giovedì 28 giugno 2012

CHIANTI CLASSICO 2009 - D.O.C.G. - Castellare di Castellina

...non deve essere "degustato" in un super-ballon davanti al caminetto, ma "gustato" con i gomiti appoggiati su una tovaglia a quadrettoni bianchi e rossi.


E' un venerdì sera di quelli caldi ed estivi, in cui dopo una settimana "di sudore" con giornate torride ed afose e notti "da finestra spalancata", hai solo voglia di rilassarti in giardino per godere quel minimo di relax che la leggera brezza prealpina riesce a regalarci quando il sole tramonta. 

Ognuno ha le sue tecniche per riappacificarsi con il proprio corpo, c'è chi monta in macchina per un week-end al mare, chi va al centro commerciali a fare shopping... (che li c'è l'aria condizionata, gente che sta male...), chi si fionda in qualche centro benessere a farsi massaggiare e chi non ha voglia di fare una mazza e si spalma sul divano a guardare gli europei di calcio tra joint e birrette ghicciate. 

Io decido per un'ultimo sforzo.. ultima vampata di calore e sudore, giusto il tempo di arrostire un polletto alla diavola e qualche verdura sulla griglia, prima di perdermi in una buona bottiglia di Chianti. Sono queste situazioni un po' così, da fine settimana "scazzo andante"... stappare una bottiglia "di livello" sarebbe quasi uno spreco... bisogna andare su qualcosa di classico e sicuro, una boccia semplice ma che sa darti le giuste garanzie di buon vino da tavola, da gustare in disimpegno mentre fai due chiacchere e sgranocchi la coscia del polletto abbrustolito, rigorosamente con le mani. 

Pesco così dalla cantina un classico della viticoltura toscana... ovvero il Chianti Classico di Castellare, una delle più conosciute, premiate e direi anche rispettate aziende del Chianti. Anche se indirettamente ho già parlato di questa cantina, nella recensione de "Le sughere di Frassinello", prodotto dalla Rocca di Frassinello, che insieme a "Feudi di Pisciotto" e "Gurra di Mare" completano il lotto dei domini sotto la gestione di Paolo Panarei e dei suoi collaboratori. 

Quella di Castellare é la prima e direi anche la più prestigiosa delle tenute, fondata nel 1968 con l'unione di 5 poderi, ma é sul finire degli anni '70 grazie all'acquisizione del giornalista ed editore con la passione per il vino Paolo Panarei, che la cantina inizia un importante processo di crescita e gestione, con scelte accurate ed intelligenti, che gli permettono di ricevere apprezzamenti e riconoscimenti sia a livello nazionale che internazionale, sia da parte dei tradizionalisti che dei modernisti. 

Mentre alla Rocca di Frassinello la produzione è incentrata su Supertuscan e blend di taglio bordolese, nella cantina di Castellina si producono vini dal taglio moderno (penso ad esempio all’utilizzo di barriques) ma che tengono fede alla tradizione del Chianti Classico con l’utilizzo di uve autoctone (Sangiovese, Canaiolo, Malvasia Nera), mentre le internazionali (come ad esempio il Merlot), vengono vinificate in purezza. Come dire, rispetto e fiducia nel Sangiovese, il voler essere al passo coi tempi ma tenendo fede alla tradizione e al territorio, la dimostrazione che si può produrre uno dei più rinomati e apprezzati vini del mondo, (ovvero il “Sodi di San Nicolò”) senza scendere a compromessi con vitigni internazionali. 

Partiamo dalla base, dal più classico e tradizionale vino chiantigiano, ovvero il Chianti Classico, qui siamo sulle colline di Castellina in Chianti e viene prodotto con il Sangiovese (95%) tagliato solo con la locale uva Canaiolo, senza seguire la tendenza che negli ultimi anni ha visto l’utilizzo da parte di molte cantine, di uve Merlot e Cabernet, per ottenere vini più concentrati, carichi e corposi (diciamo più "piacenti" al mercato estero, non dimentichiamo che oltre l'80% del Chianti viene esportato) un vero sacrilegio per i puristi del Chianti e del sangiovese. 

La vendemmia delle uve avviene nel mese di ottobre e sono coltivate su terreno calcareo con una resa di 50ql. per ettaro. Per dare vita alle circa 110.000 bottiglie prodotte viene eseguita una fermentazione delle uve in vasche di inox termocontrollate a 28°C, per una durata di 15/20 giorni. L'affinamento invece viene eseguito per 7 mesi in botti di rovere francese usate, prima di rimanere per altrettanto tempo a riposare nella bottiglia.

Di color rosso rubino abbastanza carico, scuro e profondo. Al naso è discreto sia per intensità che per persistenza, con un bouquet in cui dominano i sentori dolciastri di frutta rossa, come ciliegie, fragole e lampone, accompagnati da note di violetta e fiori di campo, oltre che da una leggera tostatura di fondo e più amarognoli sentori terrosi. Al palato perde l'effetto dolcezza del naso, dimostrandosi sapido e secco, con il tannino bello presente e una buona acidità che lo rendono ideale come vino da tavola. Viene fuori il carattere del Sangiovese, con quella nota pungente che conferisce al vino freschezza, una beva apprezzabile e mai ruffiana, con il ritorno delle sensazioni di frutta rossa, una buona vena alcolica (13.5% vol.) che conferisce al vino giusto un filo di calore, ma soprattutto un finale piuttosto lungo che da importanza al tutto. Discreto per corpo e struttura, ottimo per carattere, un Chianti Classico di nome e di fatto, ideale compagno di viaggio della gastronomia toscana. 

Pur senza stupire o dare vita ad entusiastici commenti, la bottiglia è andata ovviamente finita, bevuta con molto piacere e senza mai risultare faticosa. Forse gli manca un filo di eleganza e finezza, ma non è questo che andiamo a cercare in un buon Chianti, che non deve essere degustato in un super-ballon davanti al caminetto, ma gustato con i gomiti appoggiati su una tovaglia a quadrettoni bianchi e rossi. 

Reperibilità abbastanza facile (si trova anche all’Esselunga per intenderci), ma occhio al prezzo, che mediamente varia tra le 9-15 euro… sui 10 sacchi ha ancora un buon rapporto qualità/prezzo, a 15 euro mi sa che qualcuno ci sta facendo la cresta e forse su queste cifre si possono trovare Chianti più interessanti. In qualsiasi caso, da bere senza nessuna cautela.

venerdì 22 giugno 2012

INSOGLIO DEL CINGHIALE 2010 - Toscana I.G.T. - Campo di Sasso - Tenuta di Biserno

...Insoglio del Cinghiale, un vino che (giusto per rendere l’idea) potrebbe mandare in crisi epilettica Jonhatan Nossiter (il regista di Mondovino il docufilm sull’omologazione del vino), fargli diventare la pelle verde e il corpo ricoperto di squame… ho reso abbastanza l’idea??


Prima di entrare nel vivo della recensione, permettetemi due righe per giustificare la mia latitanza da queste pagine nell’ultimo mese. Vi chiedo scusa lettori incalliti che cliccate SimodiVino prima di andare a nanna e appena scendete dal letto la mattina, speranzosi di trovare nuovi avvincenti scritti, in sostituzione a quella palla di romanzo che vi hanno regalato a Natale e che non siete ancora riusciti a finire (prrrrr……) 

E’ un giugno ricco di eventi, scatta l’estate e scatta anche il mio compleanno, le signorine alleggeriscono i vestiti e siamo invasi da un’ infinità di festival, concerti e situazione estive, che la mia anima da winerocker vive con estrema passione e dedizione, tenendomi parecchio occupato e parecchio “scanzonato”, facendomi passare la voglia di sedermi davanti ad una tastiera per scrivere dei post. 

Divagazioni sul tema a parte, chi segue queste pagine sa che mi piace spezzare una lancia (e acquistare) vini prodotti da piccole cantine, spesso legate al movimento del Critical Wine, dei Vignaioli Indipendenti, dei produttori  naturali o qualsiasi altro appellativo o etichetta vogliate utilizzare, diciamo chi produce vino “vero”, che rispecchia il terroir, le origini, la tradizione e perché no, rispetta anche l’ambiente... vini realizzati grazie al perfetto connubio tra uomo e terra, e non da qualche “wine-fenomeno” che tenta di piazzare nel mercato un vino “tendenza” per fare business, o che si sveglia una mattina e decide di investire qualche milionata per mettere in piedi una nuova realtà vinicola senza capo ne coda.

Questo è comunque un blog dove si scrive e si esprimono opinioni su tutto… non ci sono solo i “vini naturali”, le grandi bottiglie o i vini “parkerizzati”… qui scrivo tutto quello bevo… prima assaggiare… poi giudicare… quindi… eccomi qua a raccontarvi dell’Insoglio del Cinghiale, un vino che (giusto per rendere l’idea) potrebbe mandare in crisi epilettica Jonhatan Nossiter (il regista di Mondovino il docufilm sull’omologazione del vino), fargli diventare la pelle verde e il corpo ricoperto di squame… ho reso abbastanza l’idea?? 

Eccovi quindi il racconto di un vino fatto su misura per i mercati internazionali, un esempio di anti-terroir e di gusto omologato... attenzione però a non fraintendere le parole... non ho ancora detto che questo vino é una ciofegata pazzesca... anzi... se siete incalliti lettori di Wine Spectator forse per voi l'Insoglio é uno dei migliori vini rapporto qualità-prezzo sulla piazza... 

Andiamo con ordine.. allora... alzi la mano chi non conosce nomi come Antinori...Tenuta dell'Ornellaia...Mondavi...Michel Rolland ecc...?? Nessuno… bene... allora la storia é andata più o meno così... la famosa famiglia Antinori, una delle più potenti e conosciute dinastie del panorama vinicolo italiano, nel 1981 acquista la Tenuta dell'Ornellaia in quel di Bolgheri, crea l'omonimo famoso vino e lo porta alle stelle nel 1998 (grazie a Wine Spectator che lo elegge miglior vino del mondo..). A questo punto joint venture con il famoso produttore di vino americano Robert Mondavi, che nel giro di tre anni ne diventerà proprietario unico. Ma ecco lo smacco per Ludovico Antinori... nel 2002 Mondavi cede il 50% della quota a Frescobaldi, altro storico produttore toscano, che nel 2005 diventerà unico proprietario. La grande creatura di Antinori, uno dei più quotati vini made in Italy nel mondo, finiti nelle mani del rivale Frescobaldi... Antinori non ci sta e prova a rilanciarsi… finita un'avventura si riparte con un'altra... i soldi di certo non mancano... basta trovare il giusto posto e le giuste persone per riproporre il progetto iniziato con successo a Bolgheri. 

E così, non molto distante dalla sua ex-tenuta Ornellaia, nel comune di Bibbona, Ludovico e Piero Antinori, insieme a Umberto Mannoni danno vita alla Tenuta di Biserno, avvalendosi di "tecnici" di cantina (vedi il quotato Michel Rolland) di fama mondiale e puntando tutto sulla produzione di un grande blend moderno dal taglio tipicamente bordolese. 

Semplificando... avete un botto di soldi, vi svegliate una mattina e decidete di voler produrre in Italia un vino che possa reggere il confronto con i grandi Bordeaux di Saint Emilion e Pommerol.. si acquistano i terreni giusti, si coltivano le classiche uve bordolesi (Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Petit Verdon, Merlot ecc...), si ingaggiano i più rinomati winemaker sulla piazza, degli esperti in management e il gioco é fatto. Ecco pronto il Biserno, il superblend da 90 carte a bottiglia che tenta di ripercorrere i fasti dell'Ornellaia.

Non solo Supertuscan di alta fascia per questa nuova avventura della famiglia Antinori, ma anche l'acquisto della Tenuta Campo di Sasso, costituita da tre appezzamente situati ad ovest della strada che collega Bolgheri a Bibbona, su un terreno molto più sabbioso, ideale per la coltivazione del Syrah, che mixato con il Merlot, il Cabernet Franc e il Petit Verdon danno vita all'Insoglio del Cinghiale, il blend più easy ed economico della tenuta di Biserno. 

Siamo al cospetto del classico vino di taglio bordolese in tutto e per tutto... quindi anche alla beva nessuna sorpresa.. sapete già cosa vi aspetta, se siete fans del genere é il vostro vino, altrimenti appena vedete il logo del cinghiale sulla bottiglia...girare alla larga. 

Per la versione 2010 (che ho sbevazzato presso la bella osteria "Molino del Torchio" a Cuasso al Piano in prov. di Varese, quasi al confine con la Svizzera e a due passi dalla sponda italiana del lago di Lugano... il che significa oltre alla cena, approffittarne per fare benza oltre confine a 1.45 euro al litro...), miscela di uve Syrah 32%, Cabernet Franc 31%, Merlot 32%, Petit Verdot 5%, vendemmiate nel mese di settembre da vigne piuttosto giovani (impiantate nel 2002). 21 giorni di fermentazione a temperatura controllata. La malolattica avviene per il 20% in botti di rovere mentre il resto in inox. L'affinamento dura solo 6 mesi e avviene in barriques di primo e secondo passaggio, prima di riposare per 3 mesi in bottiglia. Gradazione alcolica sui 14° e prezzo in enoteca sulle 15 euro e produzione annua di circa 200.000 bottiglie.

Verso nel super-ballon (nel punto massimo avrà un diametro di quasi 20 cm !!), dove spicca un vino concentrato e dall'intenso colorito rosso rubino con riflessi porpora. Infilo praticamente tutta la faccia nel bicchiere viste le sue dimensioni e rimango piacevolmente colpito da un bouquet ricco e variegato, piacevole e ruffiano dove su un fondo intenso e vinoso spiccano in primo piano sentori di frutta dolce e matura, come ciliege e more, completato da accenni di tostatura e spezie, senza dimenticare la vaniglia e la liquirizia. Pur nella sua spiccata intensità e persistenza, rimane la sensazione di un bouquet equilibrato, rotondo e di primo impatto. Niente ossigenazione, rotazioni o sentori che escono poco alla volta, c'è poco da far "evolvere"... questo "naso" é un blocco unico che ti svela tutto subito. Al palato rimane la grande e piacevole sensazione dolciastra avvertita al naso, un vino rotondo ed equilibrato, sempre presente e amabile, dai tannini rotondi e dal corpo morbido. Decisamente facile, ma non per questo insignificante o "vinello" di poco conto. 

Tutto quello che avete sempre letto sui vini omologati, sui Supertuscan e sui blend bordolesi, l’ho ritrovato (non senza una piacevole sensazione, bisogna essere sinceri..) in questo bicchiere di vino. Carnoso, grassottello, marmellatoso e anche un po' muscoloso (ma senza esagerare), tutto perfettamente in equilibrio dall'inizio alla fine, dall'attacco alla chiusura, dalla prima all'ultima goccia. C'è poco da scoprire, ma rimane un piacevolissimo vino da gustare.

Se dovete invitare a cena una donzella (o viceversa) che non si intende molto di vino, questo Insoglio può essere la giusta mossa per fare centro. Esborso contenuto e vino di sicuro effetto, la colpirete con il suo equilibrio, la sua facilità di beva, il suo retrogusto dolce, la sua polpa, la sua veste da vino comunque importante e ben costruito. 

Che dire.. il signor Rolland conosce bene i trucchetti per preparare una pozione "paracula", che, "politicamente" può anche starci sui maroni, ma che alla fine beviamo con grande piacere.

Gastronomicamente trasversale, quindi classico abbinamento da rosso a 360°, anche se per l’Insoglio del Cinghiale la morte sua non può che essere... il cinghiale… mi sembra fin troppo facile… per il resto, visto che siamo sul  prodotto “piacione” abbinamento da “piace a tutti e fa un po’ figo”, il che significa libro di Fabio Volo in mano e I-Pod con Lorenzo Jovanotti che se la canta (se poi volete scadere nel nazional-popolare estremo, allora ascoltatevi un the best di Vasco!).

Questo é un vino per chi vuole andare sul sicuro, vuole bere bene, internazionale e se ne frega di Mondovino.. per tutti gli altri che acquistano e vivono il vino con un "minimo" di etica, beh avete altre centinaia di etichette molto più territoriali, autoctone e affascinanti da scoprire. A voi la scelta.. per quanto mi riguarda provato e archiviato... scontato ma piacevole...

mercoledì 6 giugno 2012

PATRONO 2008 - Nero d'Avola D.O.C. - Feudo Ramaddini

...Dimenticatevi il Nero d’Avola da due euro del supermercato, dimenticatevi il Nero d’Avola supersicilian style, nero e legnoso, dimenticatevi anche quello fresco e leggerino, quasi estivo e da abbinare al pesce… il Patrono di Ramaddini è il perfetto punto di congiunzione tra tutte queste versioni.


Ho deciso ti stappare questa boccia per innalzare un calice di benvenuto al nuovo arrivato nella comunità, ovvero Emiliano, primo figlio dei miei amici Gaia e Stefano, che circa un anno fa, di ritorno dalla loro vacanza siciliana, mi hanno omaggiato con alcune bottiglie del Feudo Ramaddini. 

Non é quindi la prima volta che ospito nel blog i vini della cantina di Marzamemi, vi ho già raccontato del super passito di Noto "Al Hamen" dello Chardonnay "420 Quattroventi", eviterò quindi di riscrivere le info relative al produttore. Ci troviamo in una zona di eccellenza per la produzione di uve Nero d'Avola, e questo Patrono 2008 sembra darne conferma. 

Devo fare una premessa prima di partire in quarta… non sono un superfans del genare e quindi difficilmente lo acquisto… sono un po’ stufo, quasi nauseato (esagerato...) da tutte queste bottiglie di Nero d'Avola (spesso pessime...) che si presentano davanti ai miei occhi un pò ovunque. Supermercati, discount, autogrill, lounge bar, enoteche da strapazzo… il Nero d’Avola, negli ultimi anni ha saturato gli scaffali.. vi é mai capitato di fare un aperitivo o a bere qualcosa in enoteca con persone che di vino capiscono quanto me di fisica quantistica? Un occhio alla carta e tutti concordano nel prendere una boccia di Nero d’Avola… Volete un vino da un euro alla bottiglia per sgorgare il lavello?? State tranquilli che al centro commerciale un Nero d’Avola in offerta lo trovate sempre… non so quante milionate di bottiglie ne vengono prodotte attualmente, ma questo vino siciliano è ovunque, tutti lo bevono e anche i più disinteressati in materia, tra le poche tipologie di vino che conoscono sicuramente menzionano il Nero d’Avola. Ovvia conseguenza bisogna saper scegliere, ci sono bottiglie eccellenti, ma tanta abbondanza porta spesso ad un abbassamento della qualità generale. Quindi occhio c'è Nero d'Avola :-) e Nero d'Avola :-(

Solitamente quando stappiamo una bottiglia di questo vino, troviamo nel bicchiere un vino concentrato, scuro, denso, caldo, di corpo ed alta gradazione alcolica… insomma il classico vinone affinato in legno che vuol darsi un tono… poi scopri alcuni produttori (mi viene in mente Cos) che preferiscono valorizzare il lato più “mediterraneo” di quest’uva, un Nero d’Avola che alla cieca faticheresti a riconoscere... giovani, freschi, dinamici, beverini.. quasi due stili di interpretare la materia opposti... poi ti capita tra le mani il Patrono e capisci che non esistono solo questi estremi, ma c’è chi è riuscito ad assemblare in un'unica bottiglia entrambe le versioni.

Al Feudo Rammaddini producono il Patrono partendo da uve Nero d'Avola in purezza, coltivato a controspalliera/cordone speronato su terreno calcareo, un terroir unico per questa tipologia di vitigno, che si snoda dall'altopiano di Noto verso Pachino e il mar Mediterraneo. Le uve vengono vendemmiate e selezionate a fine settembre, con macerazione sulle bucce per 8 giorni a temperatura controllata, a cui segue un anno di affinamento in tonneau di rovere e 3 mesi di riposo in bottiglia. La vendemmia del 2008 a cui fa riferimento questa bottiglia, ha prodotto 5.000 bottiglie e commercializzate nel 2010, prima uscita sul mercato per questo Patrono. 

Andiamo quindi ad assaggiare una "prima" del Feudo Ramaddini e se il buon giorno si vede dal mattino... non possiamo che accogliere con entusiasmo questo esordio e attenderci sviluppi futuri davvero interessanti. 

Nel bicchiere "scivola" con buona fluidità, intenso e di buona concentrazione, ma al contempo dinamico e pulito, con un bel colore rosso rubino tendente al porpora. Al naso sale lento, ma dopo due o tre "annusate" decise (che é tengo il naso tappato??) sprigiona una bella intensità, una vena decisa e acuta che denota pulizia, freschezza e finezza, dove a spiccare, oltre ad una marcata vinosità di fondo, sono le note di frutta a bacca rossa, sottobosco e ciliegia sotto spirito, grazie anche ad una spinta alcolica (13.5%vol.) presente ma mai invasiva. Secondariamente si fa sentire il lavoro del legno, il bouquet vira su toni più morbidi e ci regala sentori vanigliati e speziati, con "suggestioni" di macchia mediterranea. Al palato attacca fresco e acido, quasi astringente, quasi un effetto "vino novello" per rendere l'idea, ma é un vino che sa evolvere e che si fa scoprire sorso dopo sorso, già al secondo bicchiere inizi ad entrare in sintonia con il bevuto, a gustarti un vino importante che gioca ad alternare freschezza e bevibilità, ma é anche ben strutturato, morbido nel tannino e dalla spiccata sapidità. Ritornano i sentori e le note di frutta rossa già avvertiti al naso, oltre ad un bel finale pieno, amarognolo e minerale. 

Dimenticatevi il Nero d’Avola da due euro del supermercato, dimenticatevi il Nero d’Avola supersicilian style, nero e legnoso, dimenticatevi anche quello fresco e leggerino, quasi estivo e da abbinare al pesce… il Patrono di Ramaddini è il perfetto punto di congiunzione tra tutte queste versioni. Ha il carattere e la struttura del vino importante, ha l’affinamento in barrique con i sentori gusto-olfattivi che ne derivano, il tannino morbido e un buon corpo, ma ha anche una spiccata capacita di risultare snello, succoso, croccante e amabile. 

Gli manca ancora qualcosina per diventare eccellente, queste caratteristiche dovrebbero essere maggiormente amalgamate ed equilibrate, il che garantirebbe maggior eleganza e qualche spigolo in meno, ma come ho scritto sopra siamo alla prima vendemmia con uve provenienti da piante relativamente giovani, ed essere in grado di produrre un vino così territoriale è già un ottimo punto di partenza.

Gastronomicamente è piuttosto trasversale, oltre ai “carnivori” abbinamenti da vino rosso, il suo lato più dinamico e succoso lo rendono ottimo con i tipici e “consistenti” piatti della gastronomia siciliana, anche una saporita pasta con le acciughe, una caponata o una parmigiana “bella spessa” e con le melanzane rigorosamente fritte (non la versione light che facciamo qui al nord per intenderci…). 

Bottiglia regalata, quindi non ho indicazioni precise sul prezzo… ma credo che un prodotto di questo livello in negozio, può tranquillamente essere venduto intorno alle 15 euro… se poi lo trovate a meno o riuscite a recuperarlo direttamente in cantina, allora ci scappa anche un buon affare. 

Abbinamento musicale assolutamente poco territoriale... per questo Nero d’Avola, piazziamo su il mitico “Hai paura del buio?” degli Afterhours. Band milanese quindi, che poco ha "terroir" siculo, ma è la band preferita dalla mamma del neo-nato Emiliano, e visto che abbiamo stappato in suo onore… anche la musica è tutta per lui. Metteteci anche che il rock-pop di Agnelli & company, come questo Patrono sta giusto nel mezzo… tra incazzature rock (Male di miele, Dea, Lasciami leccare l'adrenalina...) e ballate metropolitane (Voglio una pelle splendida..), muscoli, ma anche cervello, capaci di essere a loro modo, sempre se stessi e sempre sul pezzo. 

Dopo 3 assaggi rimane la certezza che Feudo Ramaddini é un’ottima cantina, anche se é giovane e deve ancora dimostrare tutto il potenziale del suo terroir, ma i primi passi sono stati mossi nella giusta direzione.

Personalmente ritengo davvero interessante questa versione di Nero d’Avola, più centrato rispetto allo Chardonnay, anche se il fiore all’occhiello del Feudo, rimane il “dorato” Passito di Noto “Al Hamen”.

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...una fusione eno-culturale vincente, un vino che intriga, incuriosisce e si lascia amare, un vino del sole e della gioia, della bellezza territoriale e popolare che accomuna Spagna e Sicilia.

RENOSU BIANCO - Romangia I.G.T. - Tenute Dettori

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...quello che entusiasma del Renosu Bianco è tutto il suo insieme, dalla sua naturalità alla sua originalità, mantenendo una piacevole semplicità nel sorso...

CINQUE VINI, TRE SORELLE, UN TERRITORIO > TUTTI I ROSSI DEL CASTELLO CONTI... IL POST DEFINITIVO

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Conosco e bevo "Castello Conti" da alcuni anni, e provo una profonda ammirazione per i loro vini e per il lavoro "senza trucchi" di Elena e Paola. Da una recente visita con degustazione presso la loro cantina di Maggiora, é nata una sorta di collaborazione appassionata, che mi ha permesso di gustare l'intera produzione di rossi del Castello, che oggi in questo mega-post ho il piacere di raccontarvi alla mia maniera...

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!
da "Le vie del vino" di Jonathan Nossiter... < - In cantina questo Volnay, che qui é a 68 euro, ne costa più o meno 25. Quindi non sono i De Montille ad arricchirsi. Ma quando arriva a Parigi o a New York, il vino costa almeno il doppio che dal produttore. - Quindi per noi che abitiamo in Francia val la pena di andare a comprare direttamente da lui. - Si in un certo senso, il ruolo dell'enoteca in città è quello di aprirti le porte per farti scoprire il tuo gusto personale, e di esserti utile quando hai bisogno di qualcosa rapidamente. Poi spetta a te stabilire una relazione diretta con il produttore >

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!
...Anche se sono un po’ più giovane e indosso il parka con le pins non significa che entro per mettermi sotto il giubbotto le bottiglie di Petrus fiore all’occhiello della vostra enoteca, quindi evitate di allungare il collo o sguinzagliarmi alle spalle un commesso ogni volta che giro dietro allo scaffale.