mercoledì 25 aprile 2012

IL BOSCHETTO 2008 - Barbera d'Asti Superiore D.O.C.G. - Az. Agr. Cabiale Roberto

...Se siete tra quelli che identificano la Barbera come un vino rustico e sincero qui troverete pane per i vostri denti.


Questo é un inizio di primavera decisamente autunnale... piove, fa piuttosto freddo (per la gioia di chi mi vende il gas..), c'è una grande umidità e un'atmosfera quasi invernale. Non fosse per le azalee già fiorite e il verde sgargiante dei boschi a ricordarci che la primavera é già arrivata, saremmo ancora chiusi in casa a menare il paiolo della polenta (che da queste parti non é così strano, visto che i padani incalliti "spolentano" anche a ferragosto!). E così in attesa che arrivi il clima ideale per freschi e rigeneranti vini bianchi, continuiamo a perseverare su rossi tutti di un pezzo. 

Faccio rewind nella memoria e ritorno a fine ottobre, nella bella e tradizionale atmosfera Monferrina presso la fiera del tartufo di Moncalvo. Una piazza e una "massiccia" presenza di "bancarelle" di produttori piemontesi. Da leccarsi i baffi e svenarsi il portafoglio... Tra cioccolato, dolci alla nocciola, la toma, i funghi, i ravioli al plin... ecco tra la folla spuntare anche qualche vignaiolo con relative bottiglie. Siamo in Piemonte e i produttori vitivinicoli di certo non mancano. Ovviamente c'è il tipico Ruché, ma anche la Barbera d'Asti qui é di casa e il sottoscritto non si lascia scappare l'occasione e ne acquista alcune bottiglie. 

Cosi dopo la piacevole "performance" della Barbera d'Asti di Massimo Marengo, proviamo a salire di un gradino con la versione Superiore dell' az. agr. Roberto Cabiale. Questa cantina a sede proprio a Moncalvo, nel Monferrato Astigiano, la più grande area vitivinicola del Piemonte. Da oltre cento anni vengono prodotti i più conosciuti vini della zona, dalla Barbera al Grignolino, per un totale di 10 ettari vitati. Il vino stappato é un po' il cru aziendale, trattandosi della Barbera Superiore D.O.C.G. "Il Boschetto" 2008 che prende il nome dalla più antica e prestigiosa vigna del Cabiale. 

Le uve vengono raccolte manualmente, diraspate e lasciate a fermentare per 10/12 giorni a temperatura costante, con una continua movimentazione per favorirne l'ossigenazione. A seguire la svinatura e la spremitura che viene eseguita con un vecchio torchio, quindi la fase di affinamento, che per questo "Il Boschetto" consiste in un anno di riposo nelle barriques e in piccole botti di rovere. 

Nel bicchiere spicca un rosso rubino intenso con unghia violacea. Piuttosto consistente, disegna archi e "lacrime" che ridiscendono lentamente lungo le pareti del bicchiere, dimostrando da subito una spiccata gradazione alcolica (14%vol.). Al naso attacca deciso, con buona intensità e persistenza. Si sente la decisa spinta alcolica e il vino risulta inizialmente piuttosto chiuso e pungente, molto vinoso, ma dopo alcune rotazioni riesce ad aprirsi regalandoci sensazioni aromatiche interessanti, che spaziano dalla frutta rossa matura alle note speziate, il tutto avvolto da una costante sensazione di tostatura e legno, che appesantiscono un po' il naso, quasi a "schiacciarne" le note aromatiche. Anche al palato l'ingresso é di grande potenza e si ha da subito la sensazione di un vino tosto e poco incline alla raffinatezza. Asciutto, intenso e teso con una decisa concentrazione di alcol e tannini. Per nulla ruffiano, solo dopo alcuni brevi sorsi, si riesce ad assopire la "botta" iniziale ed apprezzarne il lato più equilibrato, con l'acidità che lascia spazio ad un palato più amabile e morbido, pieno, caldo, polposo. Il finale é lungo, persistente e leggermente amarognolo. 

Un vino di grande struttura, che forse avrebbe meritato qualche anno di riposo in più per potersi esprimere al meglio. La sensazione é quella di un vino "tutto di un pezzo", ulteriormente caricato dall'affinamento in legno e piuttosto impegnativo alla beva, ma allo stesso tempo si intravedono ottime potenzialità evolutive, che potrebbero conferire a questa Barbera quel tocco di eleganza e finezza che ad oggi sembrano venire meno. 

Se siete tra quelli che identificano la Barbera come un vino rustico e sincero qui troverete pane per i vostri denti, se invece preferite le versioni più beverine forse é meglio puntare su quelle affinate in solo acciaio, sicuramente più fresche e meno impegnative. Cabiale Roberto ha avuto la capacità di proporre un vino che ben rappresenta il Monferrato e il suo terroir, senza voler proporre il clasico cru dal taglio moderno e piacione. 

Un vino di una certa importanza, che merita la vostra attenzione, anche in virtù di un buon rapporto qualità/prezzo (se non ricordo male 9 euro dal produttore alla fiera di Moncalvo), ma che richiede anche un acquirente che sappia aspettarlo e stapparlo al momento giusto. Ideale compagno di viaggio per piatti rustici e saporiti, soprattutto a base di selvaggina e carni in umido, piatti che come questo vino hanno bisogno di tempo per essere "cotti" a puntino.

domenica 15 aprile 2012

CABERNET 2009 - Veneto I.G.T. - Maculan

...Diciamo (per quanto questa mia definizione possa suonare scorbutica) un vino da bere con disimpegno... per starcene rilassati e cacciar via lo stress accumulato in settimana.


Questo é il classico vino da venerdì sera di stanca. Dopo una dura settimana lavorativa capita di tornare a casa stanchi, magari un po' incazzosi e con poca voglia di relazioni sociali o vita notturna. Così, anziché spendere soldi in benzina, aperitivi, cinema, teatro, concerti e quant'altro, ti metti le pantofole, il felpone e ti spari un venerdì sera da "anima solitaria" e lasci che sia una "consolatoria" boccia di vino a risolverti la serata. 

Niente di esplosivo sia chiaro, siamo stanchi e incazzosi ricordate? Quindi inutile stravolgere la vostra serata un po' sfigata con un vino "della madonna" che vi sgonfia anche il portafoglio. Quello tenetelo per le grandi occasioni. Ti prepari una cenetta di buona qualità e "tiri su" dalla cantina (o "tiri giù" dallo scaffale) una dignitosa boccia, un onesto vino da tavola, il così detto vino quotidiano. Non sto parlando del bottiglione da discount, ne del fiasco del nonno, ma di una semplice bottiglia, magari comprata velocemente al super, comunque mai troppo costosa o impegnativa da bere. 

Diciamo (per quanto questa mia definizione possa suonare scorbutica) un vino da bere con disimpegno... per starcene rilassati e cacciar via lo stress accumulato in settimana. Così é stato il mio ultimo venerdì sera, figlio della Pasqua più fredda che mi ricordo, di una settimana piovosa, più autunnale che primaverile e di una provincia (Varese) dove nonostante gli ultimi "terremoti" padani, devi ancora star a discutere con imperturbabili sostenitori bossiani. 

Via da me paranoie... per una sera meglio dimenticare e stappare questo Cabernet della Maculan. Probabilmente molti di voi conoscono già questa "famosa" cantina. Per tutti gli altri mi permetto di scrivere due righe in merito. 

Maculan é un'enorme cantina, diciamo pure un'industria del vino, capace di esportare in "quasi" tutto il mondo le 750.000 bottiglie prodotte, figlie di circa 50 ettari vitati. Siamo a Breganze in provincia di Vicenza, nelle prealpi venete, zona climaticamente favorevole, essendo protetta a nord dall'Altopiano di Asiago. La cantina é situata proprio nel centro storico di Breganze, comune dove sono situati i due vigneti più importanti ovvero il Ferrara e il Fratta, mentre il resto delle vigne é in affitto nella zona D.O.C. Breganze. Quasi la metà delle uve utilizzate, non vengono prodotte direttamente da Maculan ma acquistate da viticoltori locali. 

Attualmente con l'entrata in azienda delle due figlie del sign. Fausto Maculan, siamo alla terza generazione di vignaioli, il che significa avere a che fare con un'azienda moderna e tecnologicamente all'avanguardia, ma che ha alle spalle anni e anni di tradizione vinicola. Diciamo pure una grande azienda che sa destreggiarsi sul mercato, offrendo vini di buon livello qualitativo (in alcuni casi anche ottimi) senza inflazionare gli scaffali con linee di vini dal basso costo e dalla qualità discutibile. La produzione spazia dai bianchi ai rossi, ma sono soprattutto i vini "dolci" il vero fiore all'occhiello di Maculan. Acininobili in primis, ma anche il Torcolato, il moscato Dindarello e il "rosso" Madoro, sono vini che all'assaggio giustificano i numerosi riconoscimenti ricevuti. 

Il vino che vado a stappare per il mio venerdì sera casalingo é un Cabernet del 2009, acquistato qualche mese fa mentre facevo la spesa, per circa 9 euro. Per produrlo vengono utilizzate principalmente uve Cabernet Sauvignon, con l'aggiunta di Cabernet Franc a completamento. Zero legno per questo Cabernet, che viene affinato per un anno in vasche di acciaio. 

Di color rosso rubino intenso, quasi porpora, profondo, si dimostra un ideale vino a tutto pasto, il che calza a pennello per una buona bevuta non troppo impegnativa. Sia al naso che al palato si dimostra vino assai piacevole, dinamico e fresco, di pronta beva. Non risulta mai pesante o faticoso e si lascia bere a belle sorsate. Finezza ed eleganza non sono da ricercare in questo bicchiere, ma troviamo un vino più che dignitoso per intensità, corpo, calore e persistenza. Equilibrato e un po' "ruffiano", sa farsi amare grazie alle spiccate note di frutta e a sentori speziati dolciastri, come la liquirizia e la cannella. Anche il tannino risulta morbido e caldo, e il finale rilascia al palato una piacevole sensazione dolciastra. Non pensate al solito vinello zuccherino però, c'è una vigorosa (ma mai invadente) vena alcolica (13.5%vol.) e una discreta struttura a sorreggere e dare tono alla beva. 

Niente di memorabile, tutto facile e godibile, esborso limitato, rapporto qualità/prezzo adeguato e facile reperibilità. Un ideale vino da tavola per una cena ben fatta ma senza troppe pretese. Gastronomicamente ci sta su tutto, ma per quanto mi riguarda, la morte sua é in abbinata ad una bella (e buona) fettona di soppressa vicentina incastrata tra due pezzi di pane mentre ci ascoltiamo un vecchio cd dei Pitura Freska, che fa molto veneto...un po' reggae e molto disimpegno...

P.S. a proposito della scorbutica definizione di vino "da bere con disimpegno" scritta sopra... questa bottiglia ha il tappo in silicone... così non avete nemmeno la sbatta di stappare con attenzione e verificare che il vino non sappia di tappo. Insomma ci scende la poesia con il silicone... ma più disimpegno di così.... :-)

lunedì 9 aprile 2012

VINO NOBILE DI MONTEPULCIANO 2008 - D.O.C.G. - Gattavecchi

...Difficile trovare un difetto a questo Nobile, che riesce, nel segno della tradizione, a regalarci un vino di grande equilibrio ed eleganza, senza eccessi di modernismo...


Qualcuno "sfogliando" questo blog può accusarmi di essere eccessivamente Tosco-Piemontese oriented, considerando la consistente quantità di bottiglie recensite provenienti da queste due regioni, che non a caso rappresentano le aree vinicole italiane più famose ed apprezzate. Quindi, premesso che mi piacciono le buone bottiglie, indipendentemente dalla regione di provenienza, é un dato di fatto che in Toscana e Piemonte si producono parecchi ottimi vini e diventa quindi scontato, ritrovare queste bottiglie in cantina e sul tavolo.
Così durante una cena tra amici mi portano questa bella bottiglia di Nobile di Montepulciano, un vino che é conosciuto e venduto più all'estero che non in Italia, dove il consumatore medio é più propenso al Chianti, ai vini di Montalcino e ai grandi blend toscani. A me é sempre piaciuto un sacco, come mi piacciono un sacco i vini toscani dove il Sangiovese (o Prugnolo Gentile come lo chiamano a Montepulciano) é il vitigno predominante. Sarà che sono rimasto affascinato da questo borgo "misterioso" e dalle sue storiche cantine sotterranee scavate nel cuore del paese.

Gattavecchi é la cantina di cui vi scrivo oggi, ed é proprio situata nel centro storico di Montepulciano, una cantina scavata nella roccia e nel tufo, proprio sotto la duecentesca chiesa di Santa Maria dei Servi. Produttori di vino da 5 generazioni, l'azienda viene rilanciata nel dopoguerra dal sign. Valente Gattavecchi e si compone di due entità distinte, ovvero la storica cantina Gattavecchi e la più recente e moderna tenuta Poggio alla Sala, che attualmente vengono gestite dai figli. In tutto circa 40 ettari vitati per 280.000 bottiglie prodotte, ed oltre al tipico Nobile di  Montepulciano, vengono commercializzati altri classici vini toscani, dal Chianti dei colli Senesi, alla Vernaccia di San Gimignano. Una produzione che punta in toto sull'autoctono Sangiovese e su altri caratteristici uvaggi toscani. Bene... ogni tanto trovare in toscana una cantina "medio-grande" come questa, senza la solita bottiglia di Merlot fa "quasi" piacere.

Prendiamo il loro Nobile... al 90% è composto da Sangiovese coltivato nei poderi di Argiano e Ascianello, situati nel comune di Montepulciano, mentre a completamento si utilizzano altre tipiche uve della zona come il Canaiolo e il Colorino Nero. A vendemmia ultimata e dopo una soffice diraspa-pigiatura si effettua una macerazione a temperatura controllata per 16-18
giorni. La fermentazione malolattica avviene spontaneamente entro il mese di dicembre, mentre l'’affinamento avviene per due anni in botti di rovere di Slavonia di media capacità e in piccoli fusti di rovere francese. Segue un ulteriore affinamento in bottiglia di 6 – 8 mesi. 

Prima di raccontarvi del bevuto, permettetemi due righe in merito alla bellissima etichetta effetto "vintage", che ben rappresenta e identifica la cantina Gattavecchi, simbolo e storia della viticoltura di Montepulciano, tanto da essere stata tra le prime ad imbottigliare il Nobile. Molto suggestiva. 

Nel bicchiere notiamo un bel colorito rosso rubino con sfumature granato, con buona fluidità e trasparenza. Bello ed elegante già alla vista. Al naso é profumato, varietale e delicato. La vena alcolica di (13.5% vol.) rimane in secondo piano, lasciando spazio ad un vino di media intensità e persistenza olfattiva, con piacevoli e predominanti sentori di frutta rossa e nera, come ciliegie e prugne. Secondariamente sono le note speziate a farsi spazio, con punte di cannella, chiodi di garofano, pepe e liquirizia. Leggera tostatura. Al palato é asciutto e caldo, di struttura media e buon corpo. Il tannino é piuttosto morbido e ci regala un vino pieno e avvolgente, mai denso o esageratamente carico, risultando equilibrato, snello e assai piacevole. Davvero un vino ben fatto. Forse pecca un filo in struttura e in spinta, ma rimane al contempo un vino godibilissimo e mai banale. Bel finale persistente.

Difficile trovare un difetto a questo Nobile, che riesce, nel segno della tradizione, a regalarci un vino di grande equilibrio ed eleganza, senza eccessi di modernismo, nel saper farsi "gustare" senza caricare troppo sulla polpa e gli zuccheri, nel riuscire a dimostrarsi vino di spessore, senza voler mostrare i muscoli a tutti i costi. 

Una bottiglia che consiglio a tutti di acquistare, sia per il prezzo contenuto tra le 13-15 euro, adeguato per un Nobile, sia perché vi portate a casa una bella bottiglia che fa la sua "sporca" figura sia in tavola che sullo scaffale. 

Tradizione, eleganza ed equilibrio, vino ideale per pesteggiare in abbinata a dei formaggi saporiti o ad un buon filetto. Stappare con un'oretta di anticipo e servire a 18-20°C. Trovarlo in giro non é semplicissimo, almeno qui nel varesotto, il consiglio é di fare il turista, così vi vedete la stupenda Montepulciano, la suggestiva cantina sotteranea di Gattavecchi e vi portate a casa un bel ricordino formato bottiglia. Questa si che é una bella cartolina da Montepulciano.

P.S. Grazie a Stefano per la bottiglia :-)

martedì 3 aprile 2012

SESSANTAPARTE 2009 - Barbera d'Alba 2009 D.O.C. - Massimo Penna

...Quando il risotto alla milanese con ossobuco mette in secondo piano una Barbera...


Voglio essere onesto con il lettore… se sei finito su questo post, alla ricerca di informazioni sulla Barbera di Massimo Penna, allora fai un salto a metà pagina, perché di questo viticoltore langarolo non ho informazioni in merito (diciamo che si tratta di una degustazione alla cieca anche se l’etichetta si vedeva benissimo..), ma soprattutto perché il protagonista di questo post è il ristorante in cui sono stato e la sua specialità, più che il vino di accompagnamento (ebbene si… questo è il classico caso, in cui la bottiglia non ruba la scena al piatto..). Se avete pazienza ve la racconto dall’inizio…

E’ sabato pomeriggio.. sono ormai le 19 e abbiamo (io e consorte) un compleanno arretrato da festeggiare (e non è il mio..). Nel corso della settimana avevamo già varato alcune possibilità, se non altro l’idea di base… ovvero mangiare un tipico piatto milanese come tradizione comanda… anzi un piatto specifico… il risotto alla milanese con ossobuco.  

Abitando nelle Prealpi varesine, Milano non è poi così lontana, capita spesso di scendere nella metropoli per concerti, fiere, mostre ecc… con 40 minuti di auto sei in centro.. però… ristoranti quasi zero!. Sono sempre affollati, spesso con due turni serali, il che significa dover cenare con l’imbuto e il cameriere che ti pressa (e questa è una cosa che odio), i prezzi rispetto alla provincia sono maggiorati di un bel 20% , la qualità lascia spesso a desiderare e molte osterie lo sono solo nel nome. Certo anche a Milano le trattorie autentiche e tradizionali non mancano, ma bisogna cercarle con il lanternino, tra centinaia di ristoranti. Dopo un’intera mattinata passata sul web alla ricerca del posto “come dico io..”, decido per il meno peggio, visto che nessun ristorante è riuscito a convincermi a pieno. Il più consigliato, acclamato ed economicamente alla mia portata sembra essere l’Altra Isola, antica trattoria milanese, che oltre a riscuotere parecchi consensi tra gli internauti, viene addirittura indicata su Dissapore come il ristorante milanese numero uno per l’ossobuco e al secondo posto per il risotto alla milanese…

Considerando che voglio spararmi proprio il risotto all’ossobuco… questa trattoria sembra essere quello che sto cercando, salvo poi leggere che a parte l’anziano e storico gestore, cuoco e camerieri sono tutti cinesi. La cosa mi lascia un po’ interdetto, la tradizionale cucina meneghina è opera di un cinese… ma che ci azzecca?? Chiudiamo un occhio e fidiamoci… si sa che ormai a Milano il lavoro del cuoco è opera di stranieri, non è un caso che i migliori pizzaioli sono egiziani…

Arrivo puntuale in zona Isola, non siamo in centro storico il che (credo per la prima volta in vita mia) mi consente di parcheggiare senza problemi. Entro ed è tutto come previsto, una vecchia e classica trattoria milanese, apparentemente un po’ decaduta. La sensazione che si respira é di un posto che in passato ha goduto di gloria e riconoscimenti, mentre oggi il milanese medio preferisce farsi spennare in qualche pseudo ristorante alla moda, e i soli due tavoli occupati lo dimostrano. C’è l’anziano e panciuto proprietario, un giovane cinese a gestire la sala e un cinese più anzianotto con il cappello da cuoco… è lui il re e il custode della tradizione culinaria meneghina.

Mentre aspettiamo e diamo un occhio alla carta dei vini ci viene servito un piattino con quattro polpettine fritte, decisamente posse… sembra quasi che il cuoco ci voglia avvisare... occhio che sono cinese!! Ecco subito il riscatto, l’elemento che scardina dubbi e pregiudizi.. sullo scaffale dei vini in bella mostra alcune bottiglie di Barbacarlo…. È la prima volta che lo vedo in un ristorante e non è proprio un vino che uno compra a caso… evidentemente l’anziano gestore la sa più lunga di quanto io possa immaginare. L’atmosfera mi piace molto, questa è una vera trattoria old style, dai muri con l’intonaco cadente, ai tavoli del nonno, all’anziano signore che solo-soletto mangia la cotoletta alla milanese seduto al primo tavolo all’ingresso della sala.

C’è da scegliere il vino, la regione Piemonte prevede un assortimento di una decina di bottiglie, quasi tutte della stessa cantina, un certo Massimo Penna, produttore di Alba. Voto per la sua Barbera, proviamola… con il risotto giallo e l’ossobuco un ruspante Barbera è quello che ci vuole. Il piatto è fantastico e abbondante, buono il risotto ma è l’ossobuco ad avere una marcia in più… come diceva una pubblicità di qualche anno fa… “si taglia con un grissino”. Non è un piatto per gli amanti della cucina light… ma a mio modesto parere è qualcosa da provare almeno una volta nella vita!!

Tornando su quello che è l’argomento principale di questo blog, ovvero il vino. Come ho scritto sopra non ho notizie in merito al produttore e alla tecnica di vinificazione e affinamento di questa Barbera. Quantomeno trattandosi di una Barbera d’Alba con tanto di fascetta D.O.C. possiamo prendere come riferimento la sua disciplinare. La bottiglia in questione è dell’annata 2009 e si chiama Sessantaparte (invito chiunque abbia info in merito a questo produttore di postarle qui sotto).

Fedele compagno di viaggio del nostro “risottone” si presenta di un bel rosso rubino scuro e carico, molto concentrato, impenetrabile alla luce e piuttosto denso. Anche il naso è piuttosto concentrato, discreto per intensità e persistenza olfattiva, si lascia apprezzare per un buon equilibrio tra la vena alcolica (14%vol.) piuttosto spinta e una nota dolciastra che richiama sensazioni di frutta matura rossa e nera (ciliegie, more, prugne), con leggera speziatura

Diciamo che c’è il caratteristico approccio rustico del classico vino da pasto, bello tosto e consistente, ma qui c’è un taglio più “moderno” che rende il tutto più rotondo, morbido e facile. Proprio per questo il bevuto risulta molto piacevole, ma senza esagerare e rischiare di risultare troppo ruffiano e poco autentico. Se posso fare una critica direi che manca un filo leggerezza, di dinamicità e di freschezza. Si beve con piacere ma arrivare a fine bottiglia risulta un po’ faticoso… diciamo che se il risotto con l’ossobuco è un piatto grasso… questa Barbera non è da meno. Tutto sommato senza infamia ne lode una buona Barbera d’Alba, tanto spessa quanto gustosa.

Prezzo al ristorante 22 euro. Certo se penso alla piacevole leggerezza della Barbera di Principiano bevuta a Vinnatur una settimana fa, qui siamo una bella spanna sotto.

L’abbinamento gastronomico è trasversale, essendo questo un buon vino da pasto, ma posso dire che piatti rustici e tradizionali sono l’ideale. Diciamo pure che ho passato una serata d’altri tempi, in un vecchio ristorante che sembra lottare contro il tempo e il modernismo della metropoli, tra risotto, ossobuco e Barbera. Mancava solo un adeguato accompagnamento musicale, magari con un Nanni Svampa d’annata, ideale cantastorie della  Milano che fu.

P.S. ricordate che chiedevo notizie in merito a questa cantina e a questo vino? Bene... direttamente dal produttore Massimo Penna ecco tutto quello che c'è da sapere  sul Sessantaparte...con qualche piacevole sorpresa...
"E’ un vino che produco da circa un ettaro di vigna con vocazione molto particolare. Molto potente addirittura stucchevole alla beva quando è molto giovane come nel caso del 2009. Consiglio questo vino a chi può e si sente di aspettare almeno 6 – 8 anni in modo che l’adolescenza lasci posto all’eleganza che ora è nascosta.
Barbera 100% vinificazione tradizionale a cappello sommerso con macerazione che vede come periodo ottimale il tempo della totale degradazione degli zuccheri. Separazione dalle bucce e affinamento nelle bonse esclusivamente nuove di rovere per circa 15 mesi ( in particolari anni come ad esempio il 2001 – 2007 – 2009 e il 2011 anche solo 12 )
E come abbiamo detto affinamento finale in bottiglia protratto per il tempo necessario. Il Sessantaparte non si offende se viene dimenticato.
Il prezzo è di € 29,00 dalla cantina"
Beh che dire... a 22 euro al ristorante é stato un bel colpaccio e comunque anche se non "maturo", come ho scritto sopra é stata una beva austera ma assai piacevole!! 

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...una fusione eno-culturale vincente, un vino che intriga, incuriosisce e si lascia amare, un vino del sole e della gioia, della bellezza territoriale e popolare che accomuna Spagna e Sicilia.

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CINQUE VINI, TRE SORELLE, UN TERRITORIO > TUTTI I ROSSI DEL CASTELLO CONTI... IL POST DEFINITIVO

CINQUE VINI, TRE SORELLE, UN TERRITORIO > TUTTI I ROSSI DEL CASTELLO CONTI... IL POST DEFINITIVO
Conosco e bevo "Castello Conti" da alcuni anni, e provo una profonda ammirazione per i loro vini e per il lavoro "senza trucchi" di Elena e Paola. Da una recente visita con degustazione presso la loro cantina di Maggiora, é nata una sorta di collaborazione appassionata, che mi ha permesso di gustare l'intera produzione di rossi del Castello, che oggi in questo mega-post ho il piacere di raccontarvi alla mia maniera...

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!
da "Le vie del vino" di Jonathan Nossiter... < - In cantina questo Volnay, che qui é a 68 euro, ne costa più o meno 25. Quindi non sono i De Montille ad arricchirsi. Ma quando arriva a Parigi o a New York, il vino costa almeno il doppio che dal produttore. - Quindi per noi che abitiamo in Francia val la pena di andare a comprare direttamente da lui. - Si in un certo senso, il ruolo dell'enoteca in città è quello di aprirti le porte per farti scoprire il tuo gusto personale, e di esserti utile quando hai bisogno di qualcosa rapidamente. Poi spetta a te stabilire una relazione diretta con il produttore >

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!
...Anche se sono un po’ più giovane e indosso il parka con le pins non significa che entro per mettermi sotto il giubbotto le bottiglie di Petrus fiore all’occhiello della vostra enoteca, quindi evitate di allungare il collo o sguinzagliarmi alle spalle un commesso ogni volta che giro dietro allo scaffale.