sabato 25 maggio 2013

AYSE Brut - Vin de Savoie A.O.P. - Domaine Belluard et Fils


...non posso che esaltare questo brut per la sua bontà e la sua perfetta sinergia tra la sapidità e la spuma che si dissolve lentamente sul palato lasciando una bella sensazione di freschezza, quasi a creare territoriali suggestioni alpine. 

Preparatevi nelle prossime settimane a qualche “novità” o meglio a qualche vino non proprio classico per questo blog… Avionblu mi ha proposto di assaggiare alcune bottiglie particolari. Non solo quella di oggi, ma parleremo anche di birra vinificata con uve moscato, sidro di mele, un rosso di Ibiza aromatizzato al timo e il progetto Pandora per arrivare a produrre il vino meno nocivo del mondo!! Quindi un po’ di cose nuove e particolari… e allora se in fatto di bollicine, Francia vuol dire soprattutto Champagne, noi oggi partiamo con uno spumante della Savoia.

Prima di iniziare con la degustazione permettetemi una piccola introduzione, perché i lettori più attenti si staranno domandando come mai dedico spazio ad uno spumante, visto che ho sempre dichiarato di non avere un grande amore per il vino con le bolle. Certo qualche buona bottiglia di champagne mi é capitata (Ruinart, Philipponnat), ma al di là del piacevole brindisi, non sono bastate per convincere il sottoscritto, ad interessarsi al mondo delle bollicine. Ho quindi pochi assaggi alla spalle e conoscenze limitate in materia, ma proverò comunque a raccontarvi (spero degnamente) di questa bottiglia e del suo produttore, perché il buon Andrea me l’ha presentata come un ottimo spumante metodo classico di stampo francese.

Siamo ad Ayse, nella valle dell'Arve, tra il monte Bianco e il lago di Ginevra. Qui nel 1947 nasce il Domaine Belluard, che attualmente é gestito da Dominique... La particolarità di questo Domaine é sono i 10 ettari di vigneti, coltivati con un'uva a bacca bianca chiamata Gringet praticamente sconosciuta e che si coltiva solo qui. Una piccola appellation di circa 22 ettari, quasi la metà nelle sapienti mani di Dominique, mentre una dozzina di piccoli produttori si spartiscono i restanti 12 ettari. Le viti di circa 50 anni, sorgono a circa 450 metri su un terreno roccioso, composto da sedimenti calcareo-argillosi e piccoli ciotoli. Per valorizzare questo vitigno, si é praticato un importante lavoro di valorizzazione del terroir, rivitalizzando il suole e le vigne, passando all'agricoltura biodinamica e sostituendo all'acciaio delle particolari vasche a forma di uovo in cemento naturale. 

Il Brut in questione denominato semplicemente Ayse,  altro non é che uno spumante prodotto con il metodo champenoise. Un Crémant per dirla alla francese, prodotto con uve Gringet in purezza, con 2 anni di affinamento sui lieviti prima della sboccatura.

Verso e trovo uno spumante di bella eleganza, nel suo giallo luminoso dai riflessi oro, sovrastato da un bella spuma soffice e gonfia che si dissolve in pochi secondi. Il suo punto di forza è indubbiamente il perfetto equilibrio tra le componenti gusto-olfattive. Morbido, fine, snello e leggermente cremoso nella spuma, di bella fragranza al naso senza dimenticare una decisa punta minerale di grande slancio. Entusiasma soprattutto alla beva, buonissimo riempie bene la bocca come il morso ad un croissant, ma con delicatezza e fluidità invidiabili. Una beva fresca, vibrante e appagante. 

Soprattutto per chi come il sottoscritto, non ama molto le bolle “artificiose” che spesso gonfiano, qui si ha una piacevole sensazione di naturalezza proprio nelle bollicine, soffici e perfettamente dosate… Nello scusarmi per la scarsa “tecnicità” del giudizio, non posso che esaltare questo brut per la sua bontà e la sua perfetta sinergia tra la sapidità e la spuma che si dissolve lentamente sul palato lasciando una bella sensazione di freschezza, quasi a creare territoriali suggestioni alpine. 

E' la parola inesperta di un bevitore della festa, ma sono sicuro che anche gli appassionati del genere, possono trovare grande soddisfazione con questo spumante nel calice. Il prezzo é sulle 22 euro, ed in tempo di crisi, può essere una valida alternativa francese ai più costosi champagne. Provatelo, bello fresco al tramonto con in sottofondo (ma neanche più di tanto…un po’ di volume ci vuole!!) Odelay di Beck… album straordinariamente godibile e a suo modo originale… un po’ come questo Ayse… ma fate attenzione... un binomio del genere può creare dipendenza.
 

sabato 18 maggio 2013

SER BALDUZIO 2006 - Montepulciano Gran Cru Riserva - Marche I.G.T.- Az. Agr. Fiorano

...torno a tessere le lodi pro-Fiorano, anche perché quello che mi scolo oggi é il loro vino più importante, il gran cru della casa, insomma il pezzo forte... e non potevo esimermi dal mio ruolo di raccontastorienoiche!!


Chi segue il blog sa bene di chi parlo, perché questa é la sua terza bottiglia che stappo e vi racconto. Un viaggio in crescendo tra i vini di una delle più interessanti realtà biologiche italiane. Punto di contatto che mi ha permesso di conoscere Paolo, scoprire e acquistare i suoi vini (ma meritano una menzione anche l'ottimo extravergine e soprattutto la grappa) é l'annuale e imperdibile appuntamento con la fiera mercato del Leoncavallo "La Terra trema" (leggi qui come é andata l'ultima edizione!).

Rischierò quindi di ripetermi raccontandovi del Ser Balduzio di Fiorano, avendo già scritto dei post in merito ad altri due vini della casa, come
il Rosso Piceno "Terre di Giobbe" (che ironia della sorte, ho ritrovato sul tavolo dei compagni vignaioli di Aurora, segno anche loro apprezzano i vini "del milanese") e l'eccellente pecorino "Donna Orgilla" (che non a caso ho inserito tra "I migliori stappati del 2012" per Simo diVino), oltre che vino Slow 2012).

Corro quindi il rischio e torno a tessere le lodi pro-Fiorano, anche perché quello che mi scolo oggi é il loro vino più importante, il gran cru della casa, insomma il pezzo forte... e non potevo esimermi dal mio ruolo di raccontastorienoiche!!

Per chi non ha letto i due post precedenti e ancora peggio, non conosce questa interessantissima realtà vitivinicola marchigiana, vi dico solo che Paolo era un milanese che si occupava di dentiere, ma dal 2003 (direi senza alcun pentimento), vive a Cossignano (AP) ed é uno splendido vignaiolo marchigiano, ed insieme alla moglie Paola, gestisce anche un bellissimo agriturismo, incastonato in un paesaggio collinare emozionante. 12 ettari di cui 5 a vigneto, gestiti a regime biologico certificato, con le uve locali a farla da padrone, Montepulciano e Sangiovese per i rossi, Pecorino per i bianchi... una conduzione ecosostenibile della vigna, unita ad una produzione di stampo artigianale ma con attrezzature moderne, hanno consentito nel giro di pochi anni di arrivare alla realizzazione di circa 30.000 bottiglie di convincenti vini naturali, territoriali e caratteristici.

Il vino di cui vi scrivo oggi é dell'annata 2006 e si chiama Ser Balduzio, un Montepulciano riserva che rappresenta il gran cru della cantina. L'ho acquistato alla Terra Trema di due anni fa direttamente da Paolo per 16 euro, ma credo che attualmente passi le 20 se vi indirizzate ad una enoteca.

Classificato come Marche Rosso I.G.T., si tratta di un Montepulciano in purezza ricavato dalle uve del piccolo vigneto Fraticelli (0,7ha), con oltre 10 anni di età ad inerbimento spontaneo, con concimazioni a base di sovescio. Il terreno in cui sorge é di tipo argilloso, la densità di impianto arriva a 4500 piante, con una produzione media di 1,5kg per ceppo. Il Ser Balduzio é vino dal grande affinamento, ci vorranno ben 4 anni prima di vederlo sugli scaffali. I primi 2 li passerà in botti di rovere francese da 10 hl , prima di passare in tonneaux di rovere di slavonia da 5 hl per 12 mesi e concludere (senza alcuna filtrazione) con un anno in bottiglia. Produzione di questo cru, vicina alle 3500 unità.

Come previsto, in virtù della materia prima in purezza, nel bicchiere il Ser Balduzio si presenta con un aspetto decisamente “montepulcianoso”; vestito di un rosso rubino scuro e concentrato, profondo e di bella eleganza, senza risultare eccessivamente inchiostrato e denso. Il naso spinge vinoso e alcolico (14.5%vol.), mettendo in evidenza i risultati del lungo affinamento in legno. Alle note più morbide e tondeggianti della frutta nera matura si mischiano i più pungenti sentori speziati, le note erbacee e una leggera tostatura di fondo. Un naso interessante a cui forse manca un po’ di slancio e di apertura (almeno in riferimento a questa annata), ma che sa evolvere ed intrigare, costringendomi a ripetute e “curiose” sniffate. Vino di corpo e struttura importante, riempie bene la bocca, dimostrandosi polposo e di coinvolgente rotondità. La trama tannica è maestosa e viva, pur senza spigolature, la frutta è matura e il legno presente, ma la beva non risulta mai seduta o faticosa. Il vino mantiene una discreta dinamicità e una buona finezza, una freschezza di fondo che gli conferisce slancio (oltre a dimostrarne la longevità) abbinata ad una giusta dose di eleganza ma anche rusticità. Il finale è lungo, profondo e scuro.

Non sono un fanatico del genere, ma il Ser Balduzio ha buone carte da giocare per farsi apprezzare anche da chi non impazzisce per il Montepulciano. Non solo per l’aspetto produttivo eticamente condotto da Fiorano, ma anche per la soddisfazione che regala alla beva. Pur senza punte di eccellenza estrema, la chiave di volta di questo gran cru, sta proprio nell’evitare di esasperare troppo le caratteristiche organolettiche del vino. Troppo spesso ho ritrovato nel bicchiere vini caricati a forza, legnosi, zuccherosi e marmellatosi. In questo caso invece, sa esprime le caratteristiche dell’uvaggio, dimostrandosi vino spesso ed importante, senza rinunciare alle note più pungenti e ad una discreta dinamicità, che lo rendono disteso e scorrevole.  

Ovviamente non si offende se dimenticato in cantina, ancora meno se lo abbinate a qualche piatto rustico marchigiano, magari a base di selvaggina. Un vino che dimostra personalità e che poco ha da invidiare ai best seller della categoria, a dimostrazione della validità del lavoro svolto da Fiorano.

domenica 12 maggio 2013

ANISOS 2009 - Vallagarina I.G.T. - Eugenio Rosi

...mi racconta la sua storia, fatta di scelte importanti e anche di sacrifici, la scelta di dire no all'agricoltura industriale e tornare a fare il contadino, ad essere un vignaiolo artigiano.


Ho avuto il piacere di conoscere e stringere la mano ad Eugenio Rosi a Vini di Vignaioli il novembre scorso... prima lo incrocio dalla Dalzocchio, mentre assaggio un po' di annate del suo Pinot Nero e poi lo ritrovo al fianco di Crealto. Mentre "sgranocchio" una sorsata di Grignolino anarchico, Eleonora mi consiglia di assaggiare un vino particolare che si chiama Ciso, indicandomi il suo banchetto.  Non mi resta che mettermi in coda e attendere il mio turno... Eugenio si accorge della mia paziente attesa e per ripagarmi mi dedica un po' di tempo raccontandomi la sua storia e facendomi assaggiare tutti i suoi vini. Lo sguardo, le mani, le parole, esprimono tutta la passione e le energie profuse da anni su e giù tra i filari delle montagne trentine. La sua storia é segnata da passi importanti e sacrifici, nel dire no all'agricoltura industriale, per tornare a fare il contadino, ed essere un vignaiolo artigiano e indipendente.

Oggi con circa 6ha vitati, riesce a produrre 20.000 bottiglie l'anno, con l'autoctono Marzemino come vitigno principale. Siamo in Vallagarina, a Calliano... dove é situata la cantina di affinamento. Qui Eugenio mette in opera le sue conoscenze enologiche... sperimenta, elabora, mixa... come un vero artigiano nella sua bottega. Estro e lavoro, un po' visionario e molto contadino, Rosi è riuscito in breve tempo a realizzare vini caratteriali, valorizzando i vigneti con l'agricoltura naturale e un lavoro di cantina artigianale e senza trucchi. Ma anche il ritorno all'appassimento delle uve per il Marzemino, l'utilizzo di vecchie botti in ciliegio, fermentazioni naturali, bianchi vinificati in rosso, assemblaggi di annate diverse, solforosa ridotta all'osso, nessuna filtrazione. Eugenio è membro de "I Dolomitici" (vignaioli trentini uniti nei valori per preservare la viticoltura autentica e artigianale) e con il suo lavoro ne rappresenta l'essenza, diventando uno dei più apprezzati vignaioli trentini del nuovo corso.

Il vino che vado ad assaggiare si chiama Anisos (vino disuguale), annata 2009, vino bianco  prodotto con uve Chardonnay, Pinot Bianco e Nosiola, coltivate in zone ed altitudini differenti, con la percentuale di Nosiola in continuo aumento anno dopo anno. Si tratta di un bianco macerato, con fermentazione spontanea a contatto con le bucce per un periodo variabile dai 4 ai 12 giorni. L'affinamento dura circa un anno in piccole botti di rovere da 5hl, così come quello in bottiglia.

Nel bicchiere si presenta subito con le tonalità dei vini macerati, un giallo concentrato dalle sfumature ocra, leggermente velato e non particolarmente snello. Siamo comunque lontani da certi "iperconcentrati" macerati aranciati. Sia al naso che al palato apre su note "piene" e dolciastre, frutta a pasta  bianca, che mi ricordano le pere e le mele della Val Venosta, dolci e succose, che un coltivatore Trentino mi consegna con il suo furgoncino. Ma è solo un punto di partenza, giusto quel tocco per convincerci fin da subito... poi ne vien fuori la complessità e il carattere affilato, accenni di agrumi gialli (limone e pompelmo) avvolti da sentori di frutta secca, ma soprattutto suggestioni "alpine", grazie ad una importante vena minerale, roccia di montagna e fiori di campo. Tra il dolce e l'amarognolo, in una piacevole tensione gustativa. Anche la beva prosegue su questo binomio/contrasto. Inizialmente tondeggiante e succoso, ad avvolgere e riempire il palato, prima di evolvere verso un finale più pungente e amarognolo, che abbandona la frutta per virare su note erbacee e minerali.

Un grande vino bianco, soprattutto per la sua completezza, sia gusto-olfattiva, sia nella beva sempre piacevole e snella, mai pesante e di grande appagamento. Eugenio riesce "naturalmente" a proporre un vino gustoso e ricco di nerbo, appagante e vibrante, dimostrando che si possono proporre bianchi macerati di grande slancio e freschezza, senza dimenticare quel tocco di artigianalità, che lo rendono (oltre che eccellente), "vero" e mai omologato.

Bravo Eugenio, mi avevi convinto all'acquisto della bottiglia con quell'assaggio a Fornovo, ed ora che è vuota, non posso che affermare di aver avuto delle buone sensazioni quel giorno, che dopo tanti assaggi (e si ho assaggiato tutti i vini di Rosi ma partendo dai rossi!! satanici...) il mio stupore per l'Anisos non era solo figlio delle suggestioni dovute alle parole e al fascino da vignaiolo di Eugenio. Era buono allora come oggi... ecco, per quanto la definizione di "vino buono" possa essere soggettiva nella descrizione di un vino (e quindi poco utile per il lettore), mi sento di definire l'Anisos con una sola parola... buonissimo.

Non so a quanto gira in enoteca, me l'ha venduto per 15 euro al banco assaggi, quindi dovremmo essere sulla ventina in negozio... il consiglio é comunque di assaggiare tutti i vini in sua compagnia (prossimamente scriverò anche del suo Marzemino... forse uno dei migliori nella categoria). Eugenio sa bene che il vino é convivialità,  condivisione, ed esperienza comune, ha scelto di fare il vino per stare in campagna... la sua tana è una "cantina aperta"... quindi fatevi sotto... per un'esperienza che ricorderete a lungo, un viaggio nel mondo del vino artigianale e autentico. Tanti piccoli e bravi produttori si sono messi in luce dalle montagne trentine e come avevo scritto per un altro produttore della zona (Mattia Filippi)... anche per Eugenio il legame terra-uomo-cielo é più forte che mai.

domenica 5 maggio 2013

MEMORIE DI VITE CGN 2010 - Quartomoro

Un progetto che attraverso il vino vuole racchiudere e portare sulle nostre tavole storia, cultura, personaggi e tradizioni della viti-cultura sarda.


Ed eccomi arrivato alla fine, ultima bottiglia stappata delle cinque dedicate alla rassegna "La mano dell'enologo". Ho assaggiato vini diversi tra loro, non solo per le differenti provenienze, tipologie di uve e territori, ma anche per le diverse impronte dei loro enologi. Sono partito da un grande classico dal respiro internazionale come il Montevetrano firmato da Cotarella , passando per i "vulcanici" vini di Salvo Foti e quelli "cosmici" di Mattia Filippi, per concludere oggi con Piero Cella e la sua "creazione" Quartomoro di Sardegna "micro-azienda in evoluzione".

Come per i Vigneri anche in questo caso, parlerò solo in un secondo momento del vino stappato, perché tutto quello che c'è dietro mi sembra più importante del risultato finale... l'idea, il progetto, il territorio, la cultura che il vignaiolo vuole esprimere attraverso i suoi vini, sono il punto focale del progetto.

Per raccontare di Quartomoro dobbiamo partire da Piero Cella, enologo-vignaiolo innamorato della vite e della Sardegna... qui ha imparato il mestiere di famiglia, prima di collaborare con l'uomo che ha "rilanciato" il vino sardo, Giacomo Tachis, per poi firmare i vini di alcune importanti cantine, dal taglio moderno di Mesa, ad un pezzo di storia come Contini (di cui ho già scritto, in merito alla sua superba Vernaccia), prima di tuffarsi insieme a Luciana Basso in una nuova e ambiziosa avventura che coinvolge tutta l'isola dei quattro mori.

Quartomoro di Sardegna é una piccola cantina con sede ad Arborea in provincia di Oristano (paese che diede i natali a mia madre..), qui Piero sperimenta, unisce tecnica e tradizione, lavoro e passione, con lo scopo ultimo di ottenere vini, espressione della terra e della cultura sarda, nel rispetto dell'ambiente e della biodiversità che questo territorio unico sa esprimere, intervenendo il meno possibile sia in vigna che in cantina. Conoscenze, esperienza, passione e dedizione confluiscono nel progetto Òrriu che "ha l’ambizione di recuperare la tradizione vinicola della Sardegna intrecciandola al presente"... un intreccio tra passato e presente, tra uomini e territorio, tra lavoro e cultura. 

Si vogliono quindi andare a scovare e valorizzare "le perle viticole"... un'idea definita "Memorie di Vite", un viaggio in terra sarda alla ricerca delle vigne più vecchie, dei vitigni autoctoni, dei vignaioli autentici... un viaggio nella memoria storica attraverso i racconti dei contadini più anziani. Un progetto che attraverso il vino vuole racchiudere e portare sulle nostre tavole storia, cultura, personaggi e tradizioni della viti-cultura sarda.

Sempre in continua evoluzione e ricerca, Piero vinifica 5 quintali per tipo di uva, provenienti dai vecchi vigneti delle aree più vocate, vigne ad alberello senza irrigazione, vigne a piede franco gestite sempre dallo stesso contadino. Il Carignano di S. Antioco (CI), il Cagnulari di Usini (SS), il Bovale spagnolo di Terralba (OR), il Nuragus del Basso Campidano (CA), ma anche il Moscato, la Malvasia di Bosa, il Cannonau di Mamoiada, il Monica di Dolianova, la Vernaccia e il Vermentino. Un vero e proprio viaggio da nord a sud con l'obbiettivo ultimo di proporre vini unici ed espressivi. Qui "la mano dell'enologo" é decisamente essenziale, é l'uva che deve parlare, quindi il raccolto non é mai tardivo, si utilizzano lieviti neutri, l'uso della solforosa é limitato, la maturazione avviene solo in acciaio inox (circa 6 mesi) con imbottigliamento precoce e filtrazione leggera. 

Nella vasta (quanto numericamente limitata) proposta di Quartomoro spicca sicuramente il brut metodo classico, che ha ottenuto anche alcuni importanti riconoscimenti, mentre il vino che oggi vado ad assaggiare é denominato semplicemente CGN (così come gli altri vini NRG, BVL, CRG ecc...) dove la sigla della piccola ed essenziale etichetta, sta ad indicare la tipologia di uva utilizzata. Nel mio caso CGN sta per Cagnulari, vitigno tipico della regione del Coros, nel nord dell'isola, in provincia di Sassari. Particolare la bottiglia "panciuta" in vetro scuro e il tappo metallico a corona, un design innovativo e dal gusto moderno, per una versione aggiornata delle bottiglie di una volta.
 
Stappo con almeno un’oretta di anticipo... ero un po’ prevenuto, temevo di ritrovarmi nel bicchiere un vino in stile “Tanca Li Cati” stappato qualche mese fa e prodotto da quell’anarchico di un vignaiolo che é  Gianfranco Manca. Vino torbido e dalla marcata acidità volatile… ed invece quando ho stappato nessuno scherzo, a dimostrare che l’esperienza sul campo di un enologo come Piero Cella ha la sua importanza, anche quando si producono vini “figli” della vigna e senza trucchi in cantina. Già alla vista il vino risulta snello, non troppo concentrato e di bella pulizia nelle sua tinta rubino pastello. Una piacevole sensazione di semplicità. Anche al naso fila via liscio, la classica "puzzetta" che ogni tanto ritroviamo nei vini "natur" é presente ma in maniera molto lieve, quasi sottotraccia, fino a scomparire del tutto nel bicchiere del giorno dopo. Spesso in Sardegna troviamo vini dalle tinte forti, potenti, concentrati, ricchi di zuccheri e dalla gradazione alcolica elevata... questo CGN invece punta sul carattere ma anche su una buona eleganza e leggerezza, quasi non ti accorgi dei suoi 13.5%vol. Si beve con grande piacere soprattutto a tavola, grazie ad un'ottima attitudine alimentare, alla sua scorrevolezza e alle sue note varietali, dove la protagonista é prima di tutto l'uva fresca, contaminata da tutto quello che gli sta intorno, erbe, fiori, terra... quasi a ricordare la semplicità dei vini di una volta, del buon bicchiere quotidiano.

Un vino interessante nella sua essenzialità... che merita sicuramente l'attenzione degli appassionati... sia per chi va alla ricerca di un vino originale e non omologato, sia per chi ama i vini di territorio. Di sicuro merita un plauso Piero Cella, abile enologo che ha voluto rimettersi in discussione per la sua amata Sardegna. Potete trovare il CGN qui per poco più di 15 euro... non sono poi molte per un viaggio nella viticoltura sarda meno conosciuta. Applauso. Lunga vita al progetto di Quartomoro sempre in evoluzione.

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Il solito grande classico di fine anno... puntuale come il mercante in fiera, eccovi la playlist di questo 2015...

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...ritroverete in questo sorso di Gattinara un vino autentico… Il collegamento imprescindibile di vigna, uomo e terra.

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PINOT NERO 2010 - Toscana I.G.T. - Voltumna

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Se avete passato uggiosi pomeriggi a consumare i vinili di Joy division, The Cure, Siouxsie and the Banshees, Bauhaus... non potete rimanere indifferenti al pinot nero di Voltumna.

VB1 VERMENTINO 2010 - Riviera Ligure di Ponente D.O.C. - Tenuta Selvadolce

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Uno dei migliori assaggi della Riviera Ligure di Ponente... uno di quei casi in cui è il vino nel bicchiere che parla (...anche al posto del vignaiolo...)

ALTEA ROSSO 2012 - Sibiola I.G.T. - Altea Illotto

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Serdiana prov. di Cagliari, a pochi metri da dove nasce il vino status symbol dell'enologia sarda, troviamo una bella realtà di bio-resistenza contadina...

RIBOLLA GIALLA 2013 - I.G.P. delle Venezie - I Clivi

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Una ribolla che è un soffio di vento... lontani anni luci dai bianchi "tamarrosi" a pasta gialla, tropicalisti, dolciastri, bananosi e polposi.

BARBARESCO CURRA' 2010 - D.O.C.G. - Cantina del Glicine

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...piccola, artigianale, familiare, storica… un passo indietro nel tempo... la bottiglia giusta per l'autunno che verrà...

FIANO DI AVELLINO 2012 - D.O.P. - Ciro Picariello

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Niente enologo, niente concimi, approccio artigianale e tanta semplicità affinché il vino possa esprimere al meglio il territorio. Se dici Fiano, Ciro Picariello è un punto di riferimento assoluto.

DOS TIERRAS 2011 - Sicilia I.G.T. - Badalucco de la Iglesia Garcia

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...una fusione eno-culturale vincente, un vino che intriga, incuriosisce e si lascia amare, un vino del sole e della gioia, della bellezza territoriale e popolare che accomuna Spagna e Sicilia.

RENOSU BIANCO - Romangia I.G.T. - Tenute Dettori

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...quello che entusiasma del Renosu Bianco è tutto il suo insieme, dalla sua naturalità alla sua originalità, mantenendo una piacevole semplicità nel sorso...

CINQUE VINI, TRE SORELLE, UN TERRITORIO > TUTTI I ROSSI DEL CASTELLO CONTI... IL POST DEFINITIVO

CINQUE VINI, TRE SORELLE, UN TERRITORIO > TUTTI I ROSSI DEL CASTELLO CONTI... IL POST DEFINITIVO
Conosco e bevo "Castello Conti" da alcuni anni, e provo una profonda ammirazione per i loro vini e per il lavoro "senza trucchi" di Elena e Paola. Da una recente visita con degustazione presso la loro cantina di Maggiora, é nata una sorta di collaborazione appassionata, che mi ha permesso di gustare l'intera produzione di rossi del Castello, che oggi in questo mega-post ho il piacere di raccontarvi alla mia maniera...

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!
da "Le vie del vino" di Jonathan Nossiter... < - In cantina questo Volnay, che qui é a 68 euro, ne costa più o meno 25. Quindi non sono i De Montille ad arricchirsi. Ma quando arriva a Parigi o a New York, il vino costa almeno il doppio che dal produttore. - Quindi per noi che abitiamo in Francia val la pena di andare a comprare direttamente da lui. - Si in un certo senso, il ruolo dell'enoteca in città è quello di aprirti le porte per farti scoprire il tuo gusto personale, e di esserti utile quando hai bisogno di qualcosa rapidamente. Poi spetta a te stabilire una relazione diretta con il produttore >

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!
...Anche se sono un po’ più giovane e indosso il parka con le pins non significa che entro per mettermi sotto il giubbotto le bottiglie di Petrus fiore all’occhiello della vostra enoteca, quindi evitate di allungare il collo o sguinzagliarmi alle spalle un commesso ogni volta che giro dietro allo scaffale.