lunedì 31 gennaio 2011

AMARONE della Valpolicella 2004 - D.O.C. - Pietro Zardini

...alla vinicola Zardini piace lasciare ai suoi vini un po' di austerità e rusticità, scelta che comunque apprezzo, molti produttori oggi puntano tutto sulla rotondità e l'eleganza, togliendo però un po' di onesta corrispondenza tra il vino, la terra e il contadino, collegamenti che invece ritroviamo con piacere nei vini di Pietro.


Dopo il Valpolicella Classico e il Ripasso é arrivato il momento di stappare l'Amarone, terzo e più importante vino della vinicola Pietro Zardini, di San Pietro in C. nel cuore della Valpolicella. 

Ammetto la curiosità per questo vino dopo averne letto un gran bene (tra l'altro vincitore del Decanter d'oro 2010) e sinceramente non sono rimasto deluso. 

Sulla tecnica di produzione dell'Amarone (ovvero la caratteristica fase di appassimento delle uve) ho già scritto qualcosa nella recensione dell'Amarone Aldrighetti, mentre per quanto riguarda l'azienda vinicola Zardini, vi rimando alla recensione del suo ottimo Austero

Parliamo allora del più importante e rappresentativo vino di questa azienda e dell'intera zona della Valpolicella... l'Amarone, che finalmente é riuscito ad ottenere la certificazione D.O.C.G. 

Composto da un mix di uve di alta collina (Corvina 60%, Rondinella 25%, Molinara 10%, altre uve 5%), selezionate, raccolte a mano e depositate in cassetta dove rimango ad appassire per 4-5 mesi, praticamente l'autunno e l'inverno. Una volta pronte avviene la fermentazione tradizionale sulle bucce, con 4-5 settimane di macerazione. Quindi ben 3 anni di invecchiamento in botti di rovere e barriques, per concludere l'affinamento in acciaio. Un vino invecchiato quindi, che raggiunge gradazioni alcoliche importanti (qui siamo a 15% vol.) e che ben si adatta ad invecchiamenti piuttosto lunghi (anche 10 anni). Produzione annua di circa 4.500 bottiglie. 

Ma passiamo alla degustazione... colpisce subito il colorito scuro, un rosso rubino molto intenso, con riflessi granato scuro, bella densità. Al naso un bel bouquet ben sostenuto da una decisa vena alcolica, equilibrata da sentori dolciastri che ricordano frutta matura, come confettura, ma anche note speziate, vaniglia e cacao. Piacevole davvero anche se mi aspettavo qualcosa di più inebriante. Al palato si apprezza per corpo e calore, morbido e avvolgente, complesso e tannico, insomma tutto ciò che un vino di questo livello deve avere. Di buona potenza ben equilibrata dalla sensazione di frutta sciroppata, pieno e avvolgente, si perde lentamente in un finale persistente dal buon retrogusto.  

Se proprio dobbiamo trovare un cavillo, diciamo che sia al palato che nel finale, rimane una punta di acidità, comunque non invadente, che sa conferire quel tocco di "vino vero" e di contatto con la terra, ma che toglie forse a questo Amarone un pizzico di eleganza e raffinatezza. 

Ma come ho già scritto nella recensione del Ripasso, alla vinicola Zardini piace lasciare ai suoi vini un po' di austerità e rusticità, scelta che comunque apprezzo, molti produttori oggi puntano tutto sulla rotondità e l'eleganza, togliendo però un po' di onesta corrispondenza tra il vino, la terra e il contadino, collegamenti che invece ritroviamo con piacere nei vini di Pietro.

Prezzo del vino..  direttamente in cantina ho sborsato 17 oneste euro.. in enoteca si arriva sulle 25, non poche ma adeguate per questa categoria di vini. Da lasciar ossigenare un paio di ore e alla temperatura di 18°C. Accompagnare con piatti rustici o anche da solo come vino da meditazione. 

L'Amarone é sempre una figata da bere e anche in questo lo é stato.

sabato 29 gennaio 2011

BLAUBURGUNDER SCHLOSS KASTEN 2006 - Alto Adige D.O.C. - Kofelgut

Ieri sera ero a Milano con consorte, per lo spettacolo del Momix, così verso le 23.00 usciti da teatro, facciamo sosta alla Salumeria del Vino, piccola ma ricercata enoteca, carina sia come ambiente che come prezzi. 

Comunque.. prendiamo una tagliata di angus affumicato e un tagliere di formaggi.. diamo un'occhiata alle bottiglie sullo scaffale per cercare il giusto vino da abbinarci e la scelta ricade su un Pinot nero del Sudtirol, scelta che si rileverà alquanto azzeccata.  

Trattasi di un Pinot Nero della Val Venosta, annata 2006, con un impronunciabile nome in tedesco, per la precisione Blauburgunder Schloss Kasten, un Alto Adige D.O.C. prodotto da Kofelgut, una piccola azienda agricola a conduzione familiare (4,3 ettari vitati e 25.000 bottiglie l'anno prodotte) che produce vini e distillati dal 1970. 

Per questo vino sono state utilizzate uve Pinot Nero, il mitico vitigno della Borgogna da cui si ricavano i gran cru francesi; vendemmiato manualmente nei primi giorni di ottobre, vinificazione tradizionale, invecchiamento in botti per 9 mesi e affinamento in bottiglia per 3.

Detto questo.. degustiamo.. nel bicchiere si presenta piuttosto limpido e fluido, di un rosso rubino spento con riflessi granato. Il profumo é delicato, sentori di frutta rossa ben presenti, soprattutto lampone e frutti di busco. Non un profumo inebriante, ma comunque molto gradevole con un bel aroma fresco. Al palato buona corrispondenza con il naso, anche qui fluidità, freschezza e facilità di bevuta, un vino che comunque dimostra una bella struttura, con una punta di acidità e una morbida nota tannica. Davvero ottimo. 

La bottiglia si svuota velocemente..., si beve con grande piacevolezza, una ricchezza aromatica quasi nascosta, grande raffinatezza.. bisogna degustarlo bene, assaporarlo con calma per comprenderne a pieno la struttura complessa. Questo non é un vino che ti prendi a schiaffi in faccia, che non attacca duro, ma non pensate neanche ad un prodotto rotondo, caldo e morbido come nei vini più in voga oggi, qui é tutto limato e amalgamato, quasi sussurrato, con la grande capacità di non risultare piatto ma bensì raffinato, alcool (12,5%vol), tannini, aromi, legno.. tutto miscelato con grande cura. 

Stiamo parlando di un Pinot Nero dell' Alto Adige dal costo in enoteca di 15 euro circa.. pensate un gran cru della Borgogna da centinaia di euro cosa può essere... 

Quindi prezzo medio ma con ottima qualità.. Se riuscite a recuperarlo non rimarrete delusi.

giovedì 27 gennaio 2011

CHIANTI CLASSICO 2007 - D.O.C.G. - Az. Agr. Oliviera

Parlare di Chianti é sempre un casino. E' forse il vino più famoso d'Italia, anzi forse il vino italiano più famoso all'estero. Viene prodotto in quantità industriali e intorno a questo vino si é creato un business non indifferente. Trovate il Chianti al discount per 2-3 euro a bottiglia (e chissà con cosa viene tagliato..) fino ad arrivare alle super-riserve da centinaia di euro. E' difficoltoso districarsi in questo marasma e trovarne una versione onesta per prezzo e qualità. 

Di sicuro il Chianti, se fatto come si deve, é un vino ottimo, soprattutto nelle sua versione "gallo nero" ovvero il "Chianti classico", così denominato per la zona di coltivazione dei vitigni (oltre 70.000 ettari !!), praticamente trattasi di una parte di Toscana delimitata a nord dai dintorni di Firenze, a est dai Monti del Chianti, a sud dalla città di Siena e a ovest dalle vallate della Pesa e dell’Elsa. Il Chianti come la maggior parte dei vini toscani, si basa sulle uve Sangiovese, che devono essere presenti per almeno l'80%. 

Sono stato poche settimane fa da amici allevatori in quel di Greve in Chianti, ovviamente ho fatto una buona scorpacciata di Chianti classico e posso garantirvi che senza svenarsi si possono trovare delle ottime bottiglie. Qui al nord invece, risulta difficile trovare buoni prodotti al giusto prezzo, le enoteche si fanno pagare parecchio, anche perché solitamente tengono solo i grossi nomi, mentre nella grande distribuzione l'80% del chianti che trovate é un vinaccio che poco ha da condividere con il vero Chianti classico. 

Così giusto per il gusto di sperimentare, provo ad acquistare al supermercato questa bottiglia di classico dell' az. agr. Oliviera del sign. Sandro Bandini di Castelnuovo Berardenga, anno 2007, costo contenuto (6 euro) e gradazione alcolica di 13%vol. Non ho notizie in merito al metodo di produzione ed invecchiamento, di sicuro come previsto dalla disciplinare, per questa tipologia di vino sono necessari almeno 11 mesi di invecchiamento. Per questo vino oltre all'80% di Sangiovese, sono state utilizzate anche uve Cannaiolo, Malvasia e Trebbiano.

Nel bicchiere si presenta di color rosso rubino brillante con riflessi granata, decisamente fluido. All'olfatto risulta vinoso con una buona punta alcolica, aromi floreali e speziati, un bouquet non complesso, gradevole ma non inebriante. Al palato si apprezza per un discreto corpo, sapido e asciutto, veloce da bere, con un finale discreto. 

Che dire, di Chianti migliori di questo ne trovate parecchi, resta comunque vino apprezzabile per semplicità e di facilità di bevuta, ideale per pasteggiare magari durante una grigliata con gli amici. 

Nulla di indimenticabile ma sicuramente onesto, se siete al supermercato e vi serve una bottiglia discreta, potete investire 6 euro su questa boccia, se non altro evitate di rovinarvi lo stomaco con certi bottiglioni di Chianti a basso costo, che vi fanno venire solo il bruciore allo stomaco. Pensate però che basta mettere sul piatto 2 o 3 euro in più, per portarvi a casa vini di ben altro livello come il Ripasso Pojega, il Morellino barricato Banti o il Piceno superiore Aurora... quindi.. a voi la scelta. Tutto regolare insomma.. ma se nel vino cercate emozioni.. lasciate perdere..

mercoledì 26 gennaio 2011

GRIGNOLINO DEL MONFERRATO CASALESE 2005 - D.O.C. - Az. Agr. Liedholm

Capita che qualche personaggio famoso ad un certo punto della propria carriera (solitamente alla fine) stanco di essere sempre sotto i riflettori, decida di ritirarsi in campagna e di investire i soldoni guadagnati in una bella cascina. Un esempio lampante é Moser, prima ciclista e oggi produttore di vini, p il pugliese Albano, ma lo é stato anche il mitico Nils Liedholm, celeberrimo uomo di calcio, di quelli tutti di un pezzo, di quelli che sanno farti vivere lo sport con poetica passione. Il compianto Nils, deceduto nel 2007 a 85 anni, allenò anche il Varese calcio e da queste parti é sempre ricordato con grande affetto. Ora che non c'é più, ci lascia in eredita la sua seconda passione dopo il calcio, ovvero il vino.

Già perché nel 1973 Nils acquista Villa Boemia, una tenuta a Cuccaro Monferrato, da cui insieme al figlio Carlo, nel 1985 inizia a produrre i classici del Monferrato, Grignolino in primis, ma anche Barbera d'Asti. Ed é proprio il suo Grignolino del Monferrato Casalese D.O.C. anno 2005 di cui parliamo oggi.

Il Grignolino é innanzitutto un vino di non facilissima bevuta. Ha sicuramente estimatori, ma anche alcune caratteristiche poco gradite hai più. Il Grignolino lo si ama o lo si odia. Sicuramente un vino "non moderno", se vogliamo secondario, che non é mai riuscito ad affermarsi nel panorama vinicolo italiano. Per chi come il sottoscritto preferisce vini più "scuri", o predilige cabernet e sangiovese, il Grignolino rientra nella cerchia di vini così-così, capita di trovare bottiglie piacevoli e altre più austere, con quella punta di acidità che proprio non digerisco. Parliamo però di un vino onesto, genuino e poco "furbo", un vino vero che ben rappresenta il territorio di provenienza. Diciamo un vino "indipendente", che mantiene le sue particolarità senza omologarsi al gusto più in voga oggi.

In questa versione dell'agricola Liedholm parliamo di un Grignolino prodotto al 100% con uve Grignolino, vendemmiate l'ultima settimana di settembre. Successivamente 4 mesi di maturazione in botti di acciaio inossidabile e l'imbottigliamente. Un vino quindi giovane, senza il classico invecchiamento nel legno.

Così, nel bicchiere si presenta particolarmente fluido, di un rosso chiaro e vivace, con riflessi arancio. Bella sensazione di leggerezza. All'olfatto risulta "tranquillo" e delicato, sentori di sottobosco e bacche rosse, note speziate e basso sentore alcolico (qui siamo a 12,5% vol).. Al palato ottima bevibilità, di poco corpo, molto beverino; decisamente snello.  Un vino fresco ed asciutto dal tannino aspro, con un finale che lascia una punta di acidità, un po' eccessiva per i miei gusti, ma che rappresenta una caratteristica di questo vino.

Nel complesso, pur non rientrando nella tipologia di vini che preferisco, devo ammettere che ho trovato il Grignolino Liedholm molto piacevole, soprattutto il piacere di bere un vino "piccolo" e non omologato. Se cercate una bevuta diversa dal solito, buttatevi su questa bottiglia, se invece preferite i "soliti" classici toscani, piemontesi o siciliani, bé non lasciate perdere... ma rischiate.. magari scoprite un nuovo vino di cui innamorarvi.

Un vino da bere giovane, nell'arco di 3 anni, é un rosso che ben si adatta anche con piatti più leggeri, come carni bianche, ma anche pesce o piatti estivi, essendo bevibile anche a temperature di 12-14 °C. Fascia di prezzo non elevata (siamo sulle 7 euro per questa bottiglia), quindi.. non vi resta che provare..ma fate attenzione a certi Grignolino da 3 euro che vedo in vendita in alcuni supermercati...

Pur non essendo un appassionato del genere, pollice su per il Grignolino del maestro Liedholm.

domenica 23 gennaio 2011

SASSELLA 2003 - Valtellina Superiore D.O.C.G. - Pietro Nera

Le mie considerazioni in merito ai rossi della Valtellina le ho già scritte durante la recensione del Grumello cantina Balgera, quindi non mi ripeto e passo direttamente a parlarvi di questo Sassella 2003 D.O.C.G. della casa vinicola Pietro Nera.

Il Sassella appartiene e deriva dalla zona denominata Valtellina Superiore D.O.C.G. che comprende cinque sottozone (oltre al Sassella c'é il Grumello, Inferno, Valgella e Moraggia), siamo esattamente a ovest di Sondrio, in un'area vitata di 150 ettari, la seconda per estensione delle cinque sottozone. Più esattamente siamo a Chiuro, presso la casa vinicola Pietro Nera, 40 ettari vitati, con alle spalle quasi 50 anni di produzione di vini della Valtellina e una assortita gamma di bottiglie commercializzate (circa un milione l'anno), anche all'interno della grande distribuzione, con la possibilità di scegliere tra vini più importanti come lo Sforzato, la linea "riserve" e quella "classica", fino a quelli più commerciali come il rosso D.O.C. e gli I.G.T.

Per il Sassella 2003 di oggi, ancora una volta utilizzate il 100% di uve nebbiolo (quanti ottimi vini si ricavano da queste uve...), che vengono lasciate a macerare per 20 giorni, prima di essere riposte ad invecchiare per due anni, di cui almeno uno in botti di legno.

Nel bicchiere spicca un rosso brillante, con sfumature granato caratteristiche del nebbiolo, dovute all'invecchiamento. Al naso un aroma intenso, alcolico con i suoi 13%vol. ma anche dolciastro, con aromi di ciliegia e lampone, secondariamente si notano anche il legno e la vaniglia. Al palato, buona corrispondenza con il naso, attacca tannico, asciutto, sapido e robusto, ma anche fresco e di buona bevuta, con un finale di media intensità che ci lascia sentori dolciastri come liquirizia e prugna.

Un vino di media qualità olfattiva, che dimostra buona struttura ma un po' poca rotondità. Buono sicuramente, ma senza quello spunto in più, quella particolarità, quel tocco di classe che lo renderebbero un vino eccellente (e che forse ritroviamo nella versione riserva...).

Ideale con selvaggina, formaggi e piatti tipici della zona, servire a 18°C e stappare con il dovuto anticipo. Costo intorno alle 8 euro, quindi rapporto qualità-prezzo adeguato.

Facilmente reperibile é ideale per una pizzoccherata in compagnia.

sabato 22 gennaio 2011

BAROLO Bricco dei Gancia 2006 - D.O.C.G. - Veglio Angelo

Ho visto questa bottiglia di Barolo in enoteca a La Morra. Mi ha colpito soprattutto per il prezzo, solo 15 euro, praticamente quasi la metà (o comunque un bel 10 euro meno) rispetto al resto delle bottiglie esposte (in alcuni casi anche 3-4 volte meno se consideriamo le versioni più rinomate e particolari).

Quando un vino costa parecchio meno rispetto alla media sono molto diffidente, perché dispiace dirlo, ma molto spesso il prezzo é indice anche di qualità e non solo di etichetta.

Siccome é troppo facile spendere 50 euro per un vino e dire che é buono, lo scopo che cerco di prefissarmi quando acquisto delle bottiglie, é cercare vini che non ho mai assaggiato, testarli e capire se il rapporto qualità-prezzo é adeguato.

Ammetto che con il portafoglio gonfio mi butterei sui vini più pregiati, perché si sa, bere bene é un piacere (e ogni tanto, qualche sfizio me lo tolgo), però devo ammettere che é bello anche ricercare e provare bottiglie meno rinomate, ma che sanno ugualmente farsi valere ed evitano di sgonfiarci il portafoglio.

La teoria é che la qualità e il bere bene deve essere alla portata di tutti e non solo per pochi eletti. Se il vino é buono... bene, ma se il vino buono é quello del popolo allora... benissimo!!

Così decido di sperimentare il Barolo più economico che ho trovato.. offerta.. 25 euro per due bottiglie, un 2006 e un 2004, bene, così vediamo anche la differenza.. decido di stappare per prima il 2006 e di lasciare il 2004 in cantina per gustarlo tra un po'..

Il Barolo é cosa seria, al di la dei gusti, per storia, tradizione e cultura é il nostro vino più importante, se vuoi l'etichetta vintage o l'annata storica, nessuno meglio di lui. Devo ammettere che a gusto personale il Barolo non é mai stato il mio vino preferito, nel duello delle Langhe tra Barolo e Barbaresco sicuramente scelgo il secondo, ma ripeto é un mio parere personale, discutibile tutta la vita. Forse la verità é che non ho ancora avuto l'occasione di assaggiare un Barolo con la B maiuscola (Conterno,Giuseppe Mascarello,Giacosa,Rinaldi) e quindi di innamorarmene.

La bottiglia che degusto per accompagnare il classico "polenta e bruscitt" é dell'azienda vitivinicola Veglio Angelo, di Veglio Franco, con sede a La Morra, una cantina storica, con oltre 100 anni di tradizione vitivinicola alle spalle.

Ovviamente 100% di uve nebbiolo e invecchiamento di 3 anni, di cui almeno 2 in botti di rovere o castagno (questo dice la disciplinare, non conosco nello specifico della cantina Veglio, i dati relativi a vendemmia, vinificazione, invecchiamento e affinamento).

Di colore rosso granato con riflessi arancio, caratteristico colore del Barolo per intenderci, molto fluido, lascia filtrare la luce; al naso é intenso e vinoso, decisamente alcolico con i suoi 14%vol. un bouquet di tutto rispetto ma non gradevolissimo, i profumi secondari che si distinguono come spezie, tabacco e frutti rossi faticano ad esplodere, é come se fossero messi sotto spirito. Ok, é un po' una caratteristica del Barolo, ma qui rimane tutto troppo chiuso, concentrato e austero. Al palato é tutto confermato, asciutto e di grande fluidità, deciso sentore alcolico, grande struttura ma poca rotondità. Termini come armonico e vellutato gli stanno decisamente stretti, lega parecchio e denota una leggera punta di acidità. Un vino robusto e di grande struttura ma di non facile bevuta. Il finale é lungo, pungente e persistente.

Sia ben chiaro, per essere un Barolo mi aspettavo qualcosa di vinoso e tannico, ma con un po' più di classe, rimane il fatto che per essere una bottiglia pagata 125 euro é un vino comunque di buon livello.

Lasciatelo ossigenare per bene e servite a 18-20°C. Accompagnare con formaggi super-saporiti o con un classico brasato, magari al Barolo...

Nel complesso é stata una bevuta degna, pur con pregi e difetti, si é dimostrato un vino che ha un bel legame con la terra, il legno e la tradizione del luogo. Se volete degustarvi un signor Barolo forse é meglio investire qualche soldo in più, se invece volete provare un Barolo low-cost può fare il caso vostro.

Nota finale.. il 95% dell'intera produzione di Barolo della cantina Veglio viene esportato.. mi sorge spontaneamente una domanda.. vuoi che in Italia, terra del Barolo, lo conosciamo così bene e nelle sue migliori versioni per investire su questo "barolino" low cost??

In attesa di degustare suo fratello "Foje d'autun 2004", per il 2006 Bricco dei Gancia voto 6.5, soprattutto per il costo contenuto.

venerdì 21 gennaio 2011

LAUDEO 2004 - Bolgheri Rosso D.O.C. - Az. Agr. Micheletti

Qualche estate fa di ritorno dalla Sardegna, si fa sosta in Toscana, Maremma per la precisione. L'ultimo giorno si risale la costa verso nord.. destinazione ahimè Varese-casa. La sosta-pranzo obbligatoria é fissata dopo solo 150km a Bolgheri. Un amante del vino non può passare da queste parti con indifferenza... questa terra si sa, da origine ad alcuni dei migliori vini del mondo, quindi.. stop and go a Castagneto Carducci e pranzo a Bolgheri, con tanto di entrata trionfale dal famoso viale di cipressi.. A panza piena due passi nel borgo e sosta in enoteca, alla ricerca di qualche eno-chicca. Tra scaffalate di Sassicaia, Grattamacco, Ornellaia, Guado al Tasso ecc... con prezzi scoraggianti, chiediamo alla signora dell'enoteca di consigliarci un buon rosso di Bolgheri, di qualità ma al giusto prezzo, che si paga quel che si beve... e così... ecco uscire la signora enotecaia con questo nobile sconosciuto... "provate il Laudeo, un Bolgheri D.O.C. di una piccola azienda, con 15 euro vi portate a casa un gran bel vino". 

Ammetto.. mai sentito nominare.. nemmeno successive ricerche su libri e internet hanno svelato chiare informazioni in merito a questo vino.. comunque, sempre fiducia nelle persone.. ringraziamo, paghiamo, torniamo a casa, mettiamo in cantina e dopo qualche anno... gli tiriamo il collo. 

Allora iniziamo a parlarne seriamente.. il Laudeo é un rosso di Bolgheri D.O.C. prodotto dall'az. agricola Micheletti annata 2004. Attenzione però, non lo troverete nel loro catalogo vini, in quanto, come mi ha confermato via mail il sign. Maurizio Micheletti, trattasi di un vino prodotto esclusivamente per Turatello Italia, azienda che si occupa della vendita e distribuzione del beverage. 

La soc. agricola Micheletti ha sede nel comune di Castagneto Carducci, é attiva dal 1960 e coltiva circa 20 ettari di terreno, dei quali solo 5 vitati. Piccola realtà quindi, poche bottiglie prodotte e attenzione alla qualità. Bene. 

Prodotto con uve Cabernet Sauvignon (80%) e Merlot (20%), vendemmiate manualmente nel mese di settembre a cui seguono 3 settimane di vinificazione nelle proprie bucce. Quindi un anno di invecchiamto in barriques e 8 mesi di affinamento in bottiglia. 

Degustiamo... Nel bicchiere si presenta con un rosso rubino intenso, piuttosto scuro, con riflessi violacei.. filtra pochissima luce e si fa notare per una bella consistenza. All'olfatto é molto concentrato, un bel impatto deciso, vinoso, quasi austero, ma dopo un paio di rotazioni del bicchiere, si apre un bouquet variegato degno di un vino che dimostra grande struttura, frutta a bacca nera, spezie, ma anche sentori tipici dei vini barricati come vaniglia, cuoio e legno. Al palato buona corrispondenza con il naso, un attacco deciso, sapido e alcolico (13% vol.), ma molto caldo e corposo, avvolgente, con un bel tannino morbido, sicuramente un vino robusto che lega anche un po', devo essere onesto, ma é l'unico appunto che mi sento di fare. Anche il finale lungo e persistente dimostra che siamo al cospetto di un vino di notevole struttura. 

Che dire.. se tutte le ottime caratteristiche elencate fossero amalgamate e armonizzate con un tocco di classe in più avremmo di fronte un gran vino, che poco o nulla avrebbe da invidiare ai più quotati vicini di casa. Se invece come il sottoscritto cercate sempre il giusto equilibrio tra qualità e prezzo allora all'agricola Micheletti hanno centrato l'obiettivo. 

A Bolgheri si può bere bene anche senza spendere 50 euro, o ritrovarsi tra le mani dei rossi da 15-20 euro che ne valgono 10 per il vino e 10 perché c'é scritto Bolgheri sull'etichetta. Da queste parti si sa l'uva cresce in maniera splendida.. ma poi i vini buoni bisogna anche saperli fare. 

Consigli per la degustazione... temperatura di servizio sui 20°C, ossigenare per bene, anche un paio d'ore, accompagnatelo con piatti rustici, o usatelo come vino da meditazione, anche se, trattandosi di un vino piuttosto robusto, lo vedo meglio a cena con un bel salmì di cinghiale e selvaggina varia. Dimenticatelo pure qualche anno in cantina, un vino con questa struttura può tranquillamente invecchiare qualche anno, e magari acquisire quella rotondità che un po' gli manca. 

martedì 18 gennaio 2011

AGLIANICO DEL VULTURE 2007 - D.O.C. - Donato d'Angelo

Se non ve l'avevo ancora detto bé ve lo dico adesso. A me... sinceramente i vini rossi del sud (isole escluse...) non mi fanno impazzire, prediligo i bianchi.  Eccezioni a parte si intende, infatti nella fascia di prezzo medio bassa (diciamo dalle dieci euro a scendere) trovo difficilmente bottiglie di Negroamaro, Primitivo, Cirò ecc.. che mi lasciano soddisfatto. Devo però ammettere che anche al sud c'é un vitigno da cui si ricavano ottimi e rispettabili vini, con qualità organolettiche ricche e complesse, adatti anche a lunghi invecchiamenti, che poco hanno da invidiare alle più rinomate bottiglie del centro-nord d'Italia. Parlo ovviamente dell'aglianico,vitigno definito autoctono, ma in realtà di origini greche, diffuso in tutto il sud d'Italia, che trova la sua naturale collocazione in Campania e Basilicata, trattandosi di un vitigno a bacca rossa che da il suo meglio quando coltivato su terreni di origine vulcanica. La sua massima espressione si ha infatti in Basilicata con denominazione Aglianico del Vulture e in Campagnia con il nome di Taurasi.

La bottiglia in questione fa riferimento alla cantina Donato d'Angelo, situata nel comune di Rionero in Vulture, che con 50 ettari vitati e 350.000 bottiglie prodotte, da oltre un secolo é il simbolo della tradizione e della storia dell'Aglianico. 

Questo vino é composto con un 100% di uve Aglianico, che, dopo una vendemmia tardiva, viene vinificato tradizionalmente per circa 10 giorni, a cui segue un affinamento piuttosto lungo, con 18 mesi di invecchiamento in botti e 8 di affinamento in bottiglia. 

Versiamo.. visivamente di color rosso rubino, piuttosto carico, con sfumature granato, molto intenso, quasi non filtra la luce. Al naso sentori fruttati come amarena e prugne, ma anche note di vaniglia e profumi più speziati, tipici dei vini che hanno passato diversi mesi a contatto con il legno. Un bel bouquet sorretto da una decisa spinta alcolica (13.5% vol.). Al palato attacca deciso, grazie all'elevato volume alcolico e ad un tannino in primo piano, bella struttura. Non pensate però ad un vino rustico e robusto ma senza cuore. L'invecchiamento in botti ha tolto austerità al vino, dandogli una piacevole morbidezza e facilità di bevuta. Il finale ha una buona persistenza e si fa apprezzare per un retrogusto dolciastro e fruttato tipico di questo vino. 

Nell'insieme un Aglianico decisamente apprezzabile, soprattutto se amate vini di elevata struttura. Personalmente manca un po' di eleganza, ma va bene così, é da apprezzare la rusticità e il legame con il territorio di provenienza che riesce a trasmettere. 

Ideale per invecchiamenti lunghi (anche 10 anni), va servito a 18°C e lasciato ossigenare almeno un'ora. Acquistabile anche presso la grande distribuzione, si fa a rispettare per un ottimo rapporto qualità/prezzo (siamo intorno alle 7-8 euro). 

Buono davvero e se volete investire qualche euro in più.. potete puntare sulla riserva di casa d'Angelo...

domenica 16 gennaio 2011

CARATO 2006 - Morellino di Scansano D.O.C. - Erik Banti



La Toscana si sa, é terra di gran sangiovese, vitigno che a Scansano di certo non manca, ma qui lo chiamano Morellino. Nasce così il mito del Morellino, che nel corso degli anni é diventato uno dei vini più amato dai consumatori, soprattutto i più giovani, un vino alla portata dei più che difficilmente tradisce. 

L'esponenziale crescita degli ultimi anni rende complesso districarsi tra le innumerevoli etichette e versioni, ma devo ammettere che i vini prodotti dalla Erik Banti sanno farsi notare e distinguere. Stiamo parlando di un'azienda piuttosto giovane con circa 30 anni di attività e passione vitivinicola alle spalle, ma che fin da subito ha saputo agire, anche drasticamente, sui vigneti e il processo produttivo del vino, un'attenzione particolare che si rispecchia nella qualità
e perché no, modernità del bevuto.

Il vino che ho la fortuna di degustare oggi é denominato Carato e si tratta di un Morellino barricato in piccole botti denominate appunto carati. Questo Carato del 2006 si fa notare per la veste grafica, decisamente particolare rispetto alla media delle etichette che siamo abituati a vedere. A me personalmente colpisce, quindi posso dire che l'etichetta fa il suo sporco lavoro, per qualcun'altro risulta un po' "pataccosa" e poco adatta a rappresentare un vino di questo spessore. Ok, alla fine quello che conta é il contenuto... e conta parecchio. 

Tagliamo subito la testa al toro... questo vino che potete acquistare alla modica cifra di 8 euro circa, é un ottimo esempio di come si possa produrre ad alti livelli sotto la soglia delle 10 euro a bottiglia. 

Due note sulla produzione.. assemblaggio di sangiovese (85%), merlot (10%) e syrah (5%), raccolto ad inizio settembre viene vinificato per 10 giorni e, a fermentazione completata, avviene l'affinamento per 8 mesi in barriques di rovere da 225 litri,   per entrare in bottiglia 14 mesi dopo la vendemmia. 

Ma parliamo del bevuto.. nel bicchiere impressiona già... colore rosso rubino intenso, molto scuro, poco trasparente e di piacevolissima consistenza, ruota liscio senza increspature, si attacca alle pareti per ridiscender lentamente, manco ci fossimo versati un bicchiere di olio. Al naso da il suo meglio, con un bel mix di aromi fruttati (ribes, prugne e amarene), legno giovane e spezie, etereo, intenso, vinoso.. di sicuro impatto, ma per nulla austero, anzi, decisamente piacevole, quasi non stacchi più il naso dal bicchiere. Al palato pur non raggiungendo i picchi del naso, si mantiene comunque alto, con un attacco deciso, sapido, asciutto, "riempe" bene la bocca, con corpo, calore e tannini in bella evidenza, per concludere liscio con una buona persistenza gustativa. 

Non siamo al cospetto di un vino di altissimo livello, ma comunque voliamo alto, parliamo di un Morellino, vino pur ottimo ma di media fascia. In questa versione però l'affinamento di 8 mesi in barriques,  conferisce al tutto quel tocco in più, che elevano il prodotto una spanna sopra il Morellino classico, che viene invece affinato in acciaio e bevuto giovane.

Se proprio vogliamo fare i pignoli, possiamo dire che l'effetto barriques si sente parecchio (e molti tradizionalisti non apprezzano molto..), che sembra tutto un po' pompato, caricato, risultando molto inebriante, ma senza quel tocco di classe e finezza che ritroviamo nelle bottiglie di alto livello.. ma per 8 euro... non si può pretendere di più... sarebbe quasi ingiusto...!!

Penso di non dire un'eresia affermando che alcuni vini sulle 15 euro non raggiungono i livelli di questo Carato. Davvero un gran bel bere, con piacevolezza e freschezza, senza rinunciare alla struttura o rischiare di appiattirne i sentori gustativi e olfattivi.   

Il vino é pronto dopo 2 anni, ma migliora in corpo e rotondità con un invecchiamento di media durata. E' consigliabile stappare con il dovuto anticipo ed accompagnare con carni rosse e selvaggina, ma secondo me la morte sua é con un bel pezzo di formaggio stagionato. 

Grazie a dio ho preso un cartone da 6, così a breve ci si scola un'altra bottiglia. 

Su le mani per il sign. Banti.. continui con questa politica che apprezziamo molto.. la qualità alla portata di tutti!!

REMOLE 2009 - Toscana I.G.T. - Frescobaldi

Come già accennato nella recensione del Luce, parlare di Frescobaldi significa parlare di 700 anni di storia vitivinicola Toscana. Significa anche parlare di uno tra i più grandi produttori italiani, con 9 milioni di bottiglie prodotte e 1200 ettari vitati... come dire una bella fetta di Toscana é in mano ai Marchesi de' Frescobaldi. 

Sono svariate le tipologie di vino commercializzate, da quelle qualitativamente più prestigiose, a vini tuttopasto prodotti per la grande distribuzione. Quando abbiamo bevuto il Luce 1998 abbiamo "forse" toccato l'apice della gamma Frescobaldi, oggi con questo Rèmole 2009 partiamo dal basso. 

Trattasi infatti del "vinello" di casa, prodotto in grande quantità presso l'omonima area di produzione, grazie ad un mix di uve sangiovese (85%) e cabernet sauvignon (15%). 

Siamo quindi al cospetto di un vino che non ha molto da dire, che si fa apprezzare per la sua semplicità e adattabilità a qualsiasi tipo di pietanza. Un vino da bere giovane o con un invecchiamento minimo. La semplicità del prodotto la si capisce già dalla tipologia di affinamento, 5 mesi in acciaio, un paio in bottiglia e via sugli scaffali degli ipermercati, questo vino il legno se lo sogna di notte, e quando andiamo degustare si sente eccome.  Per concludere l'opera aggiungeteci pure un bel tappo in silicone e un'etichetta che graficamente non si può guardare..

Nel bicchiere si presenta con un rosso rubino brillante, di poca consistenza, alla luce risulta trasparente e limpido. All'olfatto... dovete sperare di non avere un raffreddore o il naso tappato, perché i sentori aromatici sono talmente appiattiti che difficilmente riuscirete a sentire qualcosa. Un bouquet molto elementare, gradevole certo, ma con poca intensità aromatica, note di ciliegia e spezia dolce si avvertono ma con poca potenza alcolica (12.5% vol.) e un attacco piatto. Al palato si fa apprezzare per fluidità di bevuta, semplicità e freschezza, con un finale semplice, pulito e netto. 

Come dicevamo un "tuttopasto" che poco ha da dire, corpo, calore, tannini e classe li trovate in altre bottiglie, perché i Marchesi de' Frescobaldi i vini con le palle li sanno fare (Luce, Mormoreto, Montesodi, Castelgiocondo) e se li fanno pagare. Quindi, se vi serve un vino per tutti i giorni ecco che il Marchese ha pensato a voi, ecco il vinello da 5 euro, ci può stare, ma non spendete una lira in più, già su queste cifre possiamo trovare vini migliori. Comunque é un vino dignitoso per pasteggiare.

sabato 15 gennaio 2011

NERO D'AVOLA 2008 - Sicilia I.G.T. - Fondo Filara - Nicosia

Il nero d'Avola é il più famoso vino siciliano, probabilmente il vino più famoso tra i non intenditori.  Se vai a farti un aperitivo trovi sempre il bevitore della domenica, quello che sa solo buttar giù ma non degustare; nel 90% dei casi chiederà all'oste di turno un "prosecchino" (ma come cazzo si fa ad ordinare un prosecchino?? allora io cosa ordino un "rossino"??) ma ogni tanto si concede un rosso e... eccolo la.. prende un nero d'Avola, che a dir suo é buono.. e chissà perché anche nei peggiori bar da aperitivo lo trovi sempre, insieme al dolcetto.. altro vino in voga tra questi esemplari.

Non sto dicendo che questa tipologia di vino sia pessima e commerciale, tuttaltro, lo dico soloo per spiegare come negli ultimi anni il nero d'Avola sia cresciuto esponenzialmente, soprattutto nei numeri e nella quantità, diventando così molto più complicato, per il consumatore, cogliere la bottiglia giusta, dal corretto rapporto qualità/prezzo. Troppo spesso ci siamo trovati di fronte a decine di etichette a basso costo e ancor più bassa qualità.

Per fortuna la bottiglia di nero delle cantine Nicosia non é tra queste. Stiamo infatti parlando di una grande azienda vitivinicola con sede a Trecastagni, sulle pendici sud-est dell'Etna a nord di Catania. Qui e a Vittoria sorgono i 2 principali vigneti dell'azienda, da cui vengono ricavate ben 5 linee di vini. La principale é denominata Fondo Filara e comprende i più famosi vini rossi e bianchi del territorio.

Tra questi ovviamente c'é anche il nero d'Avola, prodotto con le uve dell'omonimo vitigno che vengono vendemmiate a settembre. Successivamente 10 giorni in vasche di acciaio per la vinificazione a cui segue la maturazione e l'invecchiamento per 5-6 mesi in barrique. A concludere il processo 3-4 mesi di affinamento in bottiglia.

Nel bicchiere ammiriamo un bel colorito rosso rubino molto carico, piuttosto fitto e impenetrabile. Al naso risulta di media intensità, gradevole ma niente di inebriante. Discreto. Nonostante una buona potenza alcolica (13.5%vol) l'attacco é blando e sono soprattutto gli aromi dolciastri a farsi notare, con note di amarene, frutti a bacca nera e spezie dolci. Manca sicuramente un po' di grinta, di vinosità, piacente ma senza punte di eccellenza. Il palato rispecchia il naso.. buona sensazione, caldo e morbido, leggermente dolce, ma anche qui manca qualcosa, il tannino é fin troppo morbido e il vino si lascia bere agevolmente, senza colpire.

Nel complesso é un buon vino, ideale per pasteggiare, piacione e di facile bevuta, un vino di discreta struttura, ma la sensazione é quella di un livellamento generale, che difficilmente riesce a stimolare le papille gustative.

Non voglio apparire critico, questo nero d'Avola é un vino dall'ottimo rapporto qualità/prezzo, per una cifra intorno alle 6 euro vi portate a case un vinello a tutto-pasto davvero amabile, che troverà sicuramente riscontri positivi tra i commensali della vostra tavola; quindi, nella cantina Nicosia il compito é stato svolto alla perfezione, stilisticamente ineccepibile, ma é un po' come scrivere un tema senza errori grammaticali, ma anche senza spunti di grande interesse.

Da un vitigno autoctono ci si aspetta sempre un legame territoriale ben presente nel bicchiere.

Come sempre ideale con la carne, ma anche pasta e i più robusti piatti della cucina siciliana,  servire a 18°C, stappare almeno una trentina di minuti prima della mescita e via...

Se cercate un buon nero d'Avolo a basso costo, questa versione della linea Fondo Filara va benissimo, se cercate qualcosa in più meglio un Etna Rosso, oppure se siete tra quelli che pensano che il nero d'Avola é il vino più buono che ci sia, allora provate "Il Drappo" della cantina Benanti, ma in tal caso dovete essere disposti a sacrificare tra le 20-25 euro.

CANNONAU DI SARDEGNA 2005 - D.O.C. - Antichi poderi Jerzu

Siamo in Sardegna nella regione dell'Ogliastra, area centro-orientale dell'isola. Qui le campagne che circondano il borgo di Jerzu, sono coltivate con l'autoctono vitigno cannonau, per la precisione Cannonau di Jerzu, di proprietà della cantina "Antichi Poderi di Jerzu", fondata nel 1950 grazie all'unione di 45 soci  ed inizialmente denominata "Cantina Sociale di Jerzu".

Oggi 60 anni dopo, siamo di fronte ad una delle più grandi e conosciute realtà vitivinicole della Sardegna con la bellezza di 750ettari vitati e 2 milioni di bottiglie prodotte. Ovviamente trattandosi di una delle aree simbolo nella coltivazione del cannonau, é proprio l'omonimo vino D.O.C. il pezzo più pregiato della cantina, oltre ad altri classici regionali come il vermentino e il monica.

Qui ce né per tutti i gusti con 6 linee di vini commercializzati e ben 8 versioni di cannonau, dal più classico, al tradizionale, alla riserva, senza contare altre versioni composte in cui il cannonau viene assemblato con uve differenti come il cabernet, il carignano e il monica.

La bottiglia che stappiamo oggi é un cannonau di Sardegna classico, della linea "Tradizione", annata 2005 (alla faccia di chi pensa che il cannonau vada degustato nell'arco di 2/3 anni), prodotto con 100% di uve cannonau del territorio e invecchiato per almeno un anno in botti di rovere.

Per prima cosa osserviamo la tradizionale linea grafica dell'etichetta, che ben rappresenta il territorio di provenienza del vino.

Visivamente si presenta con un colore rosso rubino molto intenso e brillante, colora il bicchiere  e dimostra una fluidità piuttosto densa. L'olfatto é caratterizzato da una nota dolciastra, costituita da frutti a bacca rossa e nera (more e frutti di bosco), piuttosto deciso e vinoso, un bel bouquet, gradevole, ben sorretto da un deciso sentore alcolico (13,5%vol.) che da la giusta importanza a questo vino. Al palato si fa apprezzare per una buona fragranza, sa essere caldo, armonico e tannico.

Anche se qualcuno definisce il cannonau un vino "pesante", devo ammettere che in questa versione, grazie anche a qualche anno di invecchiamento, gli spigoli risultano arrotondati e il vino é caratterizzato da una piacevole bevibilità.

Non parliamo di eccellenza, ne di meditazione, ma di un buon vino da pasto con un ottimo rapporto qualità/prezzo (siamo tra le 6-8 euro.). Se volete esagerare, allora andate a colpo sicuro sul Josto Miglior, il cannonau riserva della cantina, sappiate però che vi costerà 20euro.

Per il momento "accontentiamoci" di questo classicone dell'enogastronomia sarda..avanti maialini.. che sullo spiedo c'é posto!! 

mercoledì 12 gennaio 2011

NEBBIOLO 2003 - Langhe D.O.C. - Cascina Disa - Az. Agr. Elio Sandri

Qualche anno fa, durante uno dei miei annuali tour nelle Langhe, mi sono fatto un giro nell'imperdibile Enoteca Regionale Piemontese. Nata nel 1967 é la prima enoteca del Piemonte e si trova all'interno del bellissimo castello di Grinzane Cavour, conosciuto anche come la porta delle Langhe. 

Giusto per non uscire a mani vuote ho acquistato questa bella bottiglia di Nebbiolo, vino che apprezzo molto e stimo moltissimo, considerando quanto ben di dio si ricava con  questa uva. 

Ovviamente nell'infinità di bottiglie presenti nell'enoteca, mi sono lasciato attrarre dall'elegante etichetta di questo Nebbiolo 2003 dell' az. agriviticola Elio Sandri, che coltiva e imbottiglia i suoi vini presso la Cascina Disa di Monforte d'Alba.  

Si sa il 2003 é stata un'annata così-così, il che mi ha permesso di risparmiare un paio di euro rispetto ad esempio, all'annata 2004. 

Tutto quello che mi aspettavo da un onesto nebbiolo pagato 8 euro l'ho trovato in questa bottiglia. 100% di uve nebbiolo vendemmiate ad inizio ottobre, 10 giorni di fermentazione e 20 di svinatura. Poi un breve invecchiamento di 3 mesi in botti di castagno e altri 3  di affinamento in bottiglia. Gradazione alcolica di 14%vol e produzione di 5000 bottiglie all'anno. Azienda piccola, già ci piace. 

Aspetto tipico del Nebbiolo, colore rosso rubino, non brillantissimo a dire il vero, tende piuttosto al granato, il bouquet é piuttosto semplice ma deciso, oltre all'immancabile frutta rossa si sentono dei profumi che oserei definire floreali, bella caratteristica, il tutto é sostenuto da un buon sentore alcolico che fa guadagnare a questo vino il nostro rispetto. La bevuta é fluida e piacevole, niente di eccezionale al palato, ma molto gradevole per pasteggiare, con un bel attacco e un bel tannino, piuttosto vellutato, per concludere con un  discreto finale leggermente amarognolo, con qualche nota minerale. 

E' sempre piacevole accompagnare un bel risotto ai funghi con un Nebbiolo come si deve.

Pollice su, anche perché, come dicevamo, il 2003 non é stata una grande annata, quindi chissà, buttatevi su un 2004 e potreste assoporarvi un nebbiolo ancora migliore. 

Voto 7 per un vino da bere giovane ma anche adatto a 4/5 anni di cantina, strutturalmente semplice ma davvero piacevole. Probabilmente si sale a 7.5 su altre annate, che possono conferire a questo vino qualche caratteristica aromatica in più. Ma é solo un'ipotesi.

martedì 11 gennaio 2011

GRUMELLO RISERVA 1999 - Valtellina Superiore D.O.C.G. - Balgera

Giudizio personale e contestabile dagli appassionati: i vini della Valtellina sono i migliori della Lombardia. Ok fanatici del Franciacorta, odio le bollicine e i vostri cazzo di prosecchini che bevete durante l'aperitivo del sabato. 

Anzi esagero il miglior vino di questa zona detto "sfursat" o "sfurzat", é anche uno dei migliori vini rossi d'Italia. Qui siamo in montagna e produrre una serie di vini denominati "Valtellina Superiore" come il Sassella, l'Inferno e il Grumello non é proprio da montanari, anzi é da esperti viticoltori, tanto da meritare la denominazione di origine controllata e garantita.

In Valtellina si coltiva su terreni impervi e sassosi, come tutti i vini "di montagna", bisogna terrazzare e svolgere gran parte dei lavori sulle vigne a mano. Da queste parti fare il vino buono, richiede attenzione e lavoro supplementare.

L'uva che va per la maggiore, da cui si ricava il Valtellina Superiore é denominata "chiavennasca", che, guarda caso, trattasi ancora una volta del "dio" nebbiolo. 

Il Grumello viene prodotto nella zona a nord-est di Sondrio e prende il nome dal Castello di Grumello, fortezza del XIII sec. che domina la vallata. L'azienda vitivinicola Balgera si trova a Chiuro e rappresenta dal 1885 a oggi, una delle realtà vinicole storiche della zona. 

Così ho deciso di acquistare questa riserva di Grumello, annata 1999, della cantina Balgera, con grandi aspettative. 

Questo Grumello é prodotto al 100% con uve nebbiolo, viene vendemmiato nella seconda metà di ottobre, macerato per 10-12 giorni nelle proprie bucce e subisce ben 4 anni di invecchiamento in botti di rovere a cui seguono altri 6 mesi di affinamento in bottiglia. Un vino quindi, che nella sua versione riserva impiega quasi 5 anni prima di essere commercializzato e si adatta benissimo ad ulteriore invecchiamento per 8-10 anni.

Le caratteristiche che riscontriamo sono quelle di un nebbiolo rimasto a lungo nel legno. Colore rosso rubino con riflessi granata, piuttosto fitto, sembra quasi torbido, al naso é intenso, decisamente forte, si sente molto il legno ma anche una buona dose di vaniglia, tabacco, mandorla e... una punta di tappo (cazzo!!). Nel complesso non male, ma da una riserva mi aspettavo qualcosa di più articolato e strutturato. 

Al palato aimé stecca un po'... se da una parte si fa apprezzare per corpo e austerità, dall'altra si ha la sensazione di aver beccato una bottiglia sfigata, forse trattandosi di una riserva comprata in enoteca, il rischio é che sia rimasta per troppi anni sullo scaffale. Risulta infatti piuttosto denso e anche in bocca si ha quella sensazione di torbido osservata nel bicchiere. Per nulla fluido, anzi, piuttosto pastoso, sapido, sapore di legno e probabilmente un po' di sughero. Anche se non risulta imbevibile, un po' di tappo si fa notare. Tanto basta per legare il palato e nascondere la maggior parte degli aromi che ci aspettavamo di sentire e assaporare. Peccato. Solo nel finale si riesce ad avvistare qualche nota aromatica.

Difficile quindi esprimere un giudizio pulito, certo, la sensazione, al di la di eventuale e probabili problemi di invecchiamento, é che questo vino abbia già nella sua versione riserva certe caratteristiche di densità e austerità, un invecchiamento che ha regalato grande tannicità ma pochi spunti aromatici, eccezione fatta per quelli legati al legno e al tabacco. 

Sicuramente é un vino che trae il suo meglio dall'invecchiamento, ma il consiglio è di conservarlo al meglio e lasciarlo ossigenare in un decanter per almeno 2 ore. Il vino é tosto e l'abbinamento migliore é con i prodotti tipici della valle come formaggi stagionati, polenta taragna e perché no pizzoccheri. 

Il costo non é esagerato, almeno per una riserva la fascia 10-15euro é più che onesta. 

Spero di poterlo riprovare, magari beccando la bottiglia e l'annata giusta, sono sicuro che un prodotto del genere può dare molto di più. Ripeto, ho bevuto, e sempre con gran piacere, tutti i vini con denominazione Valtellina Superiore, e questa é la prima volta che rimango con l'amaro in bocca (proprio quando faccio il figo ha comprare la riserva del '99). 

domenica 9 gennaio 2011

CORTE AUDA 2005 - Cannonau di Sardegna D.O.C. - Cantina Trexenta

Quando parli di Sardegna pensi subito al vermentino e al cannonau. Proprio di cannonau parliamo oggi, più esattamente di questo Corte Auda, della cantina Trexenta. 

Trattasi di una cooperativa situata a circa 40km da Cagliari, sud della Sardegna quindi, con ben 350 ettari vitati , 200 soci e un milione di bottiglie prodotte. Vengono prodotte ben 6 linee di vini, da quella "eccellente" con i vini di qualità più elevata, alla linea "commerciale" per la grande distribuzione. 

La bottiglia che degustiamo é denominata Corte Auda, della linea speciale, ovvero Cannonau di Sardegna del 2005, prodotto con il 90% di uve cannonau, quantità minima, come previsto dalla disciplinare per ottenere la denominazione di cannonau D.O.C.,e il restante 10% che invece é costituito da altre uve rosse della zona. L'invecchiamento avviene in botti di rovere per un anno, mentre l'affinamento in bottiglia dura 3 mesi. 

Di colore rosso rubino con riflessi granata, decisamente spesso, non filtra la luce, intenso e alcolico con i suoi 13%vol. di gradazione, il profumo é quello caratteristico del cannonau, persistente, fruttato ma con poca intensità. Nel complesso gradevole ma niente di indimenticabile. Al palato é caldo, sapido, fluido e secco. Buona bevibilità. Leggermente tannico, finale di media lunghezza, con retrogusto leggermente fruttato. 

Nel complesso un buon vino, ideale per pasteggiare e accompagnare con carni rossi e grigliate. Buono rapporto qualità-prezzo, siamo sulle 5-6 euro in enoteca. 

Se cercati un vino da degustare, dovete salire di livello, ma se vi serve un buon vinello per accompagnare il "porceddu" allo spiedo, questo fa il caso vostro. 

sabato 8 gennaio 2011

COTE DE NUITS-VILLAGES 2000 - Domaine Thomas-Moillard - Magnum 1.5l.

Domaine Thomas-Moillard, grande azienda vitivinicola della Borgogna, più esattamente a Nuits st.Georges nella Cote d'Or, dove vengono prodotti i cru più pregiati. Una trentina di ettari di terreno vitato, quasi esclusivamente a base di pinot nero. 

Nel nostro caso degustiamo questo pinot nero del 2000, prodotto da Thomas-Moillard nella Cote de Nuits con appellation Villages.  

Di colore rosso rubino, risulta piuttosto fluido e abbastanza brillante. Il profumo é intenso e fruttato, soprattutto bacca rossa e ciliegia. Ottima ricchezza aromatica. Bella spinta alcolica con i suoi 13%vol, risulta un vino di grande corpo ma anche di grande leggerezza ed eleganza, con tannini morbidi e una punta di acidità. 

Il vino risulta essere decisamente amabile e apprezzabile per la facilità di bevuta. Si sa che i francesi amano produrre vini di grande carattere ma sempre con quel tocco di classe che li rende ancora oggi i numeri uno nella produzione vinicola di altissima qualità. 

La bottiglia in questione è di fascia media, non stiamo parlando ne di un 1er cru ne di un grand cru, non conosco il prezzo esatto, ma dovremmo essere sulle 15euro per una bottiglia da 750ml. Nel nostro caso trattasi di un magnum da 1,5L. Fatevi due conti. 

In sostanza trattasi di un buon vino, neanche troppo caro. I grandi vini della Borgogna si sa sono altri (il mitico La Romanée Conti, forse il vino più famoso al mondo), ma anche a bassi prezzi si può bere bene.

venerdì 7 gennaio 2011

PRIMITIVO DI MANDURIA 2004 - D.O.C. - Soloperto vini

Parlare del primitivo di Manduria, significa innanzi tutto parlare di Salento, terra unica, abitata da persone generosissime, devote al mantenimento delle tradizioni e della cultura contadina. Questa é la terra delle masserie e dei loro poderi, ettari su ettari di campi coltivati a olivi e vigne. 

Proprio per questo in Puglia si é sempre considerato il vino come un buon bicchiere per pasteggiare, le uve dei vitigni ad alta resa venivano (ma succede ancora oggi) commercializzate come uve da taglio, per creare la base di alcuni vini rossi più blasonati in altre zone d'Italia.

Rispetto ad altre regioni, é mancata la ricerca e la sperimentazione, la volontà di alzare il livello qualitativo e creare prodotti di eccellenza. Fortunatamente negli ultimi anni, anche da queste parti, alcuni viticoltori più coraggiosi e aperti alla sperimentazione sono riusciti ad alzare l'asticella, valorizzando i vitigni autoctoni e creando prodotti di assoluto valore, come il Primitivo, il Nero di Troia o il Salice Salentino , uscendo dalla media e mediocre produzione vinicola salentina. 

Fatte queste precisazioni, devo ammettere che l'unica nota dolente dell'enogastronomia pugliese é proprio legata al vino. Parere personale sia chiaro, ma difficilmente ho apprezzato i vini di queste parti, soprattutto quelli di fascia medio bassa. La sensazione é che difficilmente sotto le 15 euro si riescano a trovare bottiglie di qualità pari a quelle di altre regioni Italiane. 

Il discorso calza a pennello anche per questo Primitivo di Manduria della cantina Soloperto, una delle più grandi della zona, capace di produrre ben 11 tipologie di primitivo differenti tra secco e dolce. 

Qui ovviamente parliamo di secco, annata 2004 con gradazione alcolica di 14%vol. Uve utilizzate 100% primitivo. Bottiglia acquistata  qualche anno fa per la modica cifra di 5euro, carina l'etichetta "effetto carta" con spago e marchio della cantina in ceralacca.  Vendemmiato ad inizio settembre, é affinato in acciaio e botti di rovere trattandosi questa della versione "Riserva". 

Si presenta piuttosto denso ed intenso, con un rosso rubino scuro e carico, tendente al violaceo. All'olfatto si sente molto l'alcool, non c'é grande intensità di profumi, sicuramente si denota un'aroma dolciastro tipico dei vini del sud, come ciliegie e amarene. Al palato attacca forte, alcolico, poi lascia spazio al dolce, ed infine punta aimé, all'acido. 

Un vino da tavola, piuttosto semplice, ideale per pasteggiare. Se cercate struttura, corpo e classe avete sbagliato bottiglia, ma se amate i vini del sud e comprate solo il  Negroamaro perché siete fans dell'omonimo gruppo, all'ora forse avete fatto un buon acquisto, visto anche il buon rapporto qualità/prezzo. 

Io personalmente giro alla larga, ma mi riservo di assaggiare un'annata più recente per capire se 3 anni di cantina gli hanno fatto male, nonché cogliere l'evoluzione qualitativa della produzione vinicola pugliese. Per questa bottiglia e per il grande rispetto che nutro per il Salento.

TANCA FARRA' 2003 - Alghero D.O.C. - Sella & Mosca

Sella & Mosca é un marchio storico nel panorama vinicolo sardo, forse il più famoso, sicuramente tra i più grandi, con quasi 8.000.000 di bottiglie prodotte e 550 ettari vitati. Nonostante questi numeri da multinazionale (nel 2002 la tenuta é stata acquistata dalla Campari..) bisogna riconoscere alla cantina di Alghero la capacità di produrre una vasta gamma di vini tipicamente sardi ma dal respiro internazionale, con occhi puntati non solo sui grandi numeri e la grande distribuzione, ma anche su vini di grande spessore come ad esempio il loro rosso Marchese di Villamarina.

A metà strada troviamo il Tanca Farrà, vino di media fascia, con denominazione Alghero D.O.C. Prodotto con uve cabernet sauvignon e cannonau in egual misura, ha la particolarità di essere vitato su terreni ricchi di sabbia e argilla ferrosa, che conferiscono alle uve caratteristiche particolari che ritroviamo successivamente nel bicchiere.

Raccolte tra fine settembre e inizio ottobre, le uve vengono vinificate separatamente e unite solo nella fase finale, a trasformazione ultimata ben 3 anni di invecchiamento, inizialmente in barriques e successivamente in botti di rovere, per poi concludere il processo con 6 mesi di affinamento in bottiglia.

Noi andiamo ad assaggiare una bottiglia del 2003, direi buona annata, considerando che, come molti vini di un certo spessore, il progressivo miglioramento qualitativo viene raggiunto dopo 5-6 anni di invecchiamento.

Bando alle ciance, esame organolettico via... tanto quello che interessa sapere é se il vino vale il prezzo del biglietto.

Colore rosso rubino con tendenze granata, decisamente impenetrabile, all'olfatto é una bella botta, intenso, vinoso, forte e inebriante, un attacco deciso al naso, e questo ci piace. Ma non pensate ad un vino rustico e grezzo, perché in questo bouquet complesso c'é una bella apertura verso sentori più fruttati e dolciastri, in primis frutti a bacca nera, come ribes, prugne, more e visto che siamo in Sardegna ci metto anche il mirto.. Davvero notevole. Al palato c'é buona corrispondenza con l'olfatto, con una bella armonizzazione tra vinosità e sentore alcolico (12.5%vol. nel 2003) e un bel frutto maturo. Un vino decisamente amabile, asciutto e rotondo, caldo e avvolgente con un finale da miniera, lungo, profondo con retrogusto minerale.

Importante lasciare ossigenare per qualche ora e servire a 18-20°C, solo così il vino riesce ad arrotondarsi al meglio,  mettere in tasca il pugno di ferro e sbocciare in un intreccio di aromi davvero piacevoli.

Prodotto davvero eccellente, bella veste grafica della bottiglia e prezzo tra le 14-15 euro. Direi non economico, ma ci può stare.

Un'ottima variante per chi apprezza il cannonau e pensa che sia l'unico vino rosso prodotto in Sardegna. Visto che sull'isola ed in particolare ad Alghero ci vanno più o meno tutti a fare i turisti, approffittatene per farvi un giro nella più turistica azienda vinicola sarda e portatevi a casa qualche bella bottiglia del Sella & Mosca. Se il portafogli é pesante buttatevi sul sauvignon Marchese di Villamarina, il numero uno dei vini della cantina, altrimenti se siete leggeri, ripiegate su questo più economico, ma pur sempre ottimo Tanca Farrà. Voto 7.5

giovedì 6 gennaio 2011

SOAVE CLASSICO 2009 - D.O.C. - Duca del Frassino - Cantina di Soave

...Un discreto vino da pasto, ideale per chi vuole spendere poco e bere senza impegno.


La Cantina di Soave, é un pezzo di storia della produzione vinicola veneta. Trattasi infatti di una cooperativa fondata a fine '800 che comprende 6 produttori per un totale di 6000 ettari vitati. Una realtà economica importante per la regione, milioni di bottiglie prodotte, mercato internazionale, enoteche, supermercati.. parliamo quindi di una grande industria del vino. 

Tra le decine di bottiglie prodotte dalla cantina, mi viene regalata una bella cassetta di legno con 6 bottiglie Duca del Frassino, tra cui questo Soave Classico. 

Per prima cosa spieghiamo che quella del Soave classico D.O.C. é un'area geografica ben delineata che si estende tra il borgo di Soave (bellissimo, consiglio un giretto) e Monteforte d'Alpone. 

Questo bianco é ottenuto dal monovitigno Garganega, ha una gradazione del 12.5%vol. e un costo che si aggira sulle 5-6euro. 

Nel bicchiere scorre molto fluido, leggermente brioso, color giallo paglierino, non molto intenso e luminoso. Olfatto piacevole, dolcino e fruttato, scarso sentore alcolico e bouquet semplice. Fluido e fresco, piacevole, di grande bevibilità, armonico, inizialmente dolciastro con un finale leggermente amarognolo. Nota di merito la mancanza di acidità che spesso infastidisce quando si bevono vini bianchi di bassa fascia. 

Un discreto vino da pasto, ideale per chi vuole spendere poco e bere senza impegno. Se come me amate i bianchi più profumati e complessi, potreste rimanere un po' delusi da un vino liscio, senza picchi di eccellenza. Non dimentichiamo che stiamo parlando di una bottiglia da 5 euro, non si può pretendere molto di più.

Ideale da bere fresco durante le serate estive con un bel piatto di pesce. Senza infamia ne lode.

MORELLINO DI SCANSANO 2004 - D.O.C. - Castello Romitorio

Il Castello Romitorio si trova tra la val d'Orcia e Montalcino, ed é stato acquistato a metà degli anni 80 da Sandro Chia, artista italiano con studio a New York, che ha saputo e creduto nella possibilità di creare un'azienda vitivinicola di qualità.

Trasferitosi in Italia nel 1984, da subito sono iniziati i lavori di ristrutturazione e di impianto delle vigne, nonché la produzione dei primi vini, che fin da subito si sono messi in luce per qualità e particolarità, quasi una simbiosi tra la passione del sign. Chia per la pittura e quella per il vino.

Attualmente la produzione é divisa in tre tenute, infatti oltre alle vigne che circondano il castello, esiste anche la tenuta "Poggio di Sopra" sempre a Montalcino e la più recente tenuta "Ghiaccio Forte" a Scansano, che prende il nome dalle vicine rovine etrusche, undici ettari vitati dove si produce il Morellino.

Questo vino nel corso degli ultimi dieci anni ha saputo imporsi all'attenzione dei consumatori non solo italiani, per la sua tipicità e per il buon rapporto qualità/prezzo, un vino in crescita ed evoluzione quindi, non è un caso che dal 2007 il Morellino sia passato da D.O.C. a D.O.C.G.

Prodotto con prevalenza di uve sangiovese (85%) e cabernet sauvignon (15%), questa bottiglia del 2004 si fa subito notare per la bella linea grafica. Altra particolarità del Castello Romitorio sono infatti le etichette, tutte rappresentanti opere artistiche. Stiloso.

Colore rosso rubino piuttosto brillante, buon aroma fruttato, ben sostenuta da una decisa spinta alcolica (13%vol.), sentori di frutti rossi e prugne. Pieno ed intenso. Al palato è molto avvolgente e morbido, denota una certa freschezza che gli conferisce grande bevibilità. Bel finale, molto piacente con retrogusto dolciastro.

Sicuramente (riserve a parte), il Morellino della tenuta Ghiaccio Forte rappresenta uno dei vini meglio riusciti per questa tipologia, soprattutto in virtù di un rapporto qualità/prezzo davvero notevole (fascia 8-9 euro). Good.

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ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!

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da "Le vie del vino" di Jonathan Nossiter... < - In cantina questo Volnay, che qui é a 68 euro, ne costa più o meno 25. Quindi non sono i De Montille ad arricchirsi. Ma quando arriva a Parigi o a New York, il vino costa almeno il doppio che dal produttore. - Quindi per noi che abitiamo in Francia val la pena di andare a comprare direttamente da lui. - Si in un certo senso, il ruolo dell'enoteca in città è quello di aprirti le porte per farti scoprire il tuo gusto personale, e di esserti utile quando hai bisogno di qualcosa rapidamente. Poi spetta a te stabilire una relazione diretta con il produttore >

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!

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...Anche se sono un po’ più giovane e indosso il parka con le pins non significa che entro per mettermi sotto il giubbotto le bottiglie di Petrus fiore all’occhiello della vostra enoteca, quindi evitate di allungare il collo o sguinzagliarmi alle spalle un commesso ogni volta che giro dietro allo scaffale.