sabato 28 settembre 2013

SCILLA 2011 - Rosso I.G.T. - Criserà Casa Vinicola

...apprezzabile la scelta della cantina di puntare su un vino che sa essere territoriale, senza scendere per facili scorciatoie.


E' indubbio che di Calabria-enoica si parla sempre poco, inutile nasconderlo, nonostante la millenaria storia del vino calabrese é difficile competere (anche qualitativamente) con le più importanti aree vitivinicole di altre regioni italiane. Eppure con un po' di pazienza, la giusta dose di curiosità e fatta tabula rasa di qualsivoglia forma di eno-snobbismo, ecco che da queste parti é possibile scovare cantine e vini di grande interesse. Merito di produttori come Francesco Maria De Franco ("in arte" 'A Vita), che ha ridato dignità ad un vitigno come il Cirò, spesso poco valorizzato e destinato a produzioni massive, merito di un pugno di cantina in grado di preservare tradizioni antiche e portare fino ai giorni nostri quel piccolo tesoro che é il Moscato Passito al Governo di Saracena, merito di "nuove leve" coraggiose e orgogliose come i ragazzi de "L'Acino" e di vignaioli "innamorati"alle propria terra come Lidia Matera e Sergio Arcuri.

Torno quindi con interesse e curiosità a parlare (ma soprattutto a bere) di Calabria, grazie a questa bottiglia di rosso prodotto con un mix di uve autoctone. Siamo in provincia di Reggio, area vitivinicola non conosciutissima ai più, ma dalle origini antiche. La costa occidentale della regione affacciata sullo stretto di Messina é denominata "Costa Viola", ed é caratterizzata da costoni rocciosi a strapiombo sul  mare. Da qui i vignaioli osservano la vicina Sicilia e coltivano la vite, in un paesaggio unico e impervio caratterizzato dalle "armacie", i caratteristici terrazzamenti realizzati grazie ai muretti a secco. Anche in questo caso, non é fuori luogo parlare di viticoltura eroica, quasi una sfida tra l'uomo e la natura, un paesaggio plasmato per dar spazio alla viticoltura, che oggi rappresenta un importante elemento di salvaguardia territoriale. Tra questi suggestivi vigneti incastonati tra il mare e le montagne, sorgono i filari di  Prunesta, Malvasia Nera, Nerello, Gaglioppo e Nocera, tipiche uve autoctone calabresi.

Proprio qui in frazione Catona nel lontano 1800 viene fondata la Casa Vinicola Criserà, gestita dalla famiglia Tramontana, attualmente gestita da quattro fratelli. Si producono oltre 300.000 bottiglie, grazie alle uve (in parti di proprietà e in parte acquistate) provenienti da varie zone della Calabria. 

Come ho scritto sopra, l'area che geograficamente si affaccia sullo stretto, é quella da cui si ricavano i vini più interessanti e con una marcata identità territoriale. Una squadra articolata quella messa in campo da Criserà.. 10 vini rossi, 5 bianchi, 3 rosati e un passito... da cui Andrea "Avionblu" estrae questo Scilla 2011, che vado a stappare. Si tratta di un rosso I.G.T. ricavato dal mixaggio di uve autoctone come il Gaglioppo, il Nerello Mascalese e la Nocera, coltivate sui terreni a medio impasto che si affacciano a "gradinata" sullo stretto.

Di un rosso rubino piuttosto profondo e violaceo con riflessi vivi e brillanti, attacca subito deciso, pungente, vinoso e alcolico (13%vol.), quasi acidulo con sottofondo di note salmastre, affiancato (dopo un po' di ossigenazione) da note ciliegiose con punte speziate. La beva risulta fresca e piuttosto dinamica, leggermente allappante al palato, si distingue per un mix di sensazioni dolciastre e note minerali. Un vino che si mantiene vivo e in un equilibrio (poco perfetto...) tra la rotondità e la morbidezza dolce del frutto e un tannino ancora verde, affiancato da una acidità piuttosto spiccata. Mancano armonia e complessità, lunghezza e profondità, ma si fa apprezzare per la particolarità di alcune suggestioni "marine", per la freschezza della beva e per la croccantezza del frutto.

Non lo troverete nella top list del 2013, ma rimane un vino di buon valore per le sue peculiarità territoriali e per la sua adattabilità alimentare, può "onestamente" accompagnare qualsiasi tipo di pietanza (pesce compreso) ed essere bevuto piuttosto fresco anche nelle calde giornate estive. A me non ha entusiasmato, ma é una questione di gusti personali... insomma con 15 euro passo volentieri ad altro... ma rimane apprezzabile la scelta della cantina di puntare su un vino che sa essere territoriale, senza scendere per facili scorciatoie.

domenica 22 settembre 2013

VANDUJA 2011 - Vigneti delle Dolomiti I.G.T. - De Bacco

Vino autoctono del Bellunese... il valore aggiunto di De Bacco risiede nella salvaguardia dell'autenticità.


Dopo due bianchi torno a scrivere di vino rosso e lo faccio con una bottiglia molto interessante, prodotto da una cantina in ascesa, che negli ultimi anni é riuscita a guadagnarsi l'attenzione degli eno-appassionati. Mi interessa ed incuriosisce questa realtà vitivinicola per una serie di motivi che hanno stimolato la mia curiosità da eno-spugna, sempre pronta ad assorbire e scoprire nuove interessanti realtà...

Procedendo con ordine, partiamo dal luogo in cui é situata la cantina dell'Agricola De Bacco, ovvero Feltre... Seren del Grappa per essere precisi, in provincia di Belluno. Una zona di sicuro interesse storico, naturalistico ed eno-gastronomico, ma indubbiamente se pensiamo al vino in quest'area geografica, subito la mente si sposta una trentina di kilometri a sud, seguendo il corso del Piave, fino ad arrivare a Valdobbiadene. A ridosso delle dolomiti bellunesi invece, poco da segnalare, anche se da queste parti la viticoltura é pratica remota e non a caso la vinicola De Bacco ha radici antiche che risalgono ai primi del '900. 

Siamo in un territorio dove fillossera prima e scelte agricole/commerciali discutibili poi, hanno portato alla scomparsa "quasi" totale dei vitigni autoctoni. Grazie al lavoro lungimirante di alcuni vignaioli, qualche appezzamento é resistito fino ai giorni nostri ed il grande merito di questa cantina, sta proprio nella volontà e capacità di credere ed investire nella valorizzazione dei vitigni storici... é così che oggi possiamo scoprire uve poco conosciute come Pajalonga, Pavana, Trevisana Nera e la Bianchetta. 

L'opera di recupero e valorizzazione di questo piccolo e artigianale patrimonio vitivinicolo, é iniziata nel 2007 grazie alla dedizione e al lavoro dei poco più che ventenni Marco e Valentina, ultima generazione della famiglia De Bacco... dimostrazione del ruolo fondamentale rivestito dalle giovani leve, volenterose di scrivere il proprio futuro partendo dalle radici. 

Tra uve locali e altre di taglio internazionale (Merlot e Chardonnay), i vigneti sono disseminate in piccoli appezzamenti che sorgono a ridosso delle Dolomiti, su terreni ghiaiosi e calcarei. Attualmente sono i 5 vini prodotti, tra bianchi, rossi e i due metodi Charmat, per un totale di circa 20.000 bottiglie, prodotte grazie ad una conduzione attenta e artigianale, con trattamenti limitati in vigna e utilizzo di solforosa ridotto.

Il vino che vado a stappare si chiama Vanduja, annata 2011, il cui particolare nome deriva da Bepi Vanduja, precursore della cantina De Bacco. E' il loro rosso autoctono, ottenuto dall'assemblaggio delle uve tipiche del feltrino come Pavana e Trevisana nera. Rese basse (trai 30-50 ql/ha) con raccolta e selezione manuale delle uve, a cui segue la tradizionale vinificazione in rosso in vasche d'acciaio, con macerazione a temperatura controllata prolungata fino a 25 giorni. Ultimata la malolattica, due mesi di maturazione in acciaio e due in barriques. Gradazione alcolica di 12.5% vol., bottiglia di bella presenza estetica e prezzo di acquisto che si aggira sulle 15 euro in enoeca.

Color rosso rubino con sfumature porpora, pulito e piuttosto elegante. Naso deciso, vinoso e pungente, ma é una folata, si distende su note piuttosto dolci di frutta rossa e spezie con leggero sottofondo erbaceo-vegetale. Non un ventaglio olfattivo particolarmente ampio, ma comunque  apprezzabile, invoglia al sorso. La beva gioca molto sulla piacevolezza, si lascia bere con una certa leggerezza e scorrevolezza, unita ad una polpa appagante e una trama tannica pungente, che non ne scalfisce una complessiva sensazione di morbidezza e rotondità. Il finale torna sulle note dolciastre di frutto e vaniglia... di buona persistenza.

Nel complesso il vino mi é piaciuto... sicuramente ben fatto, tecnicamente senza difetti, convince e lascia soddisfatti, si finisce la bottiglia senza fatica, mantenendo un buona tensione gustativa. Di contro mi aspettavo un vino più "rustico" e meno "piacione", con qualche spunto di originalità in più, in virtù anche della particolarità delle uve utilizzate. Come dire, più "sanguineo", magari anche a discapito della precisione stilistica e della piacevolezza, in grado di marcare maggiormente l'identità territoriale. Sono queste, considerazioni puramente personali, essendo la prima volta che assaggio un vino ricavato da queste uve. Speriamo che in futuro si continui a puntare su l'autoctono, magari con nuovi vini (penso ad esempio alla possibilità di vinificare distintamente le uve), così da proseguire l'interessante percorso di valorizzazione iniziato.

Per quanto mi riguarda una bella scoperta e buon vino, che mi sono gustato con grande piacere.

domenica 15 settembre 2013

GRILLO 2011 - Sicilia I.G.T. - Barraco

...il vino é diretto e sfoggia fin da subito la sua carta di identità... una materia importante arricchita ed equilibrata da un'insieme di sentori e suggestioni che parlano a più non posso di Sicilia e Marsala. Vino non perfetto, ma indubbiamente vivo, vero e viscerale... 


Ripreso il ritmo "bevi e stappa" post vacanza con l'ottima Malvasia di Borgo del Tiglio, pescata dalla cantina, riprendiamo anche Passaggi Etilici, ovvero Simo diVino che assaggia per voi i vini che Andrea di Avionblu mi mette a dispozione... Ad inizio agosto stop di un mesetto per pausa estiva, con la ripromessa di riprendere le degustazioni al mio ritorno... e così é stato... Immaginando che l'inizio di settembre porta ancora con se, atmosfere tipicamente estive... ho chiesto ad Andrea di mandarmi il Grillo di Barraco, perché il mare e il sole della Sicilia sono intrinsechi in questa bottiglia... il che fa ancora molto estate e spazza via i primi grigiori autunnali prealpini. Sapevo cosa aspettarmi, perché il simpatico Nino e i suoi vini non mancano mai alla fiere dedicate, quindi ho già assaggiato il suo Grillo in riferimento alle annate precedenti e avevo proprio voglia di scrivere un post dedicato a questo vignaiolo, che con merito si sta guadagnando il rispetto e la stima degli eno-appassionati.

Per molti eno-fanatici attenti alla rete e appassionati di vini "naturali", questo non é sicuramente un nome nuovo, ma non si sa mai che da queste parti, passi qualche neofito abituato ai bianchi di Firriato e Donnafugata comprati al supermercato e di cui si legge un gran bene su Vini d'Italia (visto che siamo in periodo di anteprime "3 bicchieri"). Quindi drizzate bene le orecchie (anche se dovete leggere) perché in Sicilia c'è molto altro da bere... e in questo caso il termine "Slowfoodiano" del buono-pulito-giusto ci calza a pennello.

Se la Sicilia é un triangolo l'azienda agricola di Barraco si trova proprio sulla punta, in provincia di Marsala.. qui dal 2004 si inizia a fare sul serio, lavorando sui vigneti di famiglia. Circa 7 ettari più un paio in gestione, accuditi con metodi naturali e artigianali, al fine di ottenere vini fortemente complessi e territoriali, in grado di esprimere al meglio il carattere dell'uva. La filosofia di Antonino Barracco é proprio questa, approccio artigianale e rurale alla materia per dare sfogo a vini "liberi", figli del territorio e dell'annata... tecnica e ricerca rimangono in secondo piano, finezza ed eleganza non sono obbiettivi primari, meglio una beva imprecisa, magari spigolosa, ma sicuramente verace e non omologata, perché la qualità del prodotto non si misura con la ripetitività, la precisione e la scienza applicata, ma é figlia della particolarità, della variabilità e dell'imprevidibilità che la natura esprime.

Per questi motivi Barraco punta sui vitigni autoctoni e vinifica le uve in purezza. Grillo, Catarratto e Zibibbo, più Nero d'Avola e Pignatello per i rossi... una piccola produzione di 15.000 bottiglie senza trucchi, una condotta "natur" in vigna, fermentazioni spontanee senza controllo delle temperature, utilizzo di lieviti indigeni non selezionati, solfiti ridotti al minimo necessario ed imbottigliamento senza chiarifiche ne filtrazioni, per ottenere vini artigianali, personali e dalla forte identità.

Il vino che vado a stappare oggi é il Grillo 2011, vinificato in purezza grazie alle uve selezionate da un vigneto ultra trentenne situato su una duna di sabbia ad un kilometro dal mare. La raccolta manuale avviene a fine agosto, quando le uve sono belle mature, poi fermentazione e maturazione in acciaio fino a giugno, con ulteriore affinamento in bottiglia fino a novembre. 

Nel bicchiere giallo oro dalle sfumature bronzo, piuttosto luminoso e concentrato. Il naso é a dir poco esplosivo, bouquet articolato e variegato, leggermente alcolizzato (14.5%vol), scalda il naso attraverso sentori particolari e originali.. la rotondità del frutto a pasta gialla va a braccetto con le note agrumate, ma soprattutto spiccano atmosfere mediterranee, suggestioni marine, note salmastre, con sottofondo minerale e finale con effetto tostato che rimanda alle nocciole e alla frutta secca. La Sicilia, racchiusa in una sniffata!! Yeah!! Al palato é vino generoso, ricco di materia... polposo, caldo e ricco di alcool, ok, ho pensato che non arriverò a fine bottiglia, vino pesantuccio, ma é solo un impressione che dura pochi secondi, la beva si snoda su note ossidative che danno freschezza e slancio. Ritorna il naso... salmastro e sapido, note saline e vegetali... finale lungo ed affascinante con retrogusto di nocciola tostata... 

Se nel precedente post dedicato alla Malvasia di Borgo del Tiglio, ho esaltato la capacità di Manferrari nel plasmare vini complessi e longevi, ma con doti di finezza ed eleganza di grande classe. Con il Grillo di Baracco invece si lavora d'istinto, la complessità e la corrispondenza territoriale non sono per nulla plasmate, il vino é diretto e sfoggia fin da subito la sua carta di identità... una materia importante arricchita ed equilibrata da un'insieme di sentori e suggestioni che parlano a più non posso di Sicilia e Marsala. Vino non perfetto, ma indubbiamente vivo, vero e viscerale... 

Personalmente (ecco adesso qualche super esperto mi scomunicherà dalla lista dei wine blogger) a me questo Grillo, mi ha ricordato certi vini affinati per mezzo di lieviti flor, tipo la buonissima Vernaccia di Oristano di cui ho scritto qualche mese fa (o lo Sherry che fa più figo...), sia per le caratteristiche ossidative e il calore alcolico, sia per le caratteristiche note di nocciole tostate e frutta secca. 

Il Grillo di Barraco poteva rischiare di finire nel calderone dei vini siciliani super-maturati, tutta polpa, zucchero e alcool, invece questo 2011 riesce ad "esplodere" letteralmente nel bicchiere e Nino ha il merito di riuscire a mantenere in buon equilibrio il tutto. Poteva essere un "mapazzone" ed invece é un percorso in crescendo, da cui, cancellati i timori iniziali, ne esco decisamente esaltato. 

Andate a trovare Nino al suo banco assaggi (o meglio ancora in cantina), così oltre a questo Grillo, potrete assaggiare anche il Vignammare, altro bianco da uve Grillo in purezza, ma stilisticamente molto differente da questo. Nel frattempo cliccate qui e iniziate a portarvi a casa questa versione del 2011. Ad ognuno il suo stile, ma anche se siete fanatici della finezza, lasciatevi trasportare da questo vino che é comunque un'esperienza...

domenica 8 settembre 2013

MALVASIA 2009 - Collio D.O.C. - Borgo del Tiglio

Una "semplice complessità", che si traduce in due parole, pulizia e finezza... un sorso che rasenta la perfezione stilistica senza appiattire il carattere e la tipicità dell'uvaggio e del terroir.


Il primo post su Simo diVino dopo la pausa estiva (ebbene si.. anche i blogger vanno in ferie) è sempre un po’ speciale, perché speciale è tornare ha gustare del buon vino in tranquillità dopo 3 settimane di astinenza dal nettare di bacco. Come dire, approfitto dei viaggi estivi per concedermi una pausa da tutte quelle abitudini (tra cui anche quelle più piacevoli, come stappare una bottiglia e scriverne sul blog) che mi coinvolgono per gran parte dell’anno. Se la spina si deve “staccare”, allora meglio farlo nettamente, niente viaggi all’insegna del buon bere, niente tecnologia per rimanere connesso con il web… si abbassa la saracinesca e via… zaino in spalla e chiuso per ferie. 

Ora che sono tornato dal mio giro “massacro” in Cina, con grandi bevute di TsingTao (1 euro la bottiglia da mezzo litro per questa “annacquata” birra cinese, sfido chiunque a non approfittarne...), mi appresto con ritrovato entusiasmo e sete animalesca a stappare una bella e buona bottiglia “made in Italy”. Il ritorno merita una bevuta di livello e lo faccio con un bianco friulano, vuoi perché il clima ancora estivo mi invoglia a “picchiare” due branzini sulla griglia, vuoi perché questa è “involontariamente” un’estate in cui si è parlato molto di Friuli... oltre a Borgo del Tiglio di oggi, alcuni dei bianchi di cui ho scritto recentemente portano il nome di Terpin e Skerk a cui si aggiungono un paio di cene accompagnate da Ribolla e Friulano, senza dimenticare il tam-tam mediatico scatenato dalla "facebookkata-allucinante" di Fulvio Bressan insomma.. tanta "roba" friulana...nel bene e nel male!!

Tornando all'argomento di oggi, visto che manco da un po' e avrete voglia di leggere dei post nuovi, eccovi la Malvasia di Borgo del Tiglio e del suo vignaiolo Nicola Manferrari. Siamo a Brazzano in provincia di Gorizia, piccola frazione del comune di Cormons, nella zona collinare del Collio, famosa per la qualità dei suoi vini bianchi (quasi impossibile bere male da queste parti!!).

Accantonato il giovanil mestiere di farmacista, Nicola inizia a prendersi cura di questo suggestivo borgo in pietra e delle vigne circostanti, dopo la morte del padre, quindi più per necessità che per volontà... ma da quel momento in poi non tornerà più indietro, la sua strada era segnata... vignaiolo! Nel corso degli anni, vendemmia dopo vendemmia, Borgo del Tiglio inizia un percorso di crescita qualitativa, attraverso scelte radicali e personali, spesso controtendenza, forgiando vini con un ben distinto marchio di fabbrica. Quando tutti cercavano di rendere i vini grassi e potenti, quando si guardava al Friuli, capiscuola dei bianchi macerati, Nicola puntava già alla fine complessità dei bianchi di Borgogna e anche oggi mentre molti rinnegano le barriques per l'acciaio, puntando su vini più diretti, beverini ed economici, a Borgo del Tiglio si tira dritto per la propria strada, legni piccoli e vini complessi (anche nel prezzo). Una vinificazione moderna con l'utilizzo sapiente delle barriques, la selezione delle uve, tra i primi a ridurre i trattamenti e tanta meticolosa applicazione/sperimentazione per dare vita alla sua idea di vino perfetto, quando ancora in Friuli si commerciavano bottiglioni a basso e di qualità mediocre.

Attualmente dai circa 9 ettari vitati, vengono prodotte 35.000 bottiglie, molte delle quali destinate al mercato internazionale. Dai caratteristici uvaggi friulani, come Tocai e Malvasia Istriana, a quelli più internazionali come Chardonnay, Riesling e Sauvignon, tutti contraddistinti da una precisa nota stilistica. In abbinata anche il Milleuve (bianco e rosso) e il progetto marchigiano di Contrada Tenna. Tre i vigneti principali... il Brazzano proprio attaccato al Borgo, il Cà delle Vallade e il Ruttars. Vigne di età variabile, che in alcuni casi raggiungono anche i 50 anni di età, rese volutamente basse, gestione accurata e utilizzo delle uve migliori per i vini da bottiglia (nelle grandi annate vengono prodotte le versioni "selezione"), mentre il restante viene venduto come sfuso, in quantità variabile nel rispetto qualitativo di ogni singola annata. 

L'equilibrio e la qualità delle uve é di grande importanza, così come il sapiente lavoro in cantina, quindi selezioni attente, gestione separata delle uve e un approccio "sottrattivo" alla materia, perché i vini non si pasticciano... fino alla scelta stilistica di vinificare in fusti di legno francese da 250 litri.

Il tappo che faccio saltare oggi é della Malvasia 2009, versione etichetta bianca (c'è anche la selezione "etichetta nera" per questa ottima annata), bottiglia stilosa ed elegante, venduta tra le 22-25 euro in enoteca (quasi il doppio per la selezione). Quindi prezzi importanti per un bianco "base" ma che parte da standar qualitativi elevati. Vinificazione e affinamento (1 anno) in barriques, pressatura soffice e leggera filtrazione per gravità. 

Di un giallo paglierino tenue e piuttosto scarico, limpido e fluido... visivamente esprime una piacevole sensazione di leggerezza. Naso ricco e complesso, ma senza mai eccedere in spigoli e forzature, è una brezza fine, leggera ed elegante.. capace di esprimere il carattere dell'uvaggio senza dover mai alzare la voce. Lentamente, in un amalgama perfetto, si apre una varietale articolata che ci solletica il naso… le note aromatiche della Malvasia tra il dolciastro del frutto maturo e l’amarognolo degli agrumi, poi il tuffo in un campo fiorito, la vena minerale del suolo roccioso, il calore del legno. Una "semplice complessità", che si traduce in due parole, pulizia e finezza. La beva scivola via piacevolmente sulla stessa linea stilistica che ne ha contraddistinto l'olfatto... fine ed elegante, con un sorso di grande appagamento, per un vino che sa mantenere una vibrante tensione, ma senza affilare troppo la lama, lasciando una piacevole sensazione di "morbidezza cremosa", supportata da una leggera acidità che conferisce ulteriore freschezza e dinamicità, in un equilibrio perfetto tra le componenti, per un sorso che rasenta la perfezione stilistica senza appiattire il carattere e la tipicità dell'uvaggio e del terroir.

La stoffa del grande vino c’è tutta… la classe del campione, che con semplicità apparente, riesce a racchiudere una beva ricca e piena, strutturata e longeva.. per un vino che non ti stanchi mai di bere. Manferrari mi ricorda un folk singer, di quelli schivi e poco inclini a farsi fotografare per Rolling Stones, di quelli che riescono a stregarti seduti su uno sgabello solo voce e chitarra acustica. Non c'è bisogno di caricare il pezzo con inutili marchingeni ed effetti speciali... la canzone esce perfetta già così, incredibilmente ricercata e raffinata, quanto pop... te ne innamori al primo ascolto e ti emozioni ogni volta che la senti, affascinato da tutte quelle sfumature intriganti, solo apparentemente celate dalla semplicità del chitarra e voce...

L'avventura di Nicola Manferrari prosegue dritta e lontano dai riflettori da oltre 30 anni (difficilmente ne troverete traccia sulle guide), ma abbiate l'accortezza di cercare i suoi vini... sono purtroppo un po' costosi, almeno per chi come il sottoscritto, comprare un bianco da 25 euro diventa impegnativo, ma credo che valga un sacrificio anche in virtù della longevità dei suoi vini. Forse questo é stato l'unico neo di questa mia bevuta... aver avuto fretta di stappare... per quanto incredibilmente perfetta, ancora 3 o 4 anni di cantina avrebbero ulteriormente esaltato questa Malvasia in espressività e complessità. I grandi vini si sa, bisogna saperli aspettare e cogliere...(dalla cantina!!)

Raramente capita di bere vini così articolati e al contempo equilibrati e bevibili... fini ed eleganti, in una regione che si contraddistingue per i bianchi macerati (potremmo a questo punto aprire un dibattito sui bianchi friulani... meglio vinificazione in bianco o in rosso?), tanto che non sono riuscito ad avanzare il bicchiere del giorno dopo e mi sarei spazzolato molto volentieri un'altra bottiglia di questa Malvasia la sera stessa, se solo ne avessi avuta un'altra in cantina... Siccome non voglio farvi mancare nulla e le gioie vanno condivise, vi dico anche dove potete acquistare i vini del Borgo... (clicca qui). Alla prossima recensione perché mi aspetta un'altro grande bianco di territorio, ma dallo stilo molto differente... per l'autunno e i vini rossi posso ancora aspettare...
 

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Serdiana prov. di Cagliari, a pochi metri da dove nasce il vino status symbol dell'enologia sarda, troviamo una bella realtà di bio-resistenza contadina...

RIBOLLA GIALLA 2013 - I.G.P. delle Venezie - I Clivi

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Una ribolla che è un soffio di vento... lontani anni luci dai bianchi "tamarrosi" a pasta gialla, tropicalisti, dolciastri, bananosi e polposi.

BARBARESCO CURRA' 2010 - D.O.C.G. - Cantina del Glicine

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...piccola, artigianale, familiare, storica… un passo indietro nel tempo... la bottiglia giusta per l'autunno che verrà...

FIANO DI AVELLINO 2012 - D.O.P. - Ciro Picariello

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Niente enologo, niente concimi, approccio artigianale e tanta semplicità affinché il vino possa esprimere al meglio il territorio. Se dici Fiano, Ciro Picariello è un punto di riferimento assoluto.

DOS TIERRAS 2011 - Sicilia I.G.T. - Badalucco de la Iglesia Garcia

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...una fusione eno-culturale vincente, un vino che intriga, incuriosisce e si lascia amare, un vino del sole e della gioia, della bellezza territoriale e popolare che accomuna Spagna e Sicilia.

RENOSU BIANCO - Romangia I.G.T. - Tenute Dettori

RENOSU BIANCO - Romangia I.G.T. - Tenute Dettori
...quello che entusiasma del Renosu Bianco è tutto il suo insieme, dalla sua naturalità alla sua originalità, mantenendo una piacevole semplicità nel sorso...

CINQUE VINI, TRE SORELLE, UN TERRITORIO > TUTTI I ROSSI DEL CASTELLO CONTI... IL POST DEFINITIVO

CINQUE VINI, TRE SORELLE, UN TERRITORIO > TUTTI I ROSSI DEL CASTELLO CONTI... IL POST DEFINITIVO
Conosco e bevo "Castello Conti" da alcuni anni, e provo una profonda ammirazione per i loro vini e per il lavoro "senza trucchi" di Elena e Paola. Da una recente visita con degustazione presso la loro cantina di Maggiora, é nata una sorta di collaborazione appassionata, che mi ha permesso di gustare l'intera produzione di rossi del Castello, che oggi in questo mega-post ho il piacere di raccontarvi alla mia maniera...

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!
da "Le vie del vino" di Jonathan Nossiter... < - In cantina questo Volnay, che qui é a 68 euro, ne costa più o meno 25. Quindi non sono i De Montille ad arricchirsi. Ma quando arriva a Parigi o a New York, il vino costa almeno il doppio che dal produttore. - Quindi per noi che abitiamo in Francia val la pena di andare a comprare direttamente da lui. - Si in un certo senso, il ruolo dell'enoteca in città è quello di aprirti le porte per farti scoprire il tuo gusto personale, e di esserti utile quando hai bisogno di qualcosa rapidamente. Poi spetta a te stabilire una relazione diretta con il produttore >

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!
...Anche se sono un po’ più giovane e indosso il parka con le pins non significa che entro per mettermi sotto il giubbotto le bottiglie di Petrus fiore all’occhiello della vostra enoteca, quindi evitate di allungare il collo o sguinzagliarmi alle spalle un commesso ogni volta che giro dietro allo scaffale.