lunedì 30 luglio 2012

SASSONERO MERLOT 2007 - Colli Euganei D.O.C. - Ca' Lustra

...dimostra di avere una certa classe, un bel equilibrio e buona eleganza. Assai piacevole e facile alla beva, amabile e di sicura presa.


Vi avevo già raccontato qualche mese fa del mio giretto di 3 giorni tra Padova e i Colli Euganei, giorni invernali piuttosto uggiosi, poco adatti a passeggiate tra le vigne, ma più indicati per una rilassante sosta in campagna (nel paesino di Lozzo Atestino presso il Podere dei Carraresi a due passi dal castello di Valbona, un posto rurale ma molto carino), quattro passi per la città con visita alla cappella degli Scrovegni (uno dei più grandi tra i capolavori di Giotto), un po’ di su e giù tra i paesini dei colli (Arquà Petrarca, Monselice, Teolo ecc… ) e la conferma che i paesi “termali” non fanno per me (avete mai fatto un giro all' Hotel Ring di Abano Terme?  non saprei come definirlo… un mostrificio da pelle d’oca…). Qualche bella serata in osteria, con relativa boccia di Rosso dei Colli, e come di consueto un po’ di eno-shopping per la cantina casalinga. 

Cercare qualcosa di tipico e autoctono da queste parti significa puntare su quei vitigni internazionali che spesso “mi infastidiscono”, perché come il prezzemolo, vengono utilizzati un po’ ovunque per tagliare le nostrane uve “made in Italy”, senza dimenticare che viticoltori “illuminati” (da cosa?), hanno addirittura sostituito vecchie e autoctone vigne, con queste tipologie di uve, per creare dei blend dal carattere internazionale e quindi più vendibili nei mercati esteri. Quando si parla di Merlot e Cabernet (a volte con superficialità e pregiudizio) in una nazione di grande tradizione vinicola come la nostra, si tende quindi a storcere il naso, si pensa al solito vino dal taglio bordolese, ad agricoltori che puntano sull’internazionalizzazione del prodotto anziché valorizzare il terroir ecc… ma questo discorso non può essere applicato ai viticoltori dei Colli Euganei. Qui le tipiche uve bordolesi si coltivano da tantissimo tempo, tanto da poterle considerare (se non proprio autoctone) uve caratteristiche di questa zona, uve che con i loro vini riescono a rappresentare il terroir e le abitudini alimentari e socio-culturali dei suoi abitanti. Quindi se volete bere un buon vino rosso dei colli puntare su Merlot e Cabernet è la mossa giusta. 

Così, mentre me la passeggiavo per Padova, da Prato della Valle verso il Palazzo della Ragione passando per piazza del Santo, incrocio e mi addentro in una bella e piccola enoteca di cui non ricordo più il nome, ma che mi è piacevolmente rimasta impressa perché ben rappresenta l’impronta “social” che il vino ha da queste parti. Niente nomi tipo “wine bar”, arredamento pseudo-lounge o selezione da grande enoteca di città con sommelier in giacca… ma un piccolo locale alla mano, non troppo curato, con zero posti a sedere e un sacco di persone che chiacchierano del più e del meno, ma soprattutto parlano di vino, con il loro bicchiere in mano appena “spillato” dalle damigiane e dalle botti dietro il bancone. Il vino e l’enoteca quindi come punto di incontro, luogo di aggregazione sociale, di scambio culturale, non semplice locale da movida serale…. 

E poi quella parete alta e scrostata con tutte quelle bottiglie in vendita, una mensola a gradoni dove oltre ad una piccola sezione dedicata ai grandi classici tosco-piemontesi, il resto è occupato dai vini regionali e da quelli “naturali”. Ci sono i vini di Maule, Monte dall’Ora, Occhipinti, Fonterenza ecc… ma anche il meglio dei colli Euganei, dai più blasonati e costosi vini de La Montecchia a Ca’ Lustra, Ca’ Orologio, il Filò delle Vigne, Vigna Roda ecc… Roba che se entri con un paio di persone giuste, tiri fino alla chiusura tra un bicchiere e l’altro… Se purtroppo non avete questa fortuna, non vi resta che fare acquisti, ed è così, che dopo un non indifferente minutaggio di indecisione, opto per il Merlot selezione Zanovello di Ca’ Lustra.. mai provato prima, ma mi hanno parlato bene di lui… quindi… sgancio il dovuto (non ricordo bene quanto ma tra le 13 e le 15 euro) e porto a casa la meritata boccia. 

Ammetto che la scelta non è stata facile, non sono un merlottiano e ammetto di avere un po’ di eno-snobbismo nei suoi confronti, ma proprio per questo volevo provare questa versione in purezza per farmi un’idea più precisa in merito, soprattutto perché prodotto in zone dove questo vino è praticamente “autoctono”. 

Andiamo sul Sassonero 2007, prodotto da Ca' Lustra, cantina di dimensioni medie (25ha di vigneti e 180.000 bottiglie prodotte all'anno) situata nei colli Euganei in località Faedo. Fondata da Angelo Zanovello negli anni 60, prima di essere rilevata a metà degli anni 70 da Franco, ed iniziare il processo di crescita che ha permesso a Ca' Lustra di diventare un punto di riferimento per la produzione vinicola dei colli Euganei. I 25 ettari di vigneti, sono ben dislocati su tutto il territorio dei Colli, suddivisi in numerosi appezzamenti con caratteristiche differenti, ad ognuno dei quali é abbinata una singola varietà di uve. Ad esempio, il nome di questo Merlot, "Sassonero" deriva proprio dal nome della collina nei pressi di Arquà Tetrarca, dove si coltiva l'uva Merlot, un vigneto di 4.5ha. da cui si ricavano 44.000 bottiglie. L'intera produzione varia tra vini bianchi, rossi e dolci con il caratteristico e autoctono Fior d'Arancio, in primo piano. I vini si suddividono in 2 linee commerciali, la più semplice "Ca' Lustra" e la più ricercata "selezione Zanovello". Mi fa piacere segnalare il costante impegno da parte di Ca' Lustra nel progredire sia in cantina che in vigna, verso un'agricoltura più sostenibile a dal minor impatto ambientale possibile. 

Come dicevo il vino che ho stappato oggi si chiama Sassonero, ed é un Merlot in purezza. Come dicevo proviene da un appezzamento di 4.5ha, con vigne di circa 12 anni di età e che vengono vendemmiate ad inizio settembre, per una resa di circa 70-80ql/ha. La fermentazione avviene in acciaio inox per 18 giorni con lieviti selezionati. L'affinamento prosegue in botte per 16 mesi, con l'utilizzo di tonneaux da 500 lt. e 1000 lt. in rovere francese e di Slavonia, metà nuovi, metà di secondo passaggio. 

Elegante nel suo rosso rubino profondo, di grande pulizia e dalla consistenza viscosa capace di disegnare archi piuttosto alti alla prima rotazione. Al naso ci aspetta un vino intenso e carico ma pulito. L’attacco è vinoso con sentore alcolico pronunciato (14%vol.), ma lascia lentamente spazio ad un bouquet aperto e pieno (é un vino che necessita qualche minuto per aprirsi) dove le note dolciastre di frutta rossa e nera (lamponi e more ma anche amarena) prendono il sopravvento, senza tralasciare sentori secondari più pungenti di spezie (pepe, cannella) e tabacco, con leggero effetto tostatura, conferito dal legno, mai sopra le righe. Assai piacevole e piacione, spinto ma al contempo fine e rotondo. Al palato, quello che ti aspetti da un Merlot ben fatto c’è tutto. Riempie bene la bocca e si dimostra vino di grande equilibrio. C’è il carattere “grassoccio” che lo rendono succoso e fruttato, caldo e rotondo. Decisamente avvolgente. Ma non pensate ad un vino denso, concentrato e carico, la trama tannica é elegante, ha una buona vena minerale e riesce a scorrere fluido e setoso, verso un finale piuttosto lungo e assai piacevole con retrogusto che richiama le note fruttate e speziate avvertite all’olfatto. 

Un gran bel bere, soprattutto se amate il Merlot e i vini dall'impronta più moderna. Sicuramente dimostra di avere una certa classe, un bel equilibrio e buona eleganza. Assai piacevole e facile alla beva, amabile e di sicura presa. A voler cercare il pelo nell’uovo, forse questo Merlot può risultare eccessivamente tecnico e preciso, quasi troppo ben fatto, ma non posso negare che a livello gustativo rimane davvero una goduria per il palato. 

Che Ca’ Lustra con la selezione Zanovello abbia voluto fare un salto di qualità mi sembra chiaro, per questo mi ripropongo una futura sosta in quel di Faedo la prossima volta che passo dai Colli Euganei.

A mio modesto parere per una cifra tra le 12-15 euro questo è un acquisto che merita, bella anche la veste grafica dell’etichetta… poi i gusti son gusti e ognuno è libero di orientarsi sui vini che preferisce. Comunque sappiate che questo Merlot ha un suo perché e non risulta per niente scontato o eccessivamente ruffiano.

E' un ottimo vino sul tavolo dove può dare un tocco di eleganza ai piatti locali, come il galleto o la pasta e fagioli, ma è un vino di grande piacevolezza che si può degustare anche in serata tra un libro e un buon disco.
Buona la prima quindi, con i vini di Ca’ Lustra…

lunedì 16 luglio 2012

PECORANERA 2003 - Monferrato D.O.C. - Tenuta Grillo

...Come avevo già scritto, per me Tenuta Grillo equivale ai Fugazi nel rock alternative, sempre e comunque per la loro strada, vino o musica che sia... senza compromessi.
 

A volte capita di tornare sul luogo del delitto. Vuoi per una serie di casualità (mi riferisco ai più grandi e conosciuti produttori, che… volenti o nolenti… ogni tanto una bottiglia ti capita sulla tavola), vuoi perché ci innamoriamo di una cantina e dei suoi vini e ci piace provare tutta la loro gamma. 

E' quindi un immenso piacere tornare a scrivere un post dedicato alla Tenuta Grillo e al suo mentore Guido Zampaglione, sicuramente uno dei più coraggiosi (per le sue scelte senza compromessi..) ed interessanti vignaioli in circolazione, già attivo dagli anni '90 in Irpinia con l'azienda agricola Il Tufiello e il suo Fiano Don Chisciotte e dal 2002 al lavoro in quel di Gamalero (AL). 

Le caratteristiche dei vini della Tenuta Grillo (Tornasole, Pecoranera, Baccabianca, Igiea e Protasciutto) sono similari (quando li assaggi ritrovi un comune denominatore, un marchio di fabbrica che li rende autentici e riconoscibili, anche al palato di uno poco esperto come il sottoscritto...) ma mai uguali, non esiste un metodo produttivo standar, una ricetta, ma tutto va in base a quello che si raccoglie in vendemmia, ai frutti della vigna, alle caratteristiche climatiche dell'annata. Sono vini di terroir, che possiamo definire “naturali e veri”, considerando che sia gli interventi in vigna che in cantina sono ridotti al minimo. Vini in continua evoluzione, possono passare anni prima che il vino venga commercializzato, e quando le altre bottiglie iniziano la fase discendente i vini di Guido devono ancora raggiungere la completa maturazione. Le bottiglie della Tenuta Guido sono esseri vivi e dormienti, amano essere dimenticate su qualche vecchio scaffale buio e impolverato, da riscoprire e apprezzare nel pieno della loro forza quando ormai ti sei dimenticato della loro esistenza. 

Quello che accomuna i vini della Tenuta Grillo sono alcune caratteristiche visive e gustative. Tutti i suoi vini appaiono piuttosto densi e carichi, belli tosti, quasi pastosi alla beva. Sono vini di grande longevità e capacità evolutiva. Vini che essendo ottima rappresentazione del terroir, riescono a non risultare mai similari a nessun altro vino della zona, capaci di essere curiosi e da scoprire. Come avevo già scritto in passato, per me Tenuta Grillo equivale ai Fugazi nel rock alternative, sempre e comunque per la loro strada, vino o musica che sia... senza compromessi.

Dopo avervi raccontato del bianco più rosso che mi sia capitato di bere (il Baccabianca) eccovi il Pecoranera, un blend particolare di uve rosse del Monferrato con il Freisa a farla da padrone (80% circa) e Barbera, Dolcetto e Merlot a completare il mix. Anche in questo caso, siamo di fronte ad un vino unico, radicale, estremamente territoriale, fedele espressione dell’idea di vino e della filosofia che il suo vignaiolo vuole trasmetterci. 

Passando alla bottiglia Pecoranera 2003... prima cosa da dire é fate attenzione al fondo. E' un vino non filtrato e il mio aveva un notevole deposito. Informazione di servizio... "non agitare prima dell'uso!". Vi ho già detto che si tratta di un blend, con uve provenienti da vigneti a bassa resa (circa 50-60 ql.) su terreno sabbioso-limoso. Età delle viti sui 20-30 anni coltivate a regime biologico non certificato. Trattamenti con l'esclusivo utilizzo di rame e zolfo, lieviti indigeni in cantina, con macerazione e affinamento in botti di legno di diversa capacità. Lungo affinamento in bottiglia per i circa 10.000 "esemplari" prodotti.

Nel bicchiere spicca un rosso rubino piuttosto intenso con unghia granata, consistente, velato, concentrato e carico. All'olfatto si dimostra subito energico, bello vinoso, intenso e persistente, ma al contempo piuttosto fine e molto variegato. Ci vuole qualche minuto e qualche rotazione per dare modo al vino di concedersi un po', di aprirsi in un mix carico di frutta a bacca rossa, accompagnata da una nota minerale e speziata con profumi varietali di erbe e terra. Al palato é di sicuro impatto, denso, caldo e pastoso. Non pensate però ad un vino rustico, c'è un tannino piuttosto vispo e una buona vena minerale a donare un po' di freschezza e finezza. Piuttosto polposo, ha un buon corpo e una bella struttura con un finale piuttosto lungo e persistente che rilascia sensazioni amarognole che richiamano le sensazioni terrose ed erbacee già avvertite al naso. Sicuramente un vino tosto, forte anche di una gradazione alcolica del 14.5%vol., ma al contempo assai piacevole e godibile, tanto da risultare quasi "giovane", pur parlando di un vino del 2003.

Personalmente sono rimasto colpito e se non fosse per i miei 36 anni non oserei a definirlo "vino d'altri tempi" o "vino di una volta" (vini che probabilmente non ho mai bevuto, ma questa é la suggestione che ci lascia...). Forse non può piacere a tutti e devo ammettere che arrivare a fine bottiglia può essere un po' "faticoso", ma sicuramente é un prodotto "alternativo", lontano dall'idea di vino moderno, che sa esprimere personalità e sicuramente farà discutere i vostri compagni di bicchiere.

Se non siamo sui livelli del Baccabianca che tanto mi aveva entusiasmato, ci andiamo molto vicini, anche in considerazione che il 2003 é la prima annata prodotta da Tenuta Grillo e che rimane nella memoria come una delle estati più calde in assoluto. Come per i suoi vini anche Guido da l'idea di un vignaiolo tutto di un pezzo che parte dalla tradizione e dal terroir, ma che é sempre in continua "lenta" evoluzione. Ci aspettiamo quindi altre grandi annate.

A scanso di equivoci (prima che qualcuno mi dia del "paraculo"), ci tengo a precisare che non faccio Zampaglione di cognome, che non sono un amico di Guido, che non mi presento mai come wine-blogger ai banchi d'assaggio e che non ho ricevuto i suoi vini in "omaggio degustazione". Semplicemente ho conosciuto i prodotti della Tenuta al loro banco assaggi, mi sono entusiasmato, ho pagato e portato a casa queste bottiglie, ed ora ho il piacere di raccontarle ed esprimere le mie ottime sensazioni in merito. 

La storia narra che il sottoscritto é entrato in contatto con i vini di Guido un annetto fa, a "La Terra Trema". Mi ero appuntato questo vignaiolo tra quelli da non perdere. Chiedo subito di assaggiare il Baccabianca, e dopo il primo sorso son già li ad acquistare la bottiglia. Poi assaggio il Pecoranera... stessa scena. Il bello é che Guido mi ha presentato questo vino come un Freisa... dopo una smorfia del sottoscritto alla parola Freisa, (non é il mio uvaggio preferito...) subito Guido quasi a scusarsi, mi ha informato che si trattava di una versione un po' particolare, un mix del Monferrato con quel tocco di Merlot per arrotondare il tutto... quasi un vino "esperimento"... come dire prova questo... é strano senti un po' se ti piglia... ma secondo me ben sapeva del potenziale di quella bottiglia e che non me ne sarei andato senza portarmi a casa anche il Pecoranera. 

Ecco la capacità di presentarmi e vendermi un vino in maniera così modesta, quasi indie-rock nella sua semplicità, mi ha fatto ulteriormente "rispettare" i vini della Tenuta Grillo. Come se un gruppo di ragazzini ti chiede se per piacere puoi ascoltare il loro nuovo pezzo e scopri che hanno appena composto che so... Smells like teen spirit o Enjoy the Silence...!! 

Prezzo di acquisto tra le 15 e le 18 euro. Da bere in abbinata a piatti rustici. Passione, rispetto e zero compromessi. Vignaiolo vero e vino da provare.


martedì 10 luglio 2012

CHÂTEAUNEUF DU PAPE 2009 - A.O.C. - Armand Dartois

...Davvero un buon vino dall'ottimo rapporto qualità/prezzo, sicuramente una buona scappatoia per chi va cercando bottiglie che sappiano regalarci sensazioni "diverse".


Chi segue il blog sa che qui i vini bevuti sono principalmente "Italian Style", ma ogni tanto può capitarmi tra le mani l'occasione per addentrarmi nell'internazionale, campo che sto studiando e nel quale sto iniziando ad addentrarmi lentamente, come nel caso di questa bottiglia di Châteauneuf-du-Pape del 2009. 

Siamo nella valle del Rodano, la terza area vitivinicola francese per importanza (esperti concordate?) dopo la Borgogna e Bordeaux. Questa regione é enologicamente (e anche geograficamente considerando i 50km che separano le due aree) suddivisibile in due parti. Il Rodano Settentrionale é rappresentato dalle celebri denominazioni Côte-Rôtie ed Hermitage, con l'uva Syrah grande protagonista, mentre il Rodano Meridionale ha come fiore all'occhiello la denominazione Châteauneuf-du-Pape con l'uva Grenache a farla da padrone, ma che viene assemblata con una dozzina di altre tipologie di uve (Syrah, Mourvèdre, Cinsaut, Muscardin, Counoise ecc...). 

La bottiglia che vado ad assaggiare l'ho acquistata per 12 euro presso la Metro, un Cash and Carry che rifornisce soprattutto ristoratori e baristi. Ogni tanto ci faccio un giro sfruttando la tessera del suocero, perché é dotata di un bel reparto enoteca con prezzi abbordabili e anche qualche bottiglia interessante, soprattutto d'oltralpe, trattandosi di una catena di distribuzione francese. 

Prodotta da Armand Dartois viene imbottigliata da l'Union de Vignerons des Côtes du Rhône. Diciamo pure bottiglia acquistata sulla fiducia, in quanto non conosco il produttore, ma si sa, quando una bottiglia é una "bella bottiglia" difficilmente potrà deludermi e così é stato anche questa volta, pur essendo lontani dalle eccellenti produzione di Château de Beaucastel, Chapoutier, Domaines E. Jeune, Guigal ecc... 

Nel bicchiere si presenta di color rosso rubino piuttosto scuro, con unghia porpora. Non pensate però ad un vino scuro e concentrato, appare invece piuttosto fluido e trasparente, dinamico e pulito. Al naso é intenso e persistente, quasi pungente attacca vinoso e con decisa vena alcolica (14%vol), ma ha la capacità di aprirsi regalandoci un bouquet molto variegato, elegante e piuttosto fine. I profumi sono belli presenti, potenti e concentrati, ma mai rotondi o avvolgenti, risultando sempre spinti e freschi. C'è una base di frutta rossa non troppo matura, ciliege sotto spirito, ribes, frutti selvatici, accompagnati da suggestioni mediterranee e balsamiche, c'è il dolce della liquirizia ma anche aromi come alloro, timo e olivo. Un bouquet particolare, diverso dai soliti blend a cui spesso siamo abituati. Il taglio qui non é bordolese e si sente. Al palato buona corrispondenza con il naso, sia nella freschezza di beva, sia nella sua vena acidula, con un tannino bello presente e ancora piuttosto spigoloso. Manca sicuramente in calore, polpa e rotondità, lasciando la sensazione di un vino che avrebbe meritato ancora qualche anno di riposo per definirsi "pronto". Un po' mi spiace non aver avuto la pazienza di "saperlo aspettare", bisogna però riconoscere come già da giovane sia un vino estremamente bevibile, amabile e piuttosto interessante. Niente marmellata, polpa e zuccheri a go go, ma anche al palato ritroviamo delle piacevoli suggestioni provenzali e un bel finale lungo e balsamico. 

Davvero un buon vino dall'ottimo rapporto qualità/prezzo, sicuramente una buona scappatoia per chi va cercando bottiglie che sappiano regalarci sensazioni "diverse". Quando acquisto a prezzi piuttosto contenuti vini di denominazioni piuttosto prestigiose, sono sempre piuttosto scettico, ma in questo caso sono comunque rimasto piacevolmente sorpreso.

Bottiglia bevuta in solitaria durante una serata da single... una di quelle sere in cui sei a casa da solo e ben ci stai, ti prepari qualcosa di buono e ti stappi una bottiglietta che ti tiene compagnia ai fornelli e accompagna la cena che hai dignitosamente preparato. Nel mio caso pappardelle al ragù e una formaggella francese di cui non ricordo il nome, mentre mi sparo a buon volume (e me la canto anche…) una compila d’annata con i vecchi pezzi dei Litfiba, diciamo la discografia fino al 1990. 

Detto così può sembrare “na tammarrata” ma per quelli della mia generazione i vecchi Litfiba sono stati un gruppo importante, quei "cattivi maestri" che hanno segnato la nostra adolescenza. E poi senza nemmeno pensarci troppo, la Francia è sempre stata la seconda patria per la band di Pelù e Ghigo, vuoi per i francesismi nei testi di alcuni pezzi, vuoi per lo spirito e il look un po’ gitano che da sempre gli accompagna e li avvicina culturalmente al sud del Francia e "indirettamente" alla bottiglia di Châteauneuf-du-Pape, che ben interpreta le caratteristiche di questo territorio. 

Se vi capita a tiro provatela, poi mi saprete dire... magari prendetene due bottiglie, così una la stappate tra qualche anno per coglierne le ulteriori evoluzioni.

giovedì 5 luglio 2012

CINQUE TERRE 2011 - D.O.C. - Cantina Sociale delle Cinque Terre

...Quasi una sfida tra il vignaiolo e la sua terra, ma in completa simbiosi e complicità, tanto da diventare elemento di vitale importanza per la salvaguardia del territorio, la sua valorizzazione culturale e ambientale.



E' operazione assai difficile mettersi al pc e scrivere della viticoltura delle 5 Terre. E' difficile perché risulta quasi impossibile descrivere attraverso le parole questo angolo di Liguria e il duo scenario mozzafiato. Solo chi ha faticato su e giù tra le vigne e i terrazzamenti di queste colline a picco sul mare, può comprendere questi vini, capirne l'essenza, l'incredibile rapporto tra territorio e uomo, la fatica e la gioia che una viticoltura eroica come questa riesce a trasmettere. 

C'è molto dietro ad una bottiglia delle 5 Terre, molto di più di una semplice degustazione o giudizio critico su quanto si é bevuto. Poco importa chi sia il produttore, se i personalissimi vini di Walter De Batté o le versioni più classiche prodotte dagli oltre 220 soci della coop. Cantina 5 Terre. 

Dentro queste bottiglie ci sono storie (spesso straordinarie) di vignaioli e contadini che con sudore, fatica e amore per questo territorio, sono riusciti a realizzare qualcosa di unico al mondo. Terrazzamenti e muretti a secco lungo i pendii scoscesi che si perdono nel mare (sono talmente tanti che messi insieme raggiungono la lunghezza della muraglia cinese!), cremagliere e trenini, minuscole stradine (quando ci sono), strapiombi sul mare e ultimamente, la “sfiga” delle recente alluvione, che ha ulteriormente messo a dura prova la resistenza degli agricoltori… insomma lavoro duro e fatica vera, che viene ripagata dai frutti di tanto sacrificio e dalla bellezza dei luoghi in cui si ha la fortuna di vivere e lavorare. Quasi una sfida tra il vignaiolo e la sua terra, ma in completa simbiosi e complicità, tanto da diventare elemento di vitale importanza per la salvaguardia del territorio, la sua valorizzazione culturale e ambientale. 

Emblematico é il ruolo della Cantina 5 Terre, una cooperativa di circa 300 coltivatori (non solo vignaioli) che insieme operano con l'obbiettivo di salvaguardare il territorio, valorizzarlo e raccoglierne i frutti. Sono circa 220 i viticoltori che singolarmente coltivano l'uva destinata alla realizzazione dei vini di questa cantina, per un totale di 170-180.000 bottiglie e 38 ettari di vigneti. Qui vengono prodotti tutte le tipologie di vino caratteristiche di questa zona, dal "leggendario" Sciacchetrà, al bianco D.O.C. composto da un mix di uve, fino ai 3 cru provenienti da 3 specifiche sottozone, ovvero il "Costa de Campu", il "Costa de Sera" e il "Costa da Posa". I vitigni coltivati e utilizzati per la realizzazione dei vini bianchi delle 5 Terre sono l'Albarola, il Vermentino e il Bosco, le cui percentuali di utilizzo possono variare a seconda della tipologia di vino da realizzare.

Il vino che vado a stappare é il bianco delle 5 Terre D.O.C., della Cantina 5 Terre, vendemmia 2011. Prodotto con uve Bosco (60%), Albarola (25%) e Vermentino (15%). Un vino giovane e di pronta beva, con fermentazione in bianco a temperatura controllata, breve sosta sui lieviti e affinamento in solo acciaio.
Nel bicchiere si presenta di un bel giallo paglierino brillante, fluido, dinamico e pulito. Naso e beva sono in simbiosi, dove a spiccare è soprattutto una piacevole sensazione di freschezza, un vino pulito ed equilibrato, tra mineralità, sapidità e una piacevole sensazione dolciastra. Per chi come il sottoscritto ama bianchi leggeri, beverini e non troppo strutturati, questo 5 Terre classico è un vino da non perdere, che potrebbe diventare uno dei vostri "top player". Al naso dimostra buona persistenza e profumi decisi, pur mantenendo una piacevole delicatezza e freschezza. Spiccano soprattutto le note floreali, fiori di campo, camomilla, ginestra, ma anche il dolce del miele e lievi note agrumate. Al palato risulta secco e amabile, fresco e dinamico, beverino e semplice, sempre in costante equilibrio tra la mineralità e la dolcezza più rotonda e morbida delle note fruttate, con una lieve e mai invasiva vena alcolica (12.5%vol.). Rinfrescante e rilassante, mai faticoso o pesante, un vino da bere ad ampie sorsate nelle calde serate estive.

Gastronomicamente l’ho bevuto in abbinata ad un branzino grigliato, e direi che ci stava dentro, ma servito bello fresco in una calda serata estiva potete abbinarlo a tutto, tanto è amabile e piacevole questo bianco. Pesce in primis (anche se escluderei zuppe e pesci “grassi”), ma anche carni bianche, insalatoni estivi, formaggi freschi o primi piatti leggeri, durante un aperitivo o magri come “dissetante-rinfrescante” con le linguine pesto-patate-fagiolini.

Per gli amanti dei trasversali (quanto forse inutili) abbinamenti eno-musicali, consiglio qualcosa che sappia suonare fresco, estivo e scanzonato ma mai banale, fondamentalmente nu-jazz, contaminata da ritmiche latine e bossanova come solo Gerardo Frisina sa fare, magari durante un aperitivo con olive taggiasche e alici, mentre il sole tramonta sulla piazzetta che da sul porticciolo di Manarola. Detto così fa un po' fighetto e upper-class, ma per una volta possiamo fregarcene perché ci sta alla grande!.

Prezzo di acquisto dignitoso e adeguato tra le 9-11 euro. Se le 5 Terre sono un Patrimono Mondiale dell'Umanità i suoi vini non sono da meno.

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...piccola, artigianale, familiare, storica… un passo indietro nel tempo... la bottiglia giusta per l'autunno che verrà...

FIANO DI AVELLINO 2012 - D.O.P. - Ciro Picariello

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Niente enologo, niente concimi, approccio artigianale e tanta semplicità affinché il vino possa esprimere al meglio il territorio. Se dici Fiano, Ciro Picariello è un punto di riferimento assoluto.

DOS TIERRAS 2011 - Sicilia I.G.T. - Badalucco de la Iglesia Garcia

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...una fusione eno-culturale vincente, un vino che intriga, incuriosisce e si lascia amare, un vino del sole e della gioia, della bellezza territoriale e popolare che accomuna Spagna e Sicilia.

RENOSU BIANCO - Romangia I.G.T. - Tenute Dettori

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...quello che entusiasma del Renosu Bianco è tutto il suo insieme, dalla sua naturalità alla sua originalità, mantenendo una piacevole semplicità nel sorso...

CINQUE VINI, TRE SORELLE, UN TERRITORIO > TUTTI I ROSSI DEL CASTELLO CONTI... IL POST DEFINITIVO

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Conosco e bevo "Castello Conti" da alcuni anni, e provo una profonda ammirazione per i loro vini e per il lavoro "senza trucchi" di Elena e Paola. Da una recente visita con degustazione presso la loro cantina di Maggiora, é nata una sorta di collaborazione appassionata, che mi ha permesso di gustare l'intera produzione di rossi del Castello, che oggi in questo mega-post ho il piacere di raccontarvi alla mia maniera...

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!
da "Le vie del vino" di Jonathan Nossiter... < - In cantina questo Volnay, che qui é a 68 euro, ne costa più o meno 25. Quindi non sono i De Montille ad arricchirsi. Ma quando arriva a Parigi o a New York, il vino costa almeno il doppio che dal produttore. - Quindi per noi che abitiamo in Francia val la pena di andare a comprare direttamente da lui. - Si in un certo senso, il ruolo dell'enoteca in città è quello di aprirti le porte per farti scoprire il tuo gusto personale, e di esserti utile quando hai bisogno di qualcosa rapidamente. Poi spetta a te stabilire una relazione diretta con il produttore >

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!
...Anche se sono un po’ più giovane e indosso il parka con le pins non significa che entro per mettermi sotto il giubbotto le bottiglie di Petrus fiore all’occhiello della vostra enoteca, quindi evitate di allungare il collo o sguinzagliarmi alle spalle un commesso ogni volta che giro dietro allo scaffale.