mercoledì 30 marzo 2011

SOLAIA 2000 - Toscana I.G.T. - Antinori

...Non mi resta che assegnare un 9 a questo vino per la sua indiscussa qualità... ma se siete tra quelli che in una bottiglia di vino cercano "anima e core", investite i vostri 150 euro in una boccia di "storico" Barolo.


Per il compleanno della Betta abbiamo deciso di evitare di farci pettinare in qualche ristorante e di restare a festeggiare a casa, in intimità... Quindi organizziamo una bella cenetta, o meglio una "degustazione lunga".. formaggi francesi, crostini di lardo, un assaggio di riso ai porcini ecc.. e, considerando l'occasione speciale, metto mano alla cassetta dei vini "importanti" e stappiamo un Solaia del 2000. 

Inutile dirlo... essendo amanti del buon vino il protagonista della nostra "festa" é lui. Per chi ancora non lo sapesse il Solaia é il top wine di Antinori, per alcuni uno dei migliori vini al mondo. 

Chi legge questo blog sa benissimo la "linea politica" del sottoscritto. Si cerca sempre di sostenere le piccole aziende vitivinicole, il vino sostenibile, sia nel rapporto qualità-prezzo che nel metodo produttivo, sostegno a chi dedica attenzione al "terroir", ai vignaioli indipendenti, nella continua ricerca della bottiglia "speciale" ma al giusto prezzo. Viceversa quando si parla di un mega produttore come Antinori, di vini tanto decantati dagli americani (nel 2000 il Solaia é stato premiato come miglior vino al mondo da WS), di marketing, di "Supetuscan" ottenuti con vitigni non proprio italiani e via discorrendo, partiamo sempre un po' prevenuti. Si ha come la sensazione che ci stiano vendendo un sacco di fumo, che dietro al prezzo elevato di queste bottiglie ci sia una grande operazione di marketing da parte delle aziende produttrici e dei lori intrecci con le riviste specializzate e i mercati internazionali. 

La domanda che ci siamo posti prima e dopo aver bevuto uno dei vini più famosi al mondo, era proprio in merito al valore effettivo del bevuto. Abbiamo bevuto un grande vino? Sicuramente. Ha quindi senso spendere 120 euro per una bottiglia del genere? Non lo so.. il prezzo lo fa il mercato, ma se proprio volete un parere direi di no. Non dimentichiamoci che in fondo stiamo solo parlando di vino... buono, pregiato, importante.. ma a questi livelli si piscia fuori dal vaso. 

La sfida per ogni intelligente acquirente di vino sta proprio nella ricerca della qualità al giusto prezzo, ci mancherebbe che non sia buona una bottiglia che, a seconda delle annate, può costare dalle 80 alle 160 euro. 

Non vorrei sembrare particolarmente critico nei confronti del sign. Antinori, nemmeno prendere posizione contro chi produce e acquista bottiglie da 100 e passa euro. Quello che mi lascia perplesso e confuso sono le strategie produttive e di marketing, la volontà di imitare i francesi impiantando vitigni internazionali, pagare un grande winemaker e creare un blend che sappia imporsi al gusto dei grandi mercati americani ed europei, come dire...creare un grande vino da poter piazzare nel mercato a cifre gonfiate. Questa certo é una critica, ma girando la medaglia dobbiamo anche riconoscere lo sforzo imprenditoriale dei grandi produttori toscani, che proprio grazie a vini come il Sassicaia, Ornellaia, Luce, Solaia ecc... sono riusciti, pur "scoppiazzado" i grandi Bordeaux, a creare anche in Italia, una serie di vini di alto livello internazionale, che dopo la batosta del vino al metanolo, hanno saputo ridare slancio, prestigio e credibilità al mondo vitivinicolo nostrano. 

Di certo la "costruzione" di questi vini, porta ad una certa "omologazione" del prodotto, mettendo magari in secondo piano chi in Italia produce grandi vini autoctoni, venduti anche ad alte cifre, ma ben giustificate da storia, tradizione e cultura del vino (pensiamo ad esempio al nostro grandissimo vitigno Nebbiolo che da vita al Barolo e alle sue cantine storiche, come Mascarello, Rinaldi, Coterno ecc..) e non gonfiati da qualche rivista specializzata o dal sommelier più in voga del momento. 

Nessun moralismo intesi, in fondo questo sito parla di eno-esperienze, ed é del bevuto che dobbiamo parlare, quindi diciamo subito che al di là delle considerazioni fatte, scolarsi una bottiglia di Solaia é pur sempre un grande esperienze per ogni appassionato di vino. 

Allora... il Solaia 2000 in questione é prodotto da Antinori, che con 20.000.000 di bottiglie prodotte e 600 anni di attività vitivinicola é sicuramente uno dei vignaioli più importanti ed influenti del mercato italiano. Tanta quantità non significa però scarsa qualità, ed é così che da alcune delle tenute del marchesi Antinori, escono alcune tra le più importanti e pregiate bottiglie toscane. In particolare dai vitigni della tenuta Tignatello, nel cuore del Chianti classico, 147 ettari vitati, di cui 10 dedicati alla coltivazione del Solaia. Qui sono impiantati oltre all'autoctono vitigno Sangiovese, gli internazionali Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc, ed é proprio dalla mescita di queste 3 tipologie di uve che si ricava il blend Solaia. In percentuale 75% di Cabernet Sauvignon, 5% di Franc e 20% di Sangiovese, giusto per dare un tocco di Toscanità al tutto. 

Per questa annata 2000, che ha vissuto un'estate particolarmente calda, la vendemmia é stata anticipata da metà settembre a fine agosto, quindi il via alla vinificazione separata, con macerazione in tini di legno e fermentazione in barriques nuove per circa 3 mesi. Solo a questo punto avviene l'assemblaggio delle 3 varietà, che verranno nuovamente introdotte nelle barriques per 14 mesi, prima di essere imbottigliate e lasciate 12 mesi ad affinare. Per questa annata gradazione alcolica del 13,5%vol., prezzo di enoteca sulle 120 euro e una sfilata di 5 grappoli e 3 bicchieri dai critici del settore.. ma grazie al cielo (anzi al sign. Luigi) a me l'hanno regalata. Bene. 

Nel bicchiere si presenta con uno splendido colorito rosso rubino tendente al granato, con veneture violacee, piuttosto fluido ma allo stesso tempo viscoso sulle pareti, brillante e impenetrabile. Al naso sfoggia le sue carti migliori, vinoso e di grande intensità, un bouquet variegato e complesso, che ben sorretto da una decisa vena alcolica, rilascia ottimi aromi di frutta matura e bacche rosse, ma sono sopprattutto i sentori tipici dei vini barricati a farla da padrone, come legno, vaniglia e tabacco, senza dimenticare le particolari note speziate come pepe, caffé, cannella e cacao. Elegante e complesso. Uno dei migliori vini "annusati" fino ad ora. Al palato una buona corrispondenza con il naso, anche se a mio avviso non raggiunge gli stessi picchi qualitativi. La forza di questo vino sta tutta nella costruzione e ricerca dell'equilibrio perfetto. Al ricordo delle note olfattive si aggiunge una certa dolcezza, con tannini soffici ben bilanciati e una struttura solida e complessa. Morbido e caldo, avvolgente e vellutato, sapido e di buon corpo, ottima persistenza e gran finale che sembra non scendere mai, con retrogusto di liquirizia e tostatura. 

A titolo personale, forse manca un filo di aggressività e di "polpa", ma per un vino che punta sull' eleganza, la classe e la finezza va bene così, lasciamo la "rusticità" ad altri vini. 

Tirando le somme e concentrandoci esclusivamente sul bevuto, non posso negare che si tratta di un gran vino, giusto qualche giorno dopo ho stappato un Valpolicella Superiore e con ancora in bocca il ricordo del Solaia mi sembrava (con tutto il rispetto, ricordo che sono un amante della Valpolicella) di bere un vino insapore. Siamo sicuramente al cospetto di un vino di classe superiore. 

Facciamo i complimenti ad Antinori per aver avuto la capacità di creare un blend del genere, preparatevi ad un esborso non indifferente se volete deliziare i vostri sentori olfattivi e gustativi, mettete la bottiglia nella riserva speciale, lasciatela invecchiare qualche anno ed estraetela solo per un'occasione speciale. Mi raccomando lasciate perdere chi consiglia abbianamenti da osteria come selvaggina, piatti in umido ecc...ci sono tanti ottimi vini da tavola per questi piatti, usatelo come vino da meditazione e accompagnatolo solo con grissini e qualche formaggio saporito. 

Indiscussa qualità... ma se siete tra quelli che in una bottiglia di vino cercano "anima e core", investite i vostri 150 euro in una boccia di "storico" Barolo.

venerdì 25 marzo 2011

PINOT NERO 2009 - Sudtirol Alto Adige D.O.C. - Colterenzio

...il suo punto di forza non é la concentrazione e l'austerità, ma bensì eleganza e finezza.


Ok ve lo dico, sono andato con consorte a cena presso la Vecchia Trattoria della Pesa, in centro a Varese, per festeggiare il nostro anniversario (non chiedetemi il numero che tanto non me lo ricordo...). Avevo buone sensazioni in merito a questo ristorante che volevo provare da un po' di tempo. Il posto é di proprietà di "Annetta" uno dei ristoranti più famosi e quotati della provincia. Mi aspettavo quindi una versione più rustica e alla mano rispetto al rinomato "da Annetta" ma con la stessa cura e qualità nella proposta culinaria. 

Devo purtroppo ammettere che le aspettative non sono state rispettate. Il locale é sicuramente una bella trattoria, piccola, rustica ma allo stesso tempo molto curata, raffinata e diciamo "alla moda". Tanta bella presentazione, tipica di un ristorante del centro, ma stringi stringi il primo e il secondo sono stati un po' una delusione, anche in rapporto al pagato. 

Il mio risottino con spinaci e mozzarella di bufala é stato proprio una "bufala" perché di quell'animale la mozzarella, non ha visto neanche la fotografia. Anche il resto niente di particolare o ricercato.. ok il servizio, l'arredo di design, il piattone con la presentazione particolare ecc... ma per 50 euro a cranio ne trovi così di ristoranti una spanna sopra questo...con tanto di menù ricercato o rustico ma ben fatto, con prodotti locali, biologici ecc... 

Comunque bando alle chiacchere e parliamo del vino, che in fondo questo é un blog sul vino giusto?? 

Avevamo voglia di una bella bottiglia di rosso, peccato che io ho preso un primo e secondo a base di carne, mentre la Betta a base di pesce. Essendo ambedue poco inclini ai vini bianchi, abbiamo optato per questo Blauburgunder, ovvero un Pinot Nero dell'Alto Adige che ben si abbina con entrambi i piatti e anche con il mio risottino agli spinaci (bello stracotto tra l'altro). 

Prima nota... questo vino commercialmente, é venduto in una fascia di prezzo che varia dalle 9 alle 12 euro, ce l'hanno fatta pagare ben 26euro!! Ok il ricarico e il servizio, ma qui siamo quasi al triplo del prezzo... va bé... un altro motivo per lasciar perdere questa trattoria per fighetti del centro... 

Dicevo... ah, si il vino... prodotto dalla vitivinicola Schreckbichi o meglio Colternzio, una delle più conosciute cantine dell'Alto Adige, gestita da Luis e Wolfgang Reifer (padre e figlio). Sita a Cornaiano, comprende la bellezza di 315 ettari vitati e una produzione di 1.600.000 bottiglie l'anno, passando dai vini più classici, diciamo da tavola, fino ad arrivare a vere e proprie chicche come il Cabernet Sauvignon Lafòa. Nell'insieme una azienda medio-grande che sa unire terroir e tradizione con modernità e capacità di proporsi nel mercato con la giusta attenzione alla qualità. 

Nel nostro caso il bevuto é un Pinot Nero D.O.C. della linea classica, piuttosto giovane trattandosi di un 2009. Ottenuto da uve Pinot al 100%, viene vinificato tradizionalmente sulle proprie bucce in vasche di acciaio, a cui seguono 8 mesi di affinamento in botti di rovere. 

Nel bicchiere si presenta di color rosso rubino, piuttosto scarico, limpido e fluido. Al naso discreta intensità aromatica, nonostante una buona gradazione alcolica (13.5%vol.) non risulta particolarmente potente e intenso, il bouquet non é inebriante e a farla da padrone sono le note fruttate come bacche rosse, lamponi e more. Comunque un buon profumo, delicato, fragrante, rotondo, fine. Caratteristiche che un buon Pinot deve avere.. anche se il sottoscritto predilige i rossi più tosti e vinosi, dalla grande intensità e persistenza, sia aromatica che alcolica. Ma questo é un Pinot e il suo punto di forza non é la concentrazione e l'austerità, ma bensì eleganza e finezza. Obbiettivo raggiunto quindi. Al palato, come dicevo, il giusto vino per abbinare piatti di carne "light" e piatti di pesce saporiti, quindi un vino fluido e fresco, leggero dal tannino morbido. Un vino dinamico, di pronta beva, quasi non sembra avere una gradazione alcolica così elevata, forse un po' troppo giovane e nel finale lascia una leggera sensazione acidula, comunque non fastidiosa. 

Nel complesso un buon Pinot, discreto, amabile e ideale per pasteggiare, soprattutto adesso che si va verso la stagione calda e si può bere anche fresco, sui 14-16 °C. 

Certo che se pensi ai Pinot della Borgogna é come paragonare una 500 alla Ferrari.. ma qui si parla di un buon vino da 10 euro, ben fatto certo, ma i Grand Cru francesi sono un'altra storia. 

Un buon vino (probabilmente il meglio della cena), anche se il Blauburgunder della Kofelgut bevuto un paio di mesi fa mi aveva maggiormente convinto, ma probabilmente é più corretto confrontarlo con il Pinot Nero Riserva St. Daniel. Comunque per essere la prima bottiglia che bevo della Colterenzio, l'impressione é più che positiva. 

Nel frattempo visto che questo é periodo di festeggiamenti, stasera metto mano alla cassetta delle "grandi bottiglie", e per festeggiare le 33 primavere della mia compagna stappo un Solaia del 2000... e me lo gusto in salotto con il dovuto cerimoniale che un vino del genere merita... altro che 26 euro al ristorante per un Pinot del 2009..

venerdì 18 marzo 2011

CHIANTI RISERVA 2007 - D.O.C.G. - Majnoni Guicciardini

...questo é un vino che parla, che dimostra con carattere di essere un vino vero, con i suoi limiti e imperfezioni certo (non possiamo sicuramente definirlo "elegante"), ma che dimostra di avere le palle, di saperci raccontare di terra e cultura, di lavoro e tradizione, senza scendere a compromessi con nessuno...


Dopo quasi 2 anni di attesa é arrivato il momento di stappare questo Chianti Riserva 2007 da agricoltura biologica. Ammetto che le attese erano alte e come spesso accade poi si rimane un po' delusi. In questo caso invece nessuna delusione, anzi, siamo rimasti pienamente soddisfatti (per non dire entusiasti) da questa ottima riserva della fattoria Majnoni Guicciardini.

Diciamolo subito.. questo é proprio un Chianti figo. Ma andiamo con ordine... 

Sono entrato in contatto con questo produttore biologico durante l'edizione 2010 de "La terra trema", l'annuale esposizione di vignaioli indipendenti che si tiene presso il C.S.Leoncavallo di Milano. Tra un assaggio e l'altro sono rimasto colpito da questo Chianti riserva, coltivazione biologica delle uve, una bella linea grafica delle etichette e un prezzo decisamente valido per una versione "riserva" (se non ricordo male circa 7 euro e 50). 

Come su consiglio del venditore (...aspetta almeno un'annetto prima di stapparla...) ho atteso circa un anno e mezzo prima di tirargli il collo... e devo ammettere é stato un buon consiglio, anzi forse aspettare ancora un paio di anni sarebbe stato ancora meglio; comunque il Chianti in questione si dimostra vino pronto e di gran carattere. 

Prodotto dalla fattoria Majnoni Guicciardini, gestita dal sign. Pietro, presso il comune di Vico d'Elsa, bellissimo borgo sulle colline della Val d'Elsa Fiorentina, di fronte a S.Gimignano. Per quanto concerne la produzione vinicola, l'azienda gestisce circa 20 ettari di vigneti, con una produzione annua di circa 40.000 bottiglie. 

Per questa riserva di Chianti del 2007 prodotta in 9.500 bottiglie, sono state impiegate uve Sangiovese per l'86% e Colorino per il restante 14%. Macerazione di 2/3 settimane, fermentazione spontanea e maturazione in botti di rovere per circa 15 mesi. Da questo processo ne deriva il vino che beviamo oggi, abbinato ad una bella fiorentina al sangue. 

Nel bicchiere notiamo un colore rosso rubino intenso, con sfumature granato dovute all'invecchiamento. Abbastanza fluido alla mescita, si dimostra invece più viscoso alla prima rotazione del bicchiere. Al naso colpisce subito con un attacco molto vinoso, con buon sentore alcolico (14.5% vol.), un bouquet piuttosto chiuso ma comunque intenso e persistente. Le note aromatiche di frutti a bacca rossa rimangono soffocate, lasciando spazio a note di frutta secca, spezie, vaniglia, legno e caffé tostato. Al palato si conferma vino austero, secco e leggermente acidulo, ma é solo la sensazione del primo sorso, una volta "fatto il palato" il vino prende forma e rotondità, dimostrandosi sapido e caldo con ottima struttura e corpo. Piuttosto tannico, ma con buon equilibrio, risultando alla fine morbido e vellutato. Il finale é persistente con un leggero retrogusto dolciastro che conferisce al vino anche una certa piacevolezza. 

Nel complesso l'ho trovato un vino pronto, di gran carattere, personalità e longevità, molto più di quanto mi sarei aspettato. Per questo si adatta bene anche ad invecchiamenti piuttosto lunghi. 

Insomma ci sono tutte le caratteristiche per poter definire questo Chianti Riserva 2007 della fattoria Majnoni un prodotto eccellente. Per prima cosa, questo é un vino che parla, che dimostra con carattere di essere un vino vero, con i suoi limiti e imperfezioni certo (non possiamo sicuramente definirlo "elegante"), ma che dimostra di avere le palle, di saperci raccontare di terra e cultura, di lavoro e tradizione, senza scendere a compromessi con nessuno, dimostrandosi autoctono e poco incline ad accontentare i sommelier odierni, tutti intenti a creare il blend perfetto per ottenere poi, vini fotocopia.
Aggiungeteci la coltivazione biologica, l'attenzione al territorio e soprattutto la volontà da parte del sign. Majnoni di proporre un grande vino alla modica cifra di 8euro. Vi assicuro che é un prezzaccio per un vino di questo spessore. Metteteci pure che si sbattono in giro per l'Italia a proporre e vendere direttamente i propri prodotti. 

Direi che siamo di fronte ad un altro esempio di vignaioli sapientemente attenti alla qualità del prodotto e al territorio di produzione. Un esempio di sostenibilità della filiera dal produttore al consumatore.

Lasciatelo sfiatare almeno un'oretta e godetevi questo Chianti Riserva. In commercio non l'ho mai trovato, almeno non qui in zona Varese, quindi il consiglio é di rimanere sintonizzati sui prossimo eno-avvenimenti e andare ad acquistare direttamente al banchetto della fattoria Majnoni Guicciardini. 

martedì 15 marzo 2011

REALE 2004 - Toscana I.G.T. - La Castellina

...rispetto ad altri Merlot particolarmente carichi, ho apprezzato questo Reale per la sua piacevolezza di bevuta, un vino equilibrato e ben preparato.


Qualche anno fa durante un eno-tour in Toscana, si fa sosta-pranzo nel bel borgo di Castellina in Chianti e ovviamente si compra vino. 

Già perché proprio in centro storico si trova la sede della cantina, presso il palazzo Squarcialupi. Acquistiamo un paio di bottiglie tra cui questo Reale, ovvero un Merlot in purezza, giusto per provare qualcosa di diverso dal Sangiovese, il vitigno principe di questa zona.

E' prodotto in 15.000 unità dall'az. agr. La Castellina, che si trova a Ferrozzola, nelle campagne adiacenti al centro storico di Castellina in Chianti. Azienda di medie dimensioni con circa 30 ettari vitati, é gestita dal sign. Tommaso Bajola e ovviamente é specializzata nella produzione di Chianti Classico. 

Questo Reale del 2004 invece é Merlot al 100% ed é ottenuto da uve selezionate in un piccolo vigneto di 3 ettari. Eseguite le classiche fasi di fermentazione e macerazioni per un totale di 20 giorni circa, si passa alla prima fase di affinamento in acciaio per 4-6 mesi, prima di passare nelle barriques per 10 mesi. A concludere il processo 6 mesi di affinamento in bottiglia. 

Nel bicchiere si presenta di color rosso rubino intenso con riflessi violacei, piuttosto fitto, non lascia filtrare la luce. Abbastanza consistente. All'olfatto una buona intensità, decisa e alcolica forte dei suoi 13,5%vol., complessivamente vinoso con buone punte aromatiche; da una parte i frutti rossi maturi e dall'altra il lavoro svolto dall'affinamento in barriques che conferisce note di vaniglia, spezie e legno. Nel complesso un bouquet interessante e articolato. Al palato si dimostra vino di corpo e struttura. Caldo, rotondo e armonico, leggermente sapido e tannico, con un finale piuttosto persistente, che rilascia al palato sentori dolciastri di frutta rossa. Un vino maturo e di buona qualità, che dimostra carattere ma anche buon equilibrio. 

Personalmente rispetto ad altri Merlot particolarmente carichi, ho apprezzato questo Reale per la sua piacevolezza di bevuta, un vino equilibrato e ben preparato. Nel complesso un buon prodotto che giustifica le 10 euro investite per portarcelo a casa. Se proprio vogliamo mettere i puntini sulle i, forse manca un tocco di eleganza e finezza.. ma siamo al cospetto di un buon vino da pasto pagato 10 euro, non ci sembra corretto chiedergli di più. 

Lasciatelo ossigenare un po' e accompagnatelo con i classici piatti da vino rosso (carni rosse, formaggi stagionati, piatti in umido ecc...). Se state scollinando su e giù per il Chianti, posso consigliare come alternativa a buon prezzo questo Reale.

lunedì 14 marzo 2011

REFOSCO DEL PENDUCOLO ROSSO 2008 - Lison-Pramaggiore D.O.C. - Poderi Salvarolo

Il Refosco é un vino che mi piave un sacco. Non rappresenta sicuramente un'eccellenza del panorama vinicolo italiano, ma é di sicuro un vino tosto e ruvido che ben rappresenta un territorio non facile come quello del Friuli Venezia Giulia, tra il Carso e l'Istria. Questo vitigno autoctono, si é ben presto coltivato anche nella zona ovest del Friuli e orientale del Veneto, dove grazie agli ottimi risultati ottenuti si é guadagnato la D.O.C. nell'area Lison-Pramaggiore. Proprio qui nel 1990 nascono i Poderi Salvarolo, azienda recente e moderna gestita dal sign. Passador insieme ai figli. Trattasi di una vinicola di medie dimensioni, con circa 50 ettari vitati e una produzione vicina alle 200.000 bottiglie. Sono svariate le tipologie di uve coltivate, Pinot Grigio, Tocai e Chardonnay per i bianchi e Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Carmenere, Merlot, Petit Verdot, Refosco dal Peduncolo Rosso per i rossi.
Proprio del loro Refosco D.O.C. parliamo oggi. Annata 2008, 13% vol. di gradazione alcolica, acquistato presso la grande distribuzione alla modica cifra di 5 euro circa.

Prodotto con uve in purezza 100% Refosco, viene vinificato per circa 2 settimane con macerazione sulle proprie bucce, a cui seguono 8 mesi di maturazione in vasche di acciaio e 4 mesi di affinamento in bottiglia.

Nel bicchiere si nota un rosso rubino intenso, tendente al violaceo, piuttosto limpido e di media densità. Al naso un buon sentore fruttato, con note di frutta rossa e nera, buona persistenza e decisa vena alcolica. Non un aroma particolare ma nel complesso piuttosto vinoso. Al palato attacca deciso, dimostrandosi vino ruvido e rustico, asciutto e di discreto corpo. Dopo i primi sorsi un po' austeri, si apprezza una buona nota aromatica accompagnata da un retrogusto amarognolo. Il finale é piuttosto persistente ma ahimè rilascia un po' di asprezza con una punta di acidità.

Credo che questa sia l'unica nota negativa per questo Refosco, un vino nervoso e rustico che si lascia comunque bere con piacere e che si dimostra qualitativamente rispettabile a cospetto delle sole 5 euro sborsate al momento dell'acquisto.

Sicuramente ci sono versioni di Refosco di ben altro spessore, ma devo ammettere che come vino da pasto, questa versione dei Poderi Salvarolo é più che dignitosa.

sabato 12 marzo 2011

PETIT VERDOT 2004 - Lazio I.G.T. - Casale del Giglio

Acquistata alcuni anni fa e praticamente dimenticata fra decine di bottiglie in cantina, é arrivato il momento di tirare il collo a questa bella boccia (forse 6 anni in cantina sono un po' troppi per questa tipologia di vino). 

Comunque nonostante gli anni passati, devo ammettere che il vino si é mantenuto dignitosamente e pur essendo nella sua fase discendente si é rilevato davvero notevole. 

Si tratta di un I.G.T. rosso del Lazio, Agropontino per la precisione, anche se il vitigno, come il nome dimostra, non é per nulla autoctono, ma bensì di provenienza francese e precisamente del Medòc bordolese dove viene in parte utilizzato per la produzione di alcuni Bordeaux. 

L'azienda agricola in questione é il Casale del Giglio di Le Ferriere, provincia di Latina, gestita dalla famiglia Santarelli, attiva nel mondo del vino dal 1914. E' però solo nel 1985 che prende il via un interessante progetto di sperimentazione con alcuni ricercatori universitari, denominato appunto Casale del Giglio. Grazie ad alcune analisi sull'ecosistema viticolo della zona e su prove sperimentali atte a migliorare il sistema produttivo e qualitativo di alcune tipologie di vitigni, si sono ottenuti ottimi risultati di cui possiamo godere oggi degustando i lori vini. 

Il progetto ha ottenuto un successo tale, da consentire a questa azienda di diventare con 125 ettari vitati e 1.200.000 bottiglie prodotte, uno dei punti di riferimento del movimento vitivinivolo del Lazio. Pur essendo amanti ed estimatori dell'autoctono, della tradizione e delle radici contadine, dobbiamo ammettere che al Casale del Giglio puntando sulla modernità e sull'internazionalità, sono riusciti ad ottenere con questo Petit Verdot un vino davvero amabile. 

Ottenuto con la vinificazione in purezza di questa varietà tardiva del Bordeaux, vengono raccolte uve particolarmente mature, vinificate in parte a cappello sommerso e in parte con follature e fermentate, sempre a cappello sommerso, per una quindicina di giorni. 

Terminata la svinatura avviene la fermentazione, parte in acciaio e parte in legno. Per concludere dagli 8 ai 12 mesi di affinamento in barriques e 6 in bottiglia. 

Passiamo alla degustazione... Colore rosso rubino carico con riflessi violacei. Al naso sprigiona una buona intensità aromatica, con note di frutti rossi maturi, ma anche spezie, vaniglia e liquirizia. Nell'insieme vinoso con una nota alcolica persistente (13%vol.). Nell'insieme un bel bouquet variegato ed elegante. Al palato si presenta di buon corpo e struttura. Equilibrato da tannini morbidi e vellutati, caldo e piacevole, di buona intensità, con un finale abbastanza persistente che rilascia aromi speziati. 

Nel complesso un vino ben fatto, equilibrato, piacevole e costruito a puntino. Amando i vini che sanno rappresentare il "terroir" di appartenenza, risulta un po' troppo "costruito", ma innegabilmente si tratta di un prodotto di qualità indiscutibile, che ben giustifica il prezzo di acquisto (tra le 8-9 euro.) 

Facilmente reperibile presso la grande distribuzione, grazie al buon corpo e struttura dimostra buona longevità e ben accompagna piatti di carne e formaggi stagionati. Sicuramente un buon vino sia per delle cene che da assaporare davanti al caminetto.

giovedì 10 marzo 2011

BARBERA D'ALBA 2005 - D.O.C. - Renato Fenocchio

...Nonostante la giovane età dell'agricola Fenocchio abbiamo trovato in questa Barbera un vino maturo che prima ti colpisce e poi ti accarezza, una bella rappresentazione della cultura e del territorio di provenienza, ovvero le Langhe, dolci colline e gelidi inverni. 


2 o 3 anni fa, non ricordo più bene, ci siamo sparati un week-end in Piemonte, il classico mini-tour enogastronomico tra Langhe e Roero. Siamo stati ospiti dell'agriturismo "L'Uliveto" a Sommariva Perno, un posto molto accogliente e familiare, tanto che prima di partire ci omaggiano con questa bottiglia di Barbera, ringraziamo per il l'apprezzatissimo gesto e beviamo alla loro salute. 

Ovviamente non posso che avere un bellissimo ricordo di quel week-end e dell'ospitalità ricevuta, con tanto di trofeo da portare a casa. 

Trattasi di un Barbera d'Alba 2005 D.O.C., denominato Elena, prodotto dalla Az. Agricola Renato Fenocchio. L'attività di questa famiglia prende forma già ad inizio '800 in quel di Barbaresco e, di generazione in generazione, passa nelle mani di Renato, che dal 1993 passa a condurre l'azienda di famiglia e a crearne una propria. 

Così oggi a Neive conduce insieme alla moglie, questa piccola azienda a conduzione famigliare, che comprende 11 ettari vitati dislocati nei comuni di Barbaresco, Neive e Tresio. La produzione vinicola prende forma nel 2000, dimostrandosi da subito azienda ben attenda alle tradizioni e al "terroir" di provenienza. 

La Barbera che andiamo ad assaggiare ne é la dimostrazione. Questo diffusissimo vitigno infatti si é dimostrato in costante crescita, una D.O.C. che nel corso degli ultimi 20 anni é riuscita a trasformarsi da vino da osteria di basso valore, in una Barbera in grado di evolversi e generare un prodotto di tutto rispetto con addirittura delle punte di eccellenza. Quando vi offrono una Babera non fate quella faccia e guardate prima l'etichetta perché potrebbe rilevarsi una piacevole sorpresa. Il tempo della Barbera sturastomaco che imbottigliavano i nostri nonni é passato e oggi potete trovarne versioni squisite, in grado di essere robuste come un tempo ma rotonde e profumate come i vini più moderni. 

Caratteristiche che personalmente ho riscontrato in questa bottiglia di Renato Fenocchio. 100% di uve Barbera raccolte tra i vigneti di Neive e Barbaresco, vendemmiate a mano, con macerazione sulle proprie bucce. A svinatura ultimata, un anno di affinamento in barriques e 6 mesi in bottiglia. 

Nel bicchiere si presenta con un bel rosso rubino tendente al granato, abbastanza consistente. Al naso attacca deciso e austero, una vena alcolica importante (14%vol.) conferisce grande intensità, lasciando in secondo piano un aroma fruttato con leggeri sentori di legno e tabacco. Al palato si dimostra vino di carattere, bello pieno e carico, corposo e rotondo, sapido e caldo. Non é un vino morbido, é una Barbera che, come tradizione vuole, sa esprimersi in tutta la sua rusticità, ma che é ben arrotondato da un anno di invecchiamento in legno, che lo rende più armonico e aromatico, rendendolo si un vino tosto ma di grande equilibrio e piacevolezza di bevuta. 

Nonostante la giovane età dell'agricola Fenocchio abbiamo trovato in questa Barbera un vino maturo che prima ti colpisce e poi ti accarezza, una bella rappresentazione della cultura e del territorio di provenienza, ovvero le Langhe, dolci colline e gelidi inverni. 

Un vino adatto a medi invecchiamenti, va servito a 18°C e abbinato con piatti rustici, meglio se della tradizione Piemontese. 

Spero di poter nuovamente assaggiare qualcosa di questa cantina, da queste parti non ho mai trovato i loro vini, ma visto che almeno una volta l'anno un giro da quelle parti si fa... spero di riuscire a recuperare qualche altra bottiglia. 

Il prezzo non lo conosco, ma a giudicare dalla qualità del prodotto credo di poter ipotizzare una cifra tra le 8-10 euro.. ma potrei sbagliarmi. 

Complimenti quindi a Renato e Milva per la loro attività, queato é uno dei Barbera che ho bevuto con più gusto e soddisfazione, non credo solo perché si tratta di una bottiglia regalata.

martedì 8 marzo 2011

RUBRATO 2008 - Aglianico Irpinia D.O.C. - Feudi di San Gregorio

Ho scritto qualche giorno fa in merito ai vini dei Feudi di San Gregorio e più precisamente del loro Trigaio che ho acquistato in coppia ad una bottiglia di Rubrato, 2 esempi di Aglianico in gioventù. Stappate a pochi giorni di distanza una dall'altra, risulta scontato fare un paragone tra le 2 bottiglie.

Ma andiamo con ordine... dei Feudi di San Gregorio e del ruolo che occupano nel panorama vitivinicolo campano e del sud d'Italia abbiamo già detto (clicca qui per leggere), passiamo quindi direttamente a questo Rubrato.

Acquistato presso la grande distribuzione per una cifra tra le 8-9 euro, qualcosa in più rispetto al Trigaio (che si aggira sulle 6 euro). Differenza giustificata secondo il sottoscritto, perché questa versione di Aglianico in gioventù dimostra di avere una marcia in più.

Prodotto con uve Aglianico al 100% lasciate per 15-20 giorni a fermentare e macerare in acciaio, a cui seguono 8-10 mesi di maturazione, sempre in serbatoi di acciaio. Per concludere 6 mesi di affinamento in bottiglia. Già qui notiamo alcune differenze importanti, essendo il Trigaio un rosso IGT con solo 4 mesi di maturazione.

Ma passiamo all'assaggio.. nel bicchiere si presenta di color rosso rubino piuttosto scuro, fluido e limpido. Al naso é poco aggressivo, un' intensità olfattiva abbastanza intensa ma comunque fine, dove una buona vena alcolica (13,5% vol.) da slancio ad un bouquet aromatico piuttosto articolato. Se inizialmente sono le note fruttate a farsi apprezzare (in particolare frutta a bacche nere e rosse), secondariamente emergono sentori di spezie e liquirizia. Nel complesso vinoso e aromatico. Al palato si conferma vino fresco e fluido, di pronta beva, equilibrato e di discreto corpo.

Qualche mese in più di maturazione e affinamento conferiscono maggior spessore e importanza a questo Rubrato rispetto al Trigaio, lasciandosi comunque apprezzare per piacevolezza e facilità di bevuta grazie alle note balsamiche ben presenti al palato, che subito richiamano il desiderio di un'altro bicchiere.

Un vino che sembra essere preparato con sapienza ed intelligenza dai sommelier dei Feudi, che con la loro esperienza riescono a mettere tutti i tasselli al posto giusto e creare un Aglianico in grado di piacere ai più senza risultare banale. Un vino dal carattere internazionale, che forse come unica pecca ha quella di sembrare un pò troppo "precisino", mancando in rusticità e austerità, risultando un po' troppo "internazionale" e poco "territoriale". Dico questo per il piacere di essere critico, per il resto come ho già detto, é un vino davvero piacevole e amabile. E' valido anche il Trigaio, ma qui le 3 euro spese in più si fanno sentire e ne valgono la spesa.

Mi sembra doveroso evidenziare dopo aver assaggiato questi 2 rossi e alcuni bianchi (ho ancora in cantina una bottiglia di Fiano), che i Feudi di San Gregorio rappresentano per il consumatore una garanzia, anche in questi vini meno pregiati e acquistabili presso la grande distribuzione, la qualità é di buon livello e se davanti allo scaffale del vino non sapete cosa scegliere, con una boccia dei Feudi siete sicuri di non sbagliare e acquisto.

sabato 5 marzo 2011

ANTHILIA 2010 - Sicilia I.G.P. - Donnafugata

...giù il cappello anche di fronte a grosse realtà come Donnafugata, che nonostante abbiano numero da industria del vino...sanno farsi apprezzare per qualità ed eleganza, per uno stile inconfondibile...


L'altra sera di ritorno dal lavoro, mi sono fermato ad acquistare una bottiglia di banco. A casa mi aspettava Mugni con 2 ottimi branzini al forno, con pomodorini, olive nere, ecc... valeva la pena accompagnare il tutto con una buona bevuta. 

Così mi sono presentato con questa boccia di Anthìlia e dopo l'esclamazione di rito "ancora vino hai comprato!?" ce la siamo sbevazzata con gran piacere. 

Ma andiamo con ordine.. il bianco in questione é prodotto dall'azienda vitivinicola Donnafugata, siamo quindi in Sicilia e più precisamente a Marsala. Per questi vignaioli vale praticamente lo stesso discorso affrontato per i Feudi di San Gregorio, niente storia centenaria o antiche tradizioni, ma bensì una realtà piuttosto recente (1983) che ha saputo in breve tempo bruciare le tappe, ponendo all'attenzione internazionale vini moderni ed eleganti.

Un'azienda che ha saputo ridare slancio e prospettiva a tutta la viticoltura siciliana, ponendo l'attenzione non solo sul prodotto ma anche su tutto quello che il mondo del vino rappresenta e ingloba, degustazioni, workshop, concerti, mostre, investimenti per la valorizzazione del territorio ecc.. 

Spesso in questo blog abbiamo sprecato parole di elogio per i vignaioli indipendenti, per chi produce vini naturali e biologici, per i piccoli produttori.. che quando bevi i loro vini senti il sapore della terra che hanno amorevolmente coltivato. Non bisogna però commettere l'errore di giudicare per partito preso, quindi giù il cappello anche di fronte a grosse realtà come Donnafugata, che nonostante abbiano numero da industria del vino (circa 2.500.000 di bottiglie prodotte e 330 ettari vitati) sanno farsi apprezzare per qualità ed eleganza (bella la cura nella grafica delle etichette e nella scelta dei nomi), per uno stile inconfondibile, riscontrabile sia nelle bottiglie più commerciali e a buon mercato come questo Anthìlia, che in quelle più importanti e costose come il loro Nero d'Avola "Mille e una Notte". 

Il nuovo che si integra con la tradizione e la cultura di una regione che di storia e tipicità ne ha da vendere. Questo se vogliamo é l'unico tassello da sistemare, l'unico freno che ho nei confronti dei vini Donnafugata. Il tentativo di integrazione con il territorio siciliano é molto visibile nel design, nelle iniziative collaterali, nel marketing forse, manca però nei loro vini il "terroir", puntando maggiormente sul prodotto "internazionale", si ha la sensazione di rapportarsi con un vino costruito a doc per farsi piacere. Fatta questa precisazione non mi resta che ricordare che siamo al cospetto di una produzione di eccellenza, poco rustica ok, ma di grande stile ed eleganza. 

Dalla zona produttiva "Contessa Entellina", provengono le uve utilizzate per la produzione di questo Anthìlia 2010. Trattandosi di un blend vengono usate più tipologie di uve, principalmente Catarratto e Ansonica con l'aggiunta (a seconda delle annate) di Viognier e Chardonnay. 

Via con la degustazione... nel bicchiere un bel colorito giallo paglierino con riflessi dorati. Decisamente brillante e abbastanza consistente per essere un bianco. Ovviamente niente bollicine, siamo al cospetto di un bianco fermo e chi legge il blog sa che da queste parti le bolle sono bandite. All'olfatto dimostra un certo carattare e personalità, morbido e aromatico, con una vena alcolica debole (12,5%vol.), quasi impercettibile, sovrastata da un bouquet fruttato e floreale con note di frutta fresca in primo piano, come pesca e albicocca. Al palato si conferma un vino fresco e morbido, sapido e amabile. Una buona struttura che gioca sull'ambivalenza tra il dolciastro della frutta fresca e un leggero effetto amarognolo nel finale. 

Nel complesso un buon vino, di pronta beva e di piacevole impatto olfattivo. Un bianco profumato, armonico e di buona consistenza, un vino elegante e particolare, che ben si adatta ai palati più esigenti. 

Nel mio caso accompagnato al branzino con olive e pachino, a fatto il suo sporco lavoro, ma credo che bevuto fresco d'estate, in un ristorantino in riva al mare con un buon piatto di spaghetti all'astice o una bella tartar di tonno rosso, possa esprimere e trasmetterci sensazioni ancora più particolari e piacevoli. 

Prezzo di acquisto presso la grande distribuzione sulle 7-8 euro, ma sul web lo potete trovare anche a meno. Servire fresco tra i 10-12°C.

Sarà anche un vino "furbetto", ma devo ammettere che i sommelier della vitivinicolaDonnafugata hanno azzeccato il giusto mix, perché questo blend ci ha convinto a pieno. In attesa di assaggiare il resto dei loro bianchi ma soprattutto i loro best seller Mille e una Notte, Tancredi e il Pantelleria Ben Ryé applaudiamo questo Anthìlia.

mercoledì 2 marzo 2011

LAUNA 2007 - Cannonau di Sardegna D.O.C. - Antichi poderi Jerzu

Ho già scritto in passato della Sardegna e dei suoi vini, in particolare del Cannonau e dei poderi Jerzu. Già perché questa cantina sociale produce ben otto tipologie di Cannonau e dopo aver assaggiato la versione tradizionale (Cannonau di Sardegna 2005) degustiamo questa versione denominata Launa, acquistata presso la grande distribuzione per circa 5-6 euro. 

Non starò quindi a dilungarmi in merito all'azienda vitivinicola, al vitigno ecc... e passo subito a raccontarvi come mi é sembrata questa versione del 2007. 

Iniziamo con dire che questa versione non compare nel catalogo dei poderi Jerzu. Quindi posso ipotizzare che sia stata realizzata appositamente per la grande distribuzione. Già questo non mi piace e ci aggiungo anche che non ho nozioni in merito alle uve utilizzate e al processo di maturazione. 

Allora, nel bicchiere si presenta di color rosso rubino piuttosto limpido, dimostrandosi di buona consistenza. Al naso risulta discreto sia per persistenza che per intensità, abbastanza fine e di buon aroma fruttato, soprattutto frutti rossi e neri, come lamponi e more, ma anche qualche nota speziata tipica dei vini del mediterraneo. Nel complesso manca un po' di potenza alcolica e ampiezza olfattiva. Al palato risulta secco e sapido, attacca piuttosto robusto e tannico, ma già al secondo sorso risulta molto più amabile, con buona rotondità e calore, senza tralasciare un finale abbastanza persistente con buon retrogusto aromatico. 

Nel complesso un onesto vino da tavola, che si lascia bere senza troppo impegno, un vino di pronta beva, senza acuti qualitativi ma anche senza i grossi difetti di astringenza e acidità che a volte riscontriamo nei vini a basso costo del supermercato. 

Decisamente piacevole e adatto a tutti, gradazione alcolica non eccessiva (12.5% vol.), risulta ideale per qualsiasi tipologia di cena a base di carne, soprattutto per le grandi ammucchiate (tipo grigliata di pasquetta) dove si pensa più a bere che a degustare e non vale la pena presentarsi con bottiglie pregiate. Riscontro positivo quindi, anche se la versione "classica" del Cannonau Jerzu assaggiata in passato mi é sembrata nel complesso più interessante e centrata. Voto:6.5

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Conosco e bevo "Castello Conti" da alcuni anni, e provo una profonda ammirazione per i loro vini e per il lavoro "senza trucchi" di Elena e Paola. Da una recente visita con degustazione presso la loro cantina di Maggiora, é nata una sorta di collaborazione appassionata, che mi ha permesso di gustare l'intera produzione di rossi del Castello, che oggi in questo mega-post ho il piacere di raccontarvi alla mia maniera...

ACQUISTI IN CANTINA... A VOLTE I CONTI NON TORNANO !!

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da "Le vie del vino" di Jonathan Nossiter... < - In cantina questo Volnay, che qui é a 68 euro, ne costa più o meno 25. Quindi non sono i De Montille ad arricchirsi. Ma quando arriva a Parigi o a New York, il vino costa almeno il doppio che dal produttore. - Quindi per noi che abitiamo in Francia val la pena di andare a comprare direttamente da lui. - Si in un certo senso, il ruolo dell'enoteca in città è quello di aprirti le porte per farti scoprire il tuo gusto personale, e di esserti utile quando hai bisogno di qualcosa rapidamente. Poi spetta a te stabilire una relazione diretta con il produttore >

NON STRESSATECI IN ENOTECA !!

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...Anche se sono un po’ più giovane e indosso il parka con le pins non significa che entro per mettermi sotto il giubbotto le bottiglie di Petrus fiore all’occhiello della vostra enoteca, quindi evitate di allungare il collo o sguinzagliarmi alle spalle un commesso ogni volta che giro dietro allo scaffale.