostro pensiero in merito.

sabato 23 novembre 2013

GOLDMUSKATELLER 2011 - D.O.C. - Thurnhof


...il vino mi è piaciuto per tensione e leggerezza… sicuramente "caratteristico" e non scontato, contraddistinto da una freschezza che lo rendono “estivo”... 


Se sui rossi il pensiero vola subito ai grandi nebbioli piemontesi e ai grandi sangiovesi di Toscana, quando si parla di vino bianco mi teletrasporto direttamente a nord-est, Friuli in primis e Trentino-Alto Adige a seguire. Per questo motivo mi piace acquistare ed esplorare vini e produttori di queste zone, che spesso ci regalano (regalano… visti i prezzi sembra un eufemismo!!) bianchi dalla spiccata mineralità. Ho così deciso di fare mia una bottiglia di Thurnhof, produttore alto-atesino di cui si parla un gran bene, andando alla scoperta di un vino piuttosto particolare e non conosciutissimo, ovvero il Goldmuskateller… 

Forse sarebbe stato meglio indirizzarmi verso vitigni più classici e optare per il Sauvignon, giusto per avere dei riferimenti al cospetto di altre versioni di altre cantine… ma ha vinto la curiosità e la “spugnosa” volontà di assorbire e scoprire quante più varietà di vini possibili... e così non mi sono lasciato scappare l'opportunità di provare questo Moscato Giallo secco, un'alternativa al solito traminer aromatico e Muller Thurgau che vanno per la maggiore. (basta pensare che solo l'1,21% della superficie vitata dell'Alto Adige é destinata a questo vitigno). 

Allora se il nome Thurnhof non vi dice niente, buttate un'occhiata all'etichetta con disegnato il castello, la cappella e il maso stilizzato.... ecco adesso sono sicuro che molti di voi avranno riconosciuto il marchio distintivo di questa cantina, che per quanto mi riguarda (da appassionato di etichette) é semplicemente fantastico. 

Raggiungere il maso della famiglia Berger non é poi così difficile, potete andarci anche a piedi, solo un kilometro e mezzo dal centro di Bolzano in direzione sud-est, nel quartiere di Aslago, ai piedi della collina del Virgolo. Come riportato sul sito della cantina "Oggi il Thurnhof è una macchia verde in mezzo a un mare di case e un'azienda vinicola, dove il proprietario ed enologo Andreas Berger fa nascere vini fini."  

Da oltre 150 anni la famiglia Berger é proprietaria del maso e dei vigneti che lo circondano, più altri appezzamenti dislocati nella zona dell'Agruzzo a Sud di Bolzano dove alcuni anni fa sono stati impiantati Lagrein e Moscato giallo, mentre ad Auna di Sotto sul monte Renon, al maso Hartl, si trova il Sauvignon, situato a 800 metri di altezza. In tutto "solo" 3.5 ettari a vigneto, per una produzione annua di circa 25.000 bottiglie tipicamente alto-atesine, dal Goldmuskateller al Sauvignon, per passare ai rossi Lagrein, St. Magdalener, Cabernet Sauvignon e il blend con il Merlot. Viticoltura attenta e scrupolosa, qui le vigne sono accudite come dei figli e pur senza certificazioni si opera un'agricoltura molto vicina al regime biologico e si pratica la lotta integrata.

Il Moscato Giallo 2011 stappato, viene ricavato in purezza dall'omonimo vitigno, coltivato su terreno alluvionale ghiaioso. L'età delle viti varia dai 10 ai 20 anni, e le uve sono vendemmiate nel mese di ottobre, con affinamento in solo acciaio per circa 6 mesi. Produzione limitata a 3-4.000 bottiglie e utilizzo di tappo a vite. 

Versato nel bicchiere mi ritrovo un vino che rispecchia il colore giallo brillante dai riflessi d'orati della sua uva, snello, pulito...di grande limpidezza. Moscato secco, quindi niente bollicine (nel caso in cui qualcuno stia pensando ad una versione "tirolese" del classico Moscato d'Asti). Esprime una piacevole ed inconfondibile aromaticità tipica del moscato, una gradevole sensazione di dolcezza contaminata da note vegetali e agrumate, sambuco, salvia e noce moscata. Discretamente intenso e persistente. Beva netta e vibrante, per un vino di buon corpo e spiccata sapidità... grande freschezza, quasi sbarazzino ed estivo per fluidità e dinamicità, anche se (a gusto personale) si contraddistingue per un'acidità fin troppo spinta e manca un po' di equilibrio ed eleganza, con una distinzione netta tra un ingresso molto dolce, caratterizzato da un frutto matura e un finale amarognolo e acidolo che vira su note erbacee e minerali. Due componenti importanti ma piuttosto distinte, a cui manca un po' di amalgama... ma non dimentichiamo che é vino giovane che fa solo acciaio... quindi é giusto che risulti così... spigliato.... Gradazione alcolica importante di 13.5% vol. che nel complesso non appesantisce la beva.

Anche se non ho termini di paragone in merito trattandosi della mia prima eno-esperienza con il Goldmuskateller, il vino mi è piaciuto per tensione e leggerezza… sicuramente "caratteristico" e non scontato, contraddistinto da una freschezza che lo rendono “estivo” e abbinabile a piatti piuttosto leggeri, tipo insalate, formaggi teneri ecc… Il costo in enoteca è tra le 13-15 euro e si vi interessano i vini di Thurnhof li potete trovare qui

Il mio consiglio è di provarlo, soprattutto se amate i vini tipici di montagna e del Sudtirol, freschi, slanciati e minerali… se amate i vini leggeri e di pronta beva, da consumarsi nel giro di un paio d’anni…. una bella alternativa ai soliti nomi. Mi raccomando, non commettete il mio errore nel  stapparlo durante una uggiosa serata di novembre, ma gustatevelo “open air“ durante una calda giornata estiva… servito fresco può risultare un bianco assai piacevole e dissetante.
 

sabato 16 novembre 2013

LA SVOLTA 2010 - Barbera d'Asti Superiore D.O.C.G. - Crealto



"Il vino é un essere vivente. Amo immaginare l'anno in cui sono cresciute le uve di un vino. E amo immaginare le persone che hanno curato e vendemmiato quelle uve." da Sideways (In viaggio con Jack) - Citazione riportata sulla retro-etichetta di questa bottiglia.


Giusto giusto un anno fa, ho incontrato i vini e i vignaioli di Crealto a Vini di Vignaioli di Fornovo (scusate il gioco di parole ma é “stupidamente” voluto...) dove ho  assaggiato i quattro vini in degustazione e chiacchierato un po' con Eleonora... dei loro vini e della loro storia… (vi rimando al post dedicato al Marcaleone il loro Grignolino anarchico per gli approfondimenti del caso…).

Al cospetto di una generazione di trentenni made in Italy passivi e senza senso critico, che non riescono ad andare oltre al telecomando di Sky, provo sempre un mix di rispetto ed invidia per chi dimostra in maniera costruttiva e propositiva, il coraggio e la forza di volontà nel prendere la vita di petto, mandare "affanculo" l'insopportabile ed iniziare ad essere protagonisti del proprio destino... lasciare il grigiore e tornare a "respirare"... non è una scelta imprenditoriale (o almeno non solo…) ma una scelta sovversiva e critica… un ritorno alla radici che assume un valore “etico e politico”, che poi ritroviamo (come nel caso di Crealto) in vini senza compromessi, figli di un approccio naturale e rispettoso dell'ambiente e della biodiversità in vigna. 

"Cambio vita" é la scelta che ha dato il via anche a questa realtà, che nel giro di pochi anni non solo é riuscita a valorizzare un terroir importante (siamo ad Alfiano Natta terra di vignaioli e patria storica del Grignolino Casalese. Proprio qui cinquant'anni fa Carlo Quarello "il maestro del Grignolino" diede vita all'azienda agricola) e proporre vini territoriali e passionali di indiscusso valore, oltre a ristrutturare il casolare che li ospita, oggi diventato un "gioiello" con tanto di agriturismo e ristorante. Insomma non vi resta che farvi un giro nel Monferrato e farvi guidare in cantina da Luigi ed Eleonora e deliziarvi con i piatti dei cuochi Elisa ed Andrea. Insomma... appassionati di enoturismo questo é un posto da non mancare... non posso ancora pronunciarmi in merito, ma prossimamente vedrò di recuperare... soprattutto assaggiando i nuovi vini (sono rimasto fermo a 5...)

Tornando all'argomento principale di questo post... ovvero la Barbera... ne vengono prodotte due tipologie, l'Agricolae, che fa solo acciaio, più fresca e beverina e La Svolta, che oggi mi scolo nella sua versione 2010. Una parte dei 5 ettari vitati sono dedicati a questa storica uva del Monferrato, un vigneto con poco più di 10 anni di età, 5000 piante per ettaro che affondano le radici su un terreno limo-argilloso (il nome Crealto deriva infatti da crea... ovvero argilla). Ovviamente solo zolfo e rame in vigna, olii vegetali, preparati biodinamici e sovesci per rinvigorire il terreno. Niente trucchi nemmeno in cantina... con fermentazioni spontanee e solfiti ridotti all'osso (ma ho come la sensazione che prima o poi i ragazzi arriveranno anche ad un vino senza solfiti). Per questa Barbera fermentazione di una quindicina di giorni in inox, quindi affinamento "ponderato" nei legni, con circa 9 mesi di "evoluzione" tra barriques (in predominanza di 2° e 3° passaggio) e tonneaux.


Un bel color rubino vivo e brillante, intenso e profondo con riflessi che tendono al granato… bello da vedere, sfoggia una certo “appeal”. Naso discreto per intensità, persistenza, ampiezza… olfatto in levare tra note di dolce frutta matura (non fatevi ingannare… quando dico frutta matura... immaginatevi un bel frutto rosso sano e vivo appena raccolto dalla pianta in una bella giornata di sole… e non un frutto stra-maturato e ridotto in poltiglia zuccherosa buono solo per essere spalmato sulla crostata…), un accenno di alcol e poi spazio alle suggestioni autunnali di una passeggiata nel bosco, fino a raggiungere un campo di violette e concludere con note “barricadere” ottimamente dosate… legno, spezie, pepe, cacao… La beva è piena e tonda, ma finezza e dinamicità la rendono estremamente scorrevole, piacevole ed equilibrata. Piuttosto dolce  é Barbera decisamente amabile, che non disdegna un fondo terroso-amarognolo e buona sapidità che conferisce freschezza al tutto. 


E' una gran bel bere, e i riconoscimenti arrivati non sono figli del caso ma del lavoro attento e rispettoso svolto da Crealto... un percorso impegnativo chiaro, ma che in tempi piuttosto brevi é riuscito a dare risultati importanti. Bravi i ragazzi a "pescare" vigneti di qualità, nel saperli gestire in maniera non invasiva, nel valorizzare la biodiversità del luogo, nel lavorare intelligentemente in cantina, nel mettre amore nel proprio lavoro... ed é anche questo a fare la differenza nel bicchiere!!

Pollici alti per la Svolta quindi, anche se (giusto per non risultare stucchevole nell'esaltare i pregi di Crealto...) a gusto personale con qualche eccesso di dolcezza, fin troppo amabile (ma nasce già così "dolce" in vigna, quindi "ruffianaggine" non cercata ma naturale)... con il grande pregio di riuscire comunque ad esprimere a pieno il carattere del vitigno.

Anche se oggi la Barbera é uva da cui si ricavano vini "importanti", per quanto mi riguarda é sempre stato il vino "operaio", quello da bere sui tavoloni dei circoli cooperativi, quello che mio papà e mio nonno imbottigliavano la domenica mattina. Vino da bicchierozzo e non da ballon, anche se nelle sue espressioni più "alte", ha dimostrato di adattarsi benissimo alle barriques e concedersi tonda e piena... ma in cuor mio (soprattutto quando si parla di Monferrato) mi aspetto sempre un bicchiere tagliente, rustico e un po' sgraziato, dove la dolcezza entra in un gioco continuo di contrasti con un'acidità spiccata.

Vino che non vi deluderà e che potete fare vostro per un prezzo decisamente onesto (se non ricordo male... circa 8 euro a Fornovo... tra le 10-12 in enoteca...)... che altro aggiungere... il futuro é dalla loro parte... soprattutto ora che sono state gettate le basi anche per la seconda generazione di vignaioli... (i miei auguri ragazzi)... Crealto é associata alla Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti e li potete trovare ogni anno a Vini Veri. Devo aggiungere altro per convincervi?  Non resta che mettere in moto la macchina direzione Alfiano Natta... e scoprire che al di là dei proclami delle guide, il buono, pulito e giusto esiste davvero...

sabato 9 novembre 2013

MARGO' ROSSO 2010 - Umbria I.G.T. - Cantina Margò

...da piccolo stavo sempre in vigna col babbo e nonno, a 5 anni guidavo il mitico Fiat 411c, poi verso i 7 cominciai a divertirmi a far fermentare il mosto dentro i barattoli di vetro per i pomodori...


Per la serie "piccoli produttori crescono"…  ecco a voi Carlo Tabarrini... "garagista", "deus ex machina", "Archimede Pitagorico", “vignaiolo in divenire” e “uomo tuttofare” di Cantina Margò, realtà vitivinicola umbra, che anno dopo anno sta cercando e trovando la propria identità.

Ho avuto modo di conoscere Carlo mezzo web, potere dei social network (in certi casi assai utili), nonché di stringergli la mano in quel del Leoncavallo durante la Terra Trema 2012. Entro nel salone e pam!... il primo banco assaggi sulla destra é il suo... mi racconta la sua storia di neo vignaiolo con una certa timidezza... la cantina é poco più di un garage, meno di un ettaro di vigna e una produzione che a fatica arriva a 5000 bottiglie... Provo un interesse sincero e quasi affettivo per ragazzi come Carlo… sarà che siamo coetanei, ma é soprattutto la sua piccola storia ad appassionarmi... la storia di uno che ce la mette tutta, che ci prova, che da sfogo alla propria passione... Come ho scritto sopra un "Archimede Pitagorico", per la sua forza di volontà, per la sua voglia di mettersi in gioco... acquistare un po' di uva e “giocare” a fare il vino nel tempo libero... esperimenti, micro vinificazioni e qualche bottiglia da sottoporre al giudizio di amici e familiari... Come si dice nel mondo del rock... prima di solcare i palchi dei club più prestigiosi, bisogna "farsi il mazzo" negli scantinati... a volte prendersi anche gli "schiaffi".... e così dopo anni di "prova che ci riprova", nel 2008 Carlo svolta... si lascia alle spalle i cancelli della fabbrica e fonda la sua azienda agricola... sarà lui in prima persona  (che ospito con piacere su Simo diVino) a raccontarci la sua storia e quella di Cantina Margò... 

"Allora, da piccolo stavo sempre in vigna col babbo e nonno, a 5 anni guidavo il mitico Fiat 411c, poi verso i 7 cominciai a divertirmi a far fermentare il mosto dentro i barattoli di vetro per i pomodori...ed il gioco finiva lì. Per anni niente più ed il vino (del nonno) neanche mi piaceva, tanto era acido e duro. 

Poi, una sera, fine anni 90, un mio amico, già nel mondo dei vini territoriali, mi mise in mano un calice che fece nascere in me una grande passione. Cominciai a vinificare tutte le uve dei dintorni in quantità irrisorie dividendo le micro partite in vendemmie anticipate, normali e tardive, cambiando ogni volta posto, tipo garage, soffitta, camera, cantina...
 
Formai presto una mappatura delle caratteristiche dei cloni e terreni su un raggio di 25 km; tra alti e bassi, delusioni e sorprese, nel 2007,(ma anche 2008), alcune bottiglie di Grechetto, risultarono sorprendenti e complice una cassa integrazione, decisi di avviare una piccola azienda agricola. Cominciai affittando vigna e spazio in un'altra azienda... era l'inverno 2008. Le prime grandi delusioni furono le critiche da parte di molti, per un Sangiovese (il 2009) scarico di colore e tannino che poi in realtà, decisamente più tardi, si dimostrò ricercatissimo.. Nell' anno seguente lavorai abbassando la resa ed allungando la macerazione con le bucce: raccolta 18 Ottobre 2010, colline di S.Enea, terreno marnoso argilloso, con presenza di falde dell' antico bacino tiberino, inizio fermentazione dopo 16 ore a 12 °c, macerazione di 38 giorni, passaggio in legno per 8 mesi, vol. % 12, estratto secco 29, acidità volatile 0,6 , solforosa totale 27mg/l, libera 11mg/l. Era il Margò Rosso 2010. (che il sottoscritto stapperà oggi...)

Da allora, piano piano, ho iniziato a comprando le botti, poi un imbottigliatrice, altre piccole parcelle di vigna in affitto, e circa due mesi fa, ho finalmente realizzato una piccola cantina nell' ex garage. La voglia, la passione e gli ingredienti per realizzare il mio sogno, cioè vivere esclusivamente dell'attività vitivinicola, ci sono tutti, sicuramente, dovrò creare altri spazi ed aumentare il numero di bottiglie prodotte, che al momento si aggira intorno a 5.000."

Ripensando ancora al nostro incontro di un anno fa… eccolo che inizia a tirar fuori una batteria di vini bianchi, rossi e rosati... per essere al primo banco assaggi de "La Terra Trema 2012"  ho già bevuto troppo... rimango stupito... immaginavo di dover affrontare si e no un paio di tipologie di vini da una produzione così risicata... invece ha un sacco di bottiglie, anche sottobanco senza etichetta... vini che Carlo presenta con timidezza... curioso e timoroso del giudizio di chi sta gustando il frutto di tanta fatica… sa bene che di strada da percorrere ne ha ancora molta, ma é anche fiero e orgoglioso del suo lavoro e dei primi incoraggianti risultati che é riuscito a raggiungere. Grechetto e Trebbiano per i bianchi, Sangiovese per il Rosso Margò, che rappresenta il suo vino di punta, quello più compiuto e che sembra aver trovato una più precisa quadratura e identità, dopo anni di sperimentazioni… forse anche perché é il vino figlio della vigna gestita direttamente da Carlo… 

Come avete letto sopra dopo 38 giorni di macerazione, 8 mesi di affinamento, e ormai un paio di anni di bottiglia... ne esce un vino rosso rubino piuttosto scuro ma a bassa concentrazione, pulito si lascia attraversare dalla luce… discretamente elegante. Gradazione alcolica non elevatissima e naso che scivola piuttosto velocemente tra una ciliegia fragrante e suggestioni a tinte scure, con interessante nota terrosa di fondo. Non cercate in questo vino la complessità, la persistenza e la tridimensionalità dei grandi sangiovesi, ma il carattere del vitigno non viene meno e questo può bastare per farcelo apprezzare. Anche la beva, ha il merito di non scadere mai nello scontato, nel “già sentito”. Apparentemente piuttosto facile e semplice alla beva, (più che altro perché va giù che è una meraviglia), ma niente banalizzazioni, anzi, riesce ad esprimere personalità e territorialità con uno slancio invidiabile che gli permettono di rimanere sempre fresco, dinamico e con buona tensione gustativa. Discreto per corpo, struttura e persistenza gusto-olfattiva.

Poco altro da aggiungere, vino assai gratificante, si beve con piacere e “velocità”, ma non si ha mai la sensazione di essere alle prese con un “vinello beverino”, perché il merito di Carlo è quello di aver trovato dopo vari esperimenti, con risultati più o meno soddisfacenti, il giusto metodo (biodinamico in vigna e senza aggiunte in cantina) per ottenere un sangiovese sincero e di territorio. 

Ultime considerazioni da mettere sul piatto della bilancia… il Margò Rosso si compra per 10 euro, è un vino relativamente nuovo (quindi da provare) e assolutamente “senza trucchi”, sia in vigna che in cantina. Aggiungeteci che l’esigua quantità di bottiglie prodotte ne fanno quasi un prodotto di nicchia.. Insomma tanti buoni motivi per farvi appassionare a questa cantina… senza considerare che si svuota prima la bottiglia del piatto… (anzi… per quanto mi riguarda… è uno di quei vini da stappare mentre cucini… e quando è ora di mettersi a tavola metà boccia è già evaporata… e non credo sia colpa della cappa aspirante…). Sicuramente non troverete il Margò Rosso e il Fiero Bianco nel negozio sotto casa, le poche bottiglie prodotte vengono subito vendute, quindi il consiglio è di spulciare l’elenco produttori delle fiere-mercato per acquistare direttamente i vini da Carlo… di sicuro lo trovate ogni anno a Villa Favorita, nella consueta fiera dedicati ai produttori naturali.

Dimenticavo… per un garagista come Tabarrini obbligatorio un gracchiante disco di "punk rock garagista” a tutto volume... per quanto mi riguarda New Bomb Turks a fionda…  e in futuro occhi puntati sui bianchi... 

domenica 3 novembre 2013

ROCCA RUBIA 2008 - Carignano del Sulcis Riserva D.O.C. - Santadi

Ancora Sardegna e ancora Carignano... dopo il Terre Brune spazio senza colpi di scena, al "fratello" Rocca Rubia...


Aver stappato questa bottiglia di Rocca Rubia che da un paio d'anni se la ronfava in cantina, mi costringe (con piacere) a tornare sulla Sardegna e su quella che probabilmente é la sua cantina più importante, ovvero Santadi, di cui ho già abbondantemente raccontato nel post dedicato al loro vino simbolo, ovvero il Terre Brune, a cui vi rimando per gli approfondimenti. 

Ora che avete letto gli approfondimenti sul ruolo fondamentale avuto da Santadi nell'interpretare un vitigno autoctono come il Carignano e nel sancire il nuovo corso dell'enologia sarda attraverso l'impronta stilistica del suo mentore Giacomo Tachis, passo diretto sul Rocca Rubia, un Carignano del Sulcis Riserva, bottiglia che mi é stata portata direttamente dall'isola, ma che é facilmente reperibile in qualsiasi enoteca d'Italia per una cifra tra le 13-16 euro. Prodotto con uve Carignano in purezza, raccolte tra fine settembre ed inizio ottobre da vigneti allevati ad alberello, sulla costa del basso Sulcis, su terreni sabbio-argillosi. Macerazione in acciaio di un paio di settimane a temperatura controllata e 10-12 mesi di affinamento in barriques di rovere francese di 1° e 2° passaggio, per concludere, senza alcuna filtrazione, alcuni mesi in bottiglia. 

Nel bicchiere immagino già cosa mi aspetta e non vengo smentito... rosso rubino intenso e profondo con sfumature granato, compatto, fitto, impenetrabile e piuttosto denso. Naso non elegantissimo che predilige l'impatto alla finezza. Inizialmente "alcolizzato" (14%vol.) e su di giri, richiede qualche minuto per esprime al meglio un bouquet non "originalissimo" ma comunque ricco, intenso e persistente... frutta rossa in confettura, sottobosco e sentori "barricati", vaniglia, liquirizia, cuoio, tabacco... ma a prendere l'ascensore é una costante sensazione di spezie piccanti e pungenti. La beva é tonda e avvolgente, vino di corpo e grande struttura, tannino tonico, sentore alcolico un po' pronunciato, finale lungo con buona corrispondenza gusto-olfattiva.

Se volete definire "banalmente" il Rocca Rubia "fratellino" del capofila "Terre Brune", direi di si, che ci può stare come definizione, sicuramente più profondo e articolato, equilibrato ed elegante il Terre Brune rispetto ad un Rocca Rubia che sfoggia il carattere in maniera molto più diretta. Come già scritto quello che fatica a convincermi dei vini di Santadi (ma che poi é anche la chiave del loro successo) é di puntare su un vitigno autoctono ottenendo però un vino che concettualmente strizza l'occhio ai vini "internazionali". Buoni da bere, ma senza quell'identità territoriale netta che ti aspetti da una regione particolare come la Sardegna. 

Indubbiamente un ottima bottiglia in rapporto qualità/prezzo... il Terre Brune é sicuramente una spanna sopra, ma si viaggia oltre le 30 euro... per questo motivo forse, mi permetto di consigliare il Rocca Rubia, vi costa la metà e non sfigura rispetto al suo "superiore".

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3 PACCHE SULLA SPALLA!! STAPPATI 2015.... ECCO LA PLAYLIST!!

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Il solito grande classico di fine anno... puntuale come il mercante in fiera, eccovi la playlist di questo 2015...

GATTINARA RISERVA 2006 - D.O.C.G. - Paride Iaretti

GATTINARA RISERVA 2006 - D.O.C.G. - Paride Iaretti
...ritroverete in questo sorso di Gattinara un vino autentico… Il collegamento imprescindibile di vigna, uomo e terra.

VIS 2011 - Barbera d'Asti Superiore D.O.C.G. - Crealto

VIS 2011 - Barbera d'Asti Superiore D.O.C.G. - Crealto
Ancora Crealto, ancora un grande vino... prendetemi alla lettera, la loro Barbera affinata in terracotta è una chicca che sorprende e affascina...

LA TERRA TREMA 2015 - 9°edizione

LA TERRA TREMA 2015 - 9°edizione
"Per noi acquistare una bottiglia di vino, significa acquistare consapevolezza e sapere, oltre che la gioia di godere di un vino come poesia"

PINOT NERO 2010 - Toscana I.G.T. - Voltumna

PINOT NERO 2010 - Toscana I.G.T. - Voltumna
Se avete passato uggiosi pomeriggi a consumare i vinili di Joy division, The Cure, Siouxsie and the Banshees, Bauhaus... non potete rimanere indifferenti al pinot nero di Voltumna.

VB1 VERMENTINO 2010 - Riviera Ligure di Ponente D.O.C. - Tenuta Selvadolce

VB1 VERMENTINO 2010 - Riviera Ligure di Ponente D.O.C. - Tenuta Selvadolce
Uno dei migliori assaggi della Riviera Ligure di Ponente... uno di quei casi in cui è il vino nel bicchiere che parla (...anche al posto del vignaiolo...)

ALTEA ROSSO 2012 - Sibiola I.G.T. - Altea Illotto

ALTEA ROSSO 2012 - Sibiola I.G.T. - Altea Illotto
Serdiana prov. di Cagliari, a pochi metri da dove nasce il vino status symbol dell'enologia sarda, troviamo una bella realtà di bio-resistenza contadina...

RIBOLLA GIALLA 2013 - I.G.P. delle Venezie - I Clivi

RIBOLLA GIALLA 2013 - I.G.P. delle Venezie - I Clivi
Una ribolla che è un soffio di vento... lontani anni luci dai bianchi "tamarrosi" a pasta gialla, tropicalisti, dolciastri, bananosi e polposi.

BARBARESCO CURRA' 2010 - D.O.C.G. - Cantina del Glicine

BARBARESCO CURRA' 2010 - D.O.C.G. - Cantina del Glicine
...piccola, artigianale, familiare, storica… un passo indietro nel tempo... la bottiglia giusta per l'autunno che verrà...

FIANO DI AVELLINO 2012 - D.O.P. - Ciro Picariello

FIANO DI AVELLINO 2012 - D.O.P. - Ciro Picariello
Niente enologo, niente concimi, approccio artigianale e tanta semplicità affinché il vino possa esprimere al meglio il territorio. Se dici Fiano, Ciro Picariello è un punto di riferimento assoluto.

DOS TIERRAS 2011 - Sicilia I.G.T. - Badalucco de la Iglesia Garcia

DOS TIERRAS 2011 - Sicilia I.G.T. - Badalucco de la Iglesia Garcia
...una fusione eno-culturale vincente, un vino che intriga, incuriosisce e si lascia amare, un vino del sole e della gioia, della bellezza territoriale e popolare che accomuna Spagna e Sicilia.

RENOSU BIANCO - Romangia I.G.T. - Tenute Dettori

RENOSU BIANCO - Romangia I.G.T. - Tenute Dettori
...quello che entusiasma del Renosu Bianco è tutto il suo insieme, dalla sua naturalità alla sua originalità, mantenendo una piacevole semplicità nel sorso...

CINQUE VINI, TRE SORELLE, UN TERRITORIO > TUTTI I ROSSI DEL CASTELLO CONTI... IL POST DEFINITIVO

CINQUE VINI, TRE SORELLE, UN TERRITORIO > TUTTI I ROSSI DEL CASTELLO CONTI... IL POST DEFINITIVO
Conosco e bevo "Castello Conti" da alcuni anni, e provo una profonda ammirazione per i loro vini e per il lavoro "senza trucchi" di Elena e Paola. Da una recente visita con degustazione presso la loro cantina di Maggiora, é nata una sorta di collaborazione appassionata, che mi ha permesso di gustare l'intera produzione di rossi del Castello, che oggi in questo mega-post ho il piacere di raccontarvi alla mia maniera...

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!
da "Le vie del vino" di Jonathan Nossiter... < - In cantina questo Volnay, che qui é a 68 euro, ne costa più o meno 25. Quindi non sono i De Montille ad arricchirsi. Ma quando arriva a Parigi o a New York, il vino costa almeno il doppio che dal produttore. - Quindi per noi che abitiamo in Francia val la pena di andare a comprare direttamente da lui. - Si in un certo senso, il ruolo dell'enoteca in città è quello di aprirti le porte per farti scoprire il tuo gusto personale, e di esserti utile quando hai bisogno di qualcosa rapidamente. Poi spetta a te stabilire una relazione diretta con il produttore >

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!
...Anche se sono un po’ più giovane e indosso il parka con le pins non significa che entro per mettermi sotto il giubbotto le bottiglie di Petrus fiore all’occhiello della vostra enoteca, quindi evitate di allungare il collo o sguinzagliarmi alle spalle un commesso ogni volta che giro dietro allo scaffale.