sabato 26 ottobre 2013

ROSSO DI MONTALCINO 2009 - D.O.C. - Az. Agr. Campi di Fonterenza

...una indiscussa e difficilmente spiegabile componente di rustica autenticità, un tocco rurale, una piccola imperfezione che rendono il vino vero, vivo e sincero... 


Essere (o essermi autodefinito) un indie wine blogger che posta “racconti di eno-esperienze”, significa dover fare tutto da solo, come e quando posso... si cerca di dedicare molto tempo alla causa, ma spesso i minuti sono contati... bisogna guadagnarsi i "piccioli" per comprare le bottiglie di cui scrivere (e non mi piacciono quei post formato web di quattro righe e scritti in 5 minuti). Poi altre mille cose da fare... il tempo che vola e finisce che arrivi sempre dopo rispetto al resto dei wine blog in rete... 

Insomma mantengo nel mio piccolo lo spirito "indie" del blog autogestito "come-meglio-posso"... come anche scrivere con un certo entusiasmo (ma soprattutto ritardo) della bottiglia in questione e soprattutto di Fonterenza, solo anni dopo aver conosciuto e scoperto i vini delle sorelle Padovani (un Terra Trema di qualche anno fa, tra imigliori assaggi) e quando ormai  tutti i blogger italiani (e non solo) hanno già dedicato ampio spazio a questa realtà.
 
Ripasso dal loro banco assaggi qualche anno dopo in quel di Agazzano (Sorgente del Vino vecchia location...), dove questa volta rimango impressionato dal loro olio di oliva, oltre ad avere conferme sulla qualità dei loro vini, un grande Brunello 2007 e un "fresco" Rosso, davvero accattivante, che ho deciso di portarmi a casa... (anche perché avevo già fatto spesa da Monte dall'Ora, sorelle Conti, Emidio Pepe, Ar.Pe.Pe e altri che non ricordo più... quindi Brunello over budget!!) 

Dopo circa un anno e mezzo di rilassante riposo in cantina finalmente stappo il Rosso di Montalcino 2009 e riesco a dedicargli il giusto spazio sul blog... Visto che sono arrivato ultimo sull'argomento e probabilmente sapete già tutto su Fonterenza e il lavoro di Francesca e Margherita Padovani non mi dilungherò troppo.. Dico solo agli ignari lettori spesso confusi di fronte alle innumerevoli cantine di Montalcino, che questa é una delle realtà più interessanti e meritorie della vostra attenzione. 

Riassumendo in breve... la famiglia Padovani possiede un podere in quel di Montalcino (in fraz. Sant'Angelo in Colle), ma vive a Milano.. fino a quando sul finire degli anni 90, Margherita decide di trasferirsi definitivamente in Toscana, raggiunta qualche anno dopo da Francesca... inizia così l'avventura vitivinicola dei Campi di Fonterenza... che ad oggi può vantare 4 ettari vitati e una produzione di quasi 20.000 bottiglie.. Una bella sinergia quella creatasi tra le sorelle, il podere e le vigne... vignaiole autodidatte che hanno inizialmente puntato sull'agricoltura biologica per passare successivamente alla biodinamica, un approccio "naturale", che ha permesso di sfruttare al meglio le potenzialità di un territorio unico, riuscendo a proporre vini espressivi e territoriali. A farla da padrone é ovviamente il Sangiovese, che caratterizza in purezza i rossi della casa, ad esclusione del duo "Lupo" e "Lupetto" a base Cabernet Sauvignon.

Passando alla bottiglia...  annata 2009, 100% sangiovese grosso, imbottigliato ad agosto 2011. Resa di 45ql/ha e produzione di 5700 bottiglie e 180 magnum. Vinificazione in contenitori troncoconici di rover, con affinamento di 20 mesi in rovere di slavonia da 20 e 37 hl.

Rosso rubino intenso dai riflessi quasi violacei, non troppo scuro e concentrato, dimostra una buona dinamicità. Naso deciso e di buona persistenza anche se non travolgente… é un soffio teso e lungo, l'alcool (13.5%vol) scalda il motore senza esibirsi troppo. Naso e palato viaggiano in simbiosi (e quando un vino sa essere un tutt'uno é gran cosa...), con due componenti sugli scudi fino all’ultimo bicchiere… una terrosità di fondo che profuma di sottobosco e autunno, ed un  frutto, fresco, croccante, succoso e ciliegioso… quasi un contrasto nell'amalgama di sensazioni e suggestioni gusto-olfattive che rendono il bicchiere ricco di sfaccettature… note speziate ed erbacee, geranei e garofani, vena minerale... un vino che non perde mai tono… struttura e persistenza, complessità… mai sulle gambe. E' gagliardo grazie ad una tensione sempre viva, territoriale, leggermente rustico ma con una sua eleganza... chiamiamola personalità, credo sia questa la parola giusta, per un Rosso che può dare più soddisfazioni di alcuni "Brunello" che si trovano sugli scaffali.

E' uno dei migliori assaggi fatti per la categoria e a grandi linee, vale quanto già affermato in merito al Nude di Cantina Giardino un paio di post fa. I così detti vini “naturali”, “veri”, “autentici”  o “senza trucchi” che dir si voglia, hanno una marcia in più… e questi ne sono due esempi... il connubio tra un grande terroir che da vita a frutti sani e ricchi, nelle mani di vignaioli coraggiosi e competenti, non può che dare vita ad un grande vino, non solo organoletticamente (cosa che magari possiamo dire anche di un vino “arricchito in cantina”), ma per una indiscussa e difficilmente spiegabile componente di rustica autenticità, un tocco rurale, una piccola imperfezione che rendono il vino vero, vivo e sincero... in grado di comunicare la passione e la dedizione del suo vignaiolo… possono sembrare solo suggestioni… ma quando le ritrovi nel bicchiere si avvertono e fanno la differenza… E' il motivo per cui bottiglie come queste, mi entusiasmano più di alcuni blasonati e costosi vini da tre bicchieri… avranno forse il bouquet pirotecnico e un corpo da culturista, ma alla fine non prendono il cuore e ti rimane solo il portafoglio scarico e un grosso cerchio alla testa.  

Non aggiungo altro a parte ricordarvi l'esborso di 15 euro per aggiudicarmi la bottiglia al banco assaggi, ma credo che oggi in enoteca possa tranquillamente aggirarsi sulle 20 euro... prezzo importante per la categoria... ma con i Campi di Fonterenza siamo in cima alla lista... 

sabato 19 ottobre 2013

KLAUSNER GRAUER BURGUNDER 2012 - Alto Adige D.O.C. - Armin Kobler


...una ventata fresca e tagliente... quello che ci si aspetta da un caratteritico vino di montagna. 


Concludo la prima parte di "Passaggi Etilici" dopo la pausa estiva con un bianco molto interessante (come spesso accade quando si parla di Alto Adige) prodotto da Armin Kobler, vignaiolo altoatesino di cui ho tanto (e bene) sentito parlare, ma del quale, almeno fino ad oggi, non avevo ancora stappato (anzi svitato!) nulla... quindi grande curiosità.

Andiamo con ordine.. casa e cantina di Kobler si trovano a Magrè, provincia di Bolzano, al numero 36 della "Strada del Vino", come dire segno del destino... Praticamente siamo a metà strada tra Bolzano e Trento, nel sud del Sud Tirolo, quasi al confine tra l'Alto Adige e il Trentino. 4.5 ettari vitati, 2 dei quali, consentono una produzione di 14.000 bottiglie, il tutto a partire dalla vendemmia 2006, quando Armin e Monika decidono di utilizzare una parte delle uve per creare una propria linea di vini, mentre il resto del raccolto continua ad essere venduto alla cantina sociale. Diversi i vigneti, tutti dislocati nel comune di Magrè ad un'altezza di poco superiore ai 200 metri, su terreni che si differenziano per composizione... calcarei vicino al paese, sabbio-limosi quelli ad est e a sud. Ogni appezzamento ha il suo vitigno e ogni vitigno da vita ad un vino,  spazio quindi a Chardonnay, Pinot Grigio e Gewurztraminer per i bianchi, Merlot per i rossi. 

Il Kobler-wine che finalmente vado a stappare (svitare) si chiama Klausner, che corrisponde proprio al nome dell'appezzamento acquistato da Kobler nel '72 dove vengono coltivati il Pinot Grigio e Merlot. Esistono quindi due Klausner, uno rosso a base Merlot e il Grauer Burgunder che mi appresto a bere.... si tratta di un vigneto a pergola semplice con oltre 40 anni di età, con densità di circa 3.300 ceppi per ettaro, coltivato su terreni sabbio-limosi. Sia la vinificazione sulle fecce fini che la maturazione, avvengono in acciaio inox. 

Due note sulla bottiglia... perché anche l'occhio vuole la sua parte e una brutta bottiglia non piace a nessuno... bella nell'idea e nel design l'etichetta, dove i rettangoli stanno ad indicare in forma stilizzata i vari appezzamenti, con il rettangolo colorato che indica il vigneto del vino in questione. Curiosità, niente sughero e tappo a vite, produzione limitata a 2500 unità e prezzo medio in enoteca sulle 14 euro.
 
Nel bicchiere veste un giallo paglierino tenue e scarico, fluido, pulito, di grande trasparenza. Naso non troppo complesso ma intrigante. Gioca su note piuttosto fini, dove una venatura dolciastra che ricorda la frutta a pasta bianca (pere, mele) e biancospino, viene accompagnata da una spiccata mineralità rocciosa e verticale, prima di chiudere su note vegetali leggermente amarognole. Naso fresco, fine, pungente, con buona persistenza. La beva percorre la linea olfattiva, vino leggero e fresco, si beve con piacere nella costante alternanza tra le componenti... frutto non troppo maturo, bella acidità e sapidità, vena minerale decisa che rende il sorso sempre teso e pungente… buon corpo e finale più lungo di quanto mi aspettasti, con retrogusto amarognolo assai piacevole. Una componente alcolica piuttosto elevata (14%vol.) che lascia stupiti, considerando che non influisce negativamente la beva, anzi aiuta complessivamente a dare un pizzico di calore e persistenza al tutto… per un vino, che a parte qualche spigolo iniziale, gioca su un equilibrio “quasi” perfetto, fine e leggero ma al contempo teso ed energico.

Che dire, farovolmente colpito da questo Pinot Grigio stilisticamente preciso, apparentemente semplice ma di bella tensione gustativa... Armin Kobler si dimostra vignaiolo attento e capace, preciso e meticoloso nella cura della vigna e nel lavoro in cantina... con l'obbiettivo finale di ottenere il meglio dalle proprie uve...  un cyber vignaiolo sempre pronto ad aggiornare gli appassionati attraverso il suo blog senza veli. 

Insomma c'è tecnica, stile e tanto territorio... se spesso vi siete ritrovati nel bicchiere bianchi alto atesini grassi e robusti, che ricordano certi vini da uve stramature del sud... questo Grauer Bunrgunder non vi deluderà perché é una ventata fresca e tagliente... quello che ci si aspetta da un caratteristico vino di montagna. 

Un vino che in virtù anche dell'ottimo rapporto qualità prezzo, é "quasi" imperdibile.

sabato 12 ottobre 2013

NUDE 2005 - Campania Aglianico I.G.T. - Cantina Giardino

... un tocco di rusticità ed imperfezione lo rendono incredibilmente verace e artigianale… un vino da “mangiare”… se mi passate il termine… un qualcosa in più che onestamente fa la differenza…


Come anticipato nel precedente post dedicato al Lacrima Christi di De Angelis prodotto con uve Piedirosso, resto in zona per parlarvi dell’altro principale vitigno campano a bacca rossa, ovvero l’Aglianico e lo faccio grazie ad un gradito ritorno su questo blog… Torno infatti a scrivere di Antonio e Daniela Di Gruttola e del loro progetto eno-culturale Cantina Giardino, già esplorato qualche mese fa attraverso la “poco felice” degustazione del suo Sophia, mentre oggi mi rifaccio con gli interessi di fronte al suo Nude, probabilmente uno dei migliori Aglianico in circolazione.

Sulla cantina di Ariano Irpino (AV) ho già avuto modo di esprimere tutta la mia stima incondizionata, che va al di là del risultato finale, ovvero il vino, giudicabile in base al gusto di ognuno... Quello che entusiasma é tutto quello che sta dietro ogni singola bottiglia prodotta dai soci/amici di Cantina Giardino... storie di amicizie, di rispetto per la terra, di amore e dissidenza. Storie di valorizzazione del territorio e delle uve autoctone... storie di antichi vigneti recuperati, di vino "naturale" in terra campana (tanto da diventarne esempio e punto di riferimento), storie di anziani conferitori artigiani e contadini, con la volontà di fare cultura e perché no reddito nel territorio.

L'avventura iniziata ufficialmente nel 2003, oggi conta 8 ettari vitati e 25.000 bottiglie prodotte con le autoctone uve raccolte da vigneti con età superiore ai 30 anni... Fiano, Coda di Volpe, Greco di Tufo e Aglianico. Proprio da questa uva si ricava il Nude, il vino più importante della Cantina, in attesa che venga commercializzato il loro ultimo gioiello, un Taurasi Riserva 2007... 

Oggi scrivo proprio del Nude 2005, Aglianico in purezza ricavato da una piccola vigna di un ettaro con quasi un secolo di vita, allevata con il tradizionale sistema della raggiera avellinese. Se ne ricavano circa 3000 bottiglie, produzione artigianale e senza compromessi, figlia di un lavoro rispettoso sia in vigna che in cantina. Lungo affinamento di 3 anni in barriques e tonneaux di terzo passaggio a cui si aggiungono 2 anni di riposo in bottiglia. Il tutto senza alcuna filtrazione e chiarifica, utilizzo dei soli lieviti indigeni e solforosa ridotta a soli 8 mg/l.

Considerando il carattere senza compromessi dei vini di Cantina Giardino e del lungo affinamento ho stappato con oltre un'ora di anticipo, per evitare l'effetto "riduzione" iniziale e lasciare respirare un po' il vino. 
Nel bicchiere un rubino scarico, scuro e profondo dalle sfumature granato, impenetrabile, aspetto da “vinone” ricco di materia ma non troppo concentrato e sorprendentemente fluido e pulito. Naso molto più educato di quanto mi aspettassi… (forse ancora “vittima” di quel Sophia), esprimere potenza e persistenza con buon impatto, vinoso e a tratti saturante, ma che sa essere anche avvolgente con un bouquet caldo e caleidoscopico, ricco di suggestioni che ti costringono a tornare sul bicchiere in un continuo lavoro di ricerca. Una spinta alcolica (14%vol.) che scalda e punge, che sorregge e non prevarica un frutto grosso e intrigante (more e lamponi), spezie piccanti (pepe e chiodi di garofano), erbe aromatiche e una piacevole tostatura di fondo, sigaro, caffè e liquirizia accompagnate da suggestioni mediterranee. Alla beva dimostra un gran carattere, poderoso e strutturato, grande persistenza, trama tannica robusta, con grandi potenzialità di invecchiamento ed evoluzione. Lungo e profondo, è vino di grande impatto, ma che sorso dopo sorso, riesce sempre più a convincere per il suo equilibrio, dimostrandosi intrigante e piacevole, ricco di materia succosa snellita da una spiccata acidità, che ne esalta una beva sempre tesa e ci avvia verso un finale che... sembra non finire mai. Tridimensionale.

Il Nude 2005 è un grande vino, ho appositamente evitato di bermi tutta la bottiglia a cena per avanzare il classico bicchiere del giorno dopo… anzi per una serie di circostanze i giorni sono diventati due! Abbandonato sulla mensola e ritappato con il suo tappo di sughero (niente pompette o altri marchingeni).... al cospetto della naturalità del prodotto e dei pochi solfiti utilizzati, il vino si é rilevato in perfette condizioni ed ulteriormente evoluto, risultando ancora più bevibile, snello ed etereo nei profumi, con un frutto ancora bello vivo. La sua grandezza, come ho già scritto per altri vini che mi hanno entusiasmato, sta proprio nel saper integrare in un solo sorso, carattere e complessità, esprimere la stoffa del “grande” vino, rinunciando ad un po' di eleganza e finezza, ma mantenendo quel un tocco di rusticità ed imperfezione che lo rendono incredibilmente verace e artigianale… un vino da “mangiare”… se mi passate il termine…. un qualcosa in più che onestamente fa la differenza…

Da amante del “Nebbiolo e i suoi derivati”, fatico ad esaltarmi con i rossi del sud, ma in anni in cui la tendenza sembra sempre più puntare ai rossi in stile Borgogna, fa piacere trovare un vino con i “contro cazzi” come questo… buono, tosto, complesso, verticale, artigianale e assolutamente non omologato… Una delle bottiglie "campane" più interessanti che ho bevuto insieme al Nero Nè de Il Cancelliere, non a caso altra realtà "naturale" dell'Irpinia.

Ovviamente un vino del genere non lo portate via per quattro soldi… potete comunque trovarlo qui a 30 euro… cifra che fa pensare… prima di investire 30 euro in una bottiglia ci penso bene… non è che mi pesa spendere 30 euro per un vino… ma voglio assicurarmi che le sto spendendo per la bottiglia giusta ed in questo caso.. il prezzo é giusto e vale il sacrificio...
Per il momento il miglior Aglianico della mia vita.

venerdì 4 ottobre 2013

LACRIMA CHRISTI DEL VESUVIO 2012 - Rosso D.O.C. - De Angelis


...apprezzatelo per la sua schiettezza e freschezza, per la sua capacità di esprimere il vitigno senza ruffianaggini e compromessi…  


Con l’ultimo post abbiamo virtualmente viaggiato fino alla punta d'Italia, oggi rimaniamo a sud ma risaliamo in direzione Napoli, per conoscere e assaggiare un vino prodotto con le uve coltivate sulle pendici del “vulcano dormiente” ovvero il Lacrima Christi. 

Solo apparentemente inattivo, (nelle sue viscere l'attività vulcanica é tutt'altro che estinta), il Vesuvio rappresenta (e ha rappresentato) più una "risorsa" che un "pericolo" per il coraggioso popolo campano, diventando patrimonio di una comunità, che ha saputo sfruttare "le particolarità" che il vulcano conferisce al terreno e raccoglierne i frutti. 

Tra le varie attività agricole che si sono sviluppate in quest'area, ovviamente non poteva mancare la viticoltura… qui la coltivazione della vite e la produzione di vino, hanno origini antiche e attraverso il Lacrima Christi della Vinicola De Angelis, andiamo a scoprirla nella sua versione "rossa". Infatti per realizzare questa tipologia di vino sono utilizzate uve Piedirosso (localmente nota come Palombina) e in percentuali inferiori Aglianico. Siamo quindi al cospetto dei 2 più importanti vitigni a bacca rossa della Campania, anche se nell'area vesuviana é proprio il Piedirosso a farla da padrone, vitigno che meglio si adatta al suolo vulcanico di questa zona.
 

Ci troviamo nell’incantevole Sorrento ed è qui che nasce la vinicola De Angelis nell’ormai lontano 1936. Attualmente sono coltivati a vigneto 7 ettari, ai quali si aggiungono 10/11 ettari di conferenti. Le uve impiantate sono quelle tipiche della zona, come Piedirosso e Greco, vitigni che meglio si adattano al suolo siccitoso (non dimentichiamoci che nel sottosuolo scorre la lava!!), costituito principalmente da terreno vulcanico ricoperto di sabbia che scende verso il mare. Da qui la scelta di rinunciare ai vitigni minori che poco si adattano a questo terreno particolare, tanto che dieci anni fa, si è deciso di estirpare l’Aglianico e reimpiantare solamente Piedirosso.
Con De Angelis si va quindi verso un Lacrima Christi composto esclusivamente da Piedirosso e che attualmente compone già il 95% del blend con l’Aglianico.  Il lavoro di cantina prevede macerazione a freddo per 24h poi con vinificazione di 10-12 gg sulle bucce e affinamento per 5-6 mesi in botti grandi. Vengono utilizzati solo lieviti della bucce.

Nel bicchiere rosso rubino intenso e brillante, pulito e dinamico. Il naso attacca piuttosto deciso e pungente, vinoso con sentore alcolico (13%vol) che scalda le radici, prima di lasciare spazio ad un mix di frutta e spezie,  in particolare bacche rosse e pepe bianco, con accenni floreali (geraneo) in secondo piano. Un naso non lunghissimo e particolarmente variegato, che punta soprattutto sull’immediatezza e sulla freschezza. Al palato prosegue sulla linea di demarcazione olfattiva… snello e fresco, tannino sottile, spiccata acidità per una beva piuttosto tesa, dal frutto croccante e da una discreta sapidità minerale. E’ diretto come un treno e i mesi passati in botte non sembrano averlo calmirato un granché. Girategli alla larga se amate i vini grassi e rotondi… 
Questo Lacrima pecca sicuramente in equilibrio e finezza, non cercate in questa bottiglia eleganza e profondità, ma apprezzatelo per la sua schiettezza e freschezza, per la sua capacità di esprimere il vitigno senza ruffianaggini e compromessi…  
Il Piedirosso è proprio un vitigno da cui si ricavano vini dalla spiccata acidità e dalla bassa tannicità, spesso affinati solo in acciaio, da bere freschi e giovani, nell’arco di 2 o 3 anni. Per questo motivo alcuni produttori preferiscono “mixarlo” con l’Aglianico, che indubbiamente conferisce maggior robustezza e tannicità, passando anche attraverso affinamenti in legno. 

De Angelis, gioca sull’affinamento in botte, cercando di proporre un Lacrima di maggior struttura e longevità (la sua versione è bevibile anche dopo 6/7 anni), ma puntando quasi esclusivamente sul Piedirosso ne esce un vino che rappresenta a pieno le caratteristiche del vitigno… anche se, a causa dell’annata recente da me bevuta (2012), mi sono ritrovato nel bicchiere un vino ancora “verde”, che raggiungerà la sua maturazione ottimale tra un paio di anni … 
Comunque un’idea precisa sul vino me la sono fatta… non è proprio la tipologia che preferisco… (questione di gusti personali), ma in tempi di rivalutazione dei vini “pronta beva” e “poca spesa” può guadagnarsi la sua fetta di mercato e di appassionati.

Detto questo sappiate che De Angelis produce all’incirca 150.000 bottiglie l’anno… una produzione sostanziosa, ma di lui non troverete traccia ne sulle guide, ne su internet… quindi se volete provare il suo vulcanico Lacrima Christi, non vi resta che accapparrarvelo qui. (nella versione 2011)
Rimane comunque un vino espressivo e non omologato.
Amanti dei rossi campani rimanete sintonizzati.. perché la prossima bevuta sarà dedicata al fratello "maggiore" del Piedirosso ovvero l'Aglianico... e non uno qualsiasi... stay tuned!!

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...una fusione eno-culturale vincente, un vino che intriga, incuriosisce e si lascia amare, un vino del sole e della gioia, della bellezza territoriale e popolare che accomuna Spagna e Sicilia.

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CINQUE VINI, TRE SORELLE, UN TERRITORIO > TUTTI I ROSSI DEL CASTELLO CONTI... IL POST DEFINITIVO

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Conosco e bevo "Castello Conti" da alcuni anni, e provo una profonda ammirazione per i loro vini e per il lavoro "senza trucchi" di Elena e Paola. Da una recente visita con degustazione presso la loro cantina di Maggiora, é nata una sorta di collaborazione appassionata, che mi ha permesso di gustare l'intera produzione di rossi del Castello, che oggi in questo mega-post ho il piacere di raccontarvi alla mia maniera...

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!
da "Le vie del vino" di Jonathan Nossiter... < - In cantina questo Volnay, che qui é a 68 euro, ne costa più o meno 25. Quindi non sono i De Montille ad arricchirsi. Ma quando arriva a Parigi o a New York, il vino costa almeno il doppio che dal produttore. - Quindi per noi che abitiamo in Francia val la pena di andare a comprare direttamente da lui. - Si in un certo senso, il ruolo dell'enoteca in città è quello di aprirti le porte per farti scoprire il tuo gusto personale, e di esserti utile quando hai bisogno di qualcosa rapidamente. Poi spetta a te stabilire una relazione diretta con il produttore >

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!
...Anche se sono un po’ più giovane e indosso il parka con le pins non significa che entro per mettermi sotto il giubbotto le bottiglie di Petrus fiore all’occhiello della vostra enoteca, quindi evitate di allungare il collo o sguinzagliarmi alle spalle un commesso ogni volta che giro dietro allo scaffale.